Un libro che colma un vuoto. Non lo si può dire di molti libri ed è un pregio in sé.

L’intento non è la rassegna esaustiva delle poete nell’Umbria contemporanea ma una narrazione corale dei linguaggi poetici e dei vissuti di ventisette donne che per nascita, lavoro o elezione, vivano nella regione, quali ne siano, noti o meno noti, i percorsi e i riconoscimenti.

Nato da “una suggestione” dell’editore Paolo Alessandro Lombardi “determinato a colmare il vuoto di ricerca e riflessione sul piano della scrittura femminile contemporanea con specifica attenzione alla scrittura poetica e alle poete dell’Umbria”, il volume è innanzitutto un buon esempio del valore della collaborazione e stima reciproca di tre Autrici/curatrici intenzionate a salvaguardare e diffondere la presenza e il portato di quelle donne: “Abbiamo accettato questo impegnativo compito mettendo in campo le nostre conoscenze dirette, i contatti, gli archivi editoriali, le relazioni offerte dalla pagine dei social, attivando una specie di tam tam che presto ha dato i suoi frutti” (p. 9).

In apertura, Nicoletta Nuzzo (Dal mio diario; Diario delle voci), Federica Ziarelli (Luoghi di canto) e Silvana Sonno (In principio è il corpo delle donne), si descrivono nei percorsi di presa di consapevolezza, poetica e politica, contestualmente presentando e analizzando l’opera delle altre ventisette poete, il che rende questa prima parte un vero saggio, di grande attualità.

Nelle pagine, anche l’analisi di un questionario, distribuito alle partecipanti e finalizzato a indagare “il nesso tra condizione (posizionamento) femminile nella nostra società e poesia, come esso oggi si configura concretamente per le donne”. Se ne trae una variegata presa di posizione sulla poesia di genere: chi l’afferma, chi la nega, chi non si schiera. La certezza è “quanto l’uso di riferimenti di genere continui, per molte, a essere problematico, soprattutto per le incrostazioni simboliche, ben stratificate, legate alle parole che dicono donna.” (p. 58)

In merito, Simona Possenti afferma: se scrivere significa in qualche modo tracciare un’identità peculiare, donare alla pagina bianca il proprio portato unico ed imprescindibile, è ovvio allora che le donne, noi donne doniamo alla scrittura la cifra della nostra esistenza particolarissima. (p. 63)

Nella postfazione (E la parola si fece carne), Cetta Petrollo Pagliarani evidenzia la diversità di approccio delle tre Autrici verso il materiale raccolto: “Nicoletta Nuzzo sottolinea il rapporto fra lingua poetica e corpo femminile, fra i sensi e gli elementi naturali, fra il corpo che genera e il corpo generato nel ritmo dei periodici allontanamenti e avvicinamenti; Federica Ziarelli fa emergere il costante e vitale legame fra poesia e ambiente naturale; Silvana Sonno analizza la nuova coscienza che della scrittura hanno le autrici antologizzate.” (p. 75)

Molto interessanti le schede biografiche che danno spessore e significato a un’opera incentrata sull’appartenenza appassionata e irreversibile alla poesia e che racchiude una costellazione di riferimenti sia ad altre poete, che al mondo in cui si muovono – case editrici, agenzie letterarie, concorsi, blog, riviste – utili a superare l’oscurità che non è giocata su un solo significato.

Scrive Francesca Tuscano: Marina Cvetaeva è una radice fondamentale della poesia contemporanea. E l’ossimoro è la figura principale della poesia come lingua oscura della realtà…” (p. 33)

La poesia come “atto di unità”, “armonia”, “trasfigurazione”, “battito”, “cuore delle cose”, “metamorfosi”, “con la sua “capacità di mettere in contatto la parte più profonda, nascosta di noi; con l’inconscio”, trova in queste pagine significazioni fulminanti: La poesia non ha posto in me. È nella mia biologia (Anna Maria Farabbi);spiegazioni ardite: Non so se la poesia, come ogni altra forma letteraria, debba avere una funzione ulteriore rispetto a quella dell’automedicazione o della comunicazione impersonale (Rita Imperatori).

Anche riscoperte, nell’era della profanazione del mondo, della dimensione sacra, misteriosa del profano, del quotidiano, del casalingo, di piccoli nuclei apparentemente insignificanti, ma capaci di bellezza se solo ci prendiamo cura di essi, come scrive Giulia Fuso (descritta da Ziarelli), per la quale la poesia ristoratrice può essere trovata non solo all’interno della stretta verde di una foresta, nello splendore malinconico di una città, nel distendersi del tappeto marino, poiché il quotidiano è banalmente la base del mio sentire (p. 45)

Sottolinea, Cetta Petrollo Pagliarani, che “senza nulla concedere all’attuale manierismo postmoderno dove spesso stanchi epigoni delle avanguardie utilizzano, senza farli esplodere, materiali linguistici di varia provenienza (…) le nostre sperimentano ancora una volta la forza vitalizzante della lingua poetica che taglia, incide, cattura e trascina, specchio alle gioie, alle passioni, dolcezze alle lettrici”.

La sua conclusione, condivisa da chi scrive, è che “il tessuto” di cui è formato il librosia quello “della tenace forza della scrittura e, insieme, quello del superamento dei confini, in volo come recita il titolo: forza e impulso che separano la poesia necessitata, e per questo a noi lettori necessaria, da quella non necessitata e perciò a noi marginale” (p. 74)

Si augura che lettori e lettrici, cogliendo il valore e la passione del primo passo di una ricerca, molto promettente, ricca di testi editi e inediti, che riconsegna all’Umbria, e non solo, le sue poete, ne contribuiscano alla diffusione.

Info: Nicoletta Nuzzo, Silvana Sonno, Federica Ziarelli, Un’oscura capacità di volo. Poete e poetiche nell’Umbria d’oggi, edizioni EraNuova, Perugia, 2019.