Vincenzina ora lo sa, di Maria Rosaria Selo è un bel libro perché è un libro vero. Vincenzina potrebbe essere una qualsiasi di noi donne, giovani negli anni ’70. Me ne sono resa conto leggendolo e, ancora di più, partecipando a una delle prime presentazioni del libro (presso la libreria “Tutto Scuola” di Torre del Greco, Napoli).

Orfana di padre, con una famiglia da mantenere, Vincenzina si ritrova prestissimo a perdere ogni illusione di una vita migliore, lontana dalla fabbrica inquinante che le ha ucciso il padre. È la stessa fabbrica, l’Ilva di Bagnoli, di cui racconta la fine Ermanno Rea nel suo La dismissione. Il quartiere della periferia di Napoli, Bagnoli, è diventato negli anni cuore e pelle con la sua fabbrica, e la difenderà con la lotta fino alla fine. Morto il padre, Vincenzina deve rinunciare agli studi universitari, che l’avrebbero riscattata dalla povertà del rione, e prende il suo posto in quella stessa fabbrica, non nell’altoforno – lì ci sono solo uomini – ma come addetta alle pulizie dello stabilimento.

Vincenzina conosce così in prima persona le umiliazioni, lo sfruttamento, e vede da vicino la morte dei colleghi di suo padre, morti che si susseguono, senza nessun diritto e senza nessuna tutela. “Vuoi dirmi che ha avuto Cacace? C’era sangue nel lavello” chiede Vincenzina. “La solita carezza del cantiere, Vincenzì, quella che ti toglie il fiato. Ho chiamato l’ambulanza… “ risponde l’operaia. Alla rassegnazione dei colleghi, che si allontanano silenziosi, Vincenzina però reagisce: “La mano di Vincenzina si allunga nella vetrina, prende la bandiera rossa di suo padre. Arriva di sotto, si ferma sul piazzale davanti al cancello, piazza la bandiera, poi incrocia le braccia. Da qua non esce più nessuno.”

Ma non è questa l’unica “presa di coscienza” di Vincenzina, che da quel momento lotta con gli operai del “cantiere” per migliorare la propria vita. Vincenzina scopre anche altri valori, a cui prima mai aveva pensato: la solidarietà tra donne, la “sorellanza” come imparerà a definirla poi.

Racconta Selo: il 6 dicembre 1975, sono le 7 del mattino, Vincenzina, che ha preso un giorno di permesso, parte per la manifestazione di Roma per una legge a favore dell’aborto. La sua è una presa di coscienza e lotta anche per le donne più umili, quelle segregate in casa, prima dal padre e poi dal marito, “ragazze che non studiano e si affidano ad un uomo che in cambio di un tozzo di pane gestirà un corpo che diverrà di loro proprietà…”. “La metà del cielo è in tempesta, gridano le donne nel corteo”; una ragazza le si avvicina, la vita non è facile, le dice, ma per una donna è tutto più complicato, perciò bisogna stare insieme, fare rete. Lottare per le altre è lottare per te stessa. Quelle parole diventano il suo pensiero. Le donne nel corteo sono migliaia nessuno conosce l’altra “ma paiono tutte sorelle in quel momento così forte.”

Così, la lotta di classe, il femminismo, la battaglia per il diritto all’aborto assistito, le manifestazioni di protesta a Napoli e a Roma si saldano e fanno crescere la coscienza, dentro Vincenzina e le altre, di essere donne e lavoratrici, la coscienza della dignità di esserlo.

Info: Maria Rosaria Selo, Vincenzina ora lo sa, Rizzoli 2023