Volentieri condividiamo la lettera aperta di Nicla Vassallo “Riscopriamo il coraggio di indignarci e di dire No!” scritta per il think tank Ama Nutri Cresci  di cui, dal 1° aprile 2017, è responsabile dell’area “cultura”. 

 

 

 

Riscopriamo il coraggio di indignarci e di dire No!

<<In Italia, ahimè, ci si imbatte spesso in incompetenze in quantità. Capita così anche che alcuni studiosi “scoprano d’improvviso” l’esistenza del report del “gender gap”, introdotto parecchi anni or sono (2006) non dall’Italia, bensì dal World Economic Forum, forum anni  luce dall’essere “provinciale”. Come già scrissi con Sabino Maria Frassà in “Saranno le donne a sconfiggere l’ignoranza e il populismo?” nell’ultimo report, la posizione attribuita all’Italia si muove, più o meno sulla scia dei precedenti report, ovvero risulta sempre pessima. Ma non stanno bene neppure la Francia, la Germania, né il Regno Unito. Eppure centri e riviste, dedicati al gender, stanno spuntando come funghi, ergendo solo da poco una qualche loro battaglia (privi però di una qualsiasi sostanza) per sottolineare il cosiddetto gender gap.

Ma cosa mai si sa davvero sul concetto di genere?  Forse, solo che va di moda. 
Qualcosa credo di saperne al riguardo e credo che sarebbe meglio abolire il concetto di genere per non “incastrare” l’identità di ogni persona in una scatolone, ove domina un’irraggiungibile  icona, di cui si rimane prigionieri, purtroppo per l’intera esistenza. Ma la riflessione autonoma, l’avanguardia, i dubbi sulle proprie convinzioni e azioni, il “riuscire” di mattina a guardarsi serenamente allo specchio paiono scomparsi dalla mente dei più.

Da anni, i miei colleghi inglesi vanno sottolineando l’incapacità, tutta italiana, di non provare indignazione, rispetto ai tanti nostri scandali, con l’aggravante che, in rarissimi casi, gli errori commessi comportino le dimissioni dell’ “attore” in questione. Ho compreso la loro lezione e da qualche tempo, senza fretta, ho riscoperto la possibilità – e forse anche il dovere – di indignarsi e di dire coerentemente dei no. Sono quindi ad esempio anche giunta a rassegnare le mie dimissioni, per mere questioni di coerenza con le mie competenze, da alcuni Comitati Scientifici, dopo aver atteso il tempo necessario, al fine di comprendere per bene le ragioni per cui non mi riuscivo a riconoscere, nel “gruppo”. Non ne faccio un caso personale, né soggettivo, dato che sono una filosofa e come tale debbo disporre di buone ragioni epistemiche per ogni mia azione. Non volendo risultare astrusa o inadempiente o un marinaio in fuggita prima che la barca affondi,  ma volendo salvaguardare in primo luogo il rispetto a me stessa, ho valutato per bene le “mosse” (per nulla scacchiste) del gruppo in questione;  pertanto, e solo per fare due esempi,  ho rassegnato le mie dimissioni sia da membro del Comitato Scientifico di due istituzioni a Genova e Milano. E,  in entrambi i casi ho rassegnano le dimissioni, per la vera e propria confusione del “gruppo” su cosa il gender sia: la filosofia fa a botte con la confusione.

Sono rimasta stupita per la durezza delle reazioni.  Mi sono quindi chiesta se mi importasse?
Direi di sì, in quanto il nostro compito, quali professori e docenti, consiste, a mio avviso, in quello di donare alla gioventù non bufale, bensì razionalità, senza dogmatismi, con premesse, argomentazioni e conclusioni logiche.
Al contempo direi di no. Da filosofa confido, col supporto buone ragioni convincenti (non per convenienza), nel libero arbitro e/o nel compatibilismo, ma non nel bieco determinismo,  poiché lo “spirito del tempo” si fa carico non affatto di ragioni, bensì di ego gonfiati che promettono al popolo parecchio, senza conoscere il significato di “promessa”. Si dovrebbe promettere qualcosa a qualcuno se e solo se, caeretis paribus, si risulta confidenti nella probabilità che la promessa venga mantenuta.  E alla base di ciò, vi è una matura filosofia internazionale, non affatto locale o privata, e via dicendo. Perché non studiarla?

Ahimè, la domanda “perché?” è ormai scomparsa nelle persone adulte da ogni preoccupazione, insieme alla domanda “cosa è?” e il fatto è tanto più rilevante quando tali domande si dissolvono pure nella caotica creazione di “organismi vari”, che non si dovrebbero attestare veicoli di propaganda, bensì di comunicazione veritieri. Da qualche tempo, sempre più, prevale l’etica soggettiva della convenienza e non quella oggettiva della convinzione. Purtroppo.

Riscopriamo almeno l’importanza di indignarci di ciò e di reagire di conseguenza, dicendo a volte qualche “not in my name”, costi quel che costi.
Grazie ad Ama Nutri Cresci per aver dato spazio a questa personale riflessione.
Nicla Vassallo, Genova-Milano, 1° luglio 2019>>