E’ da anni che la voce di Emily Dickinson risuona dentro di me tra incantamento e ossessione: cassa di risonanza affascinante e intima, talmente intrigante che intreccia la voluttà di afferrarla, di accostarla al desiderio di fuggirla.

 “Dì la verità, tutta la verità ma dilla obliqua” si raccomandava Emily e dunque ci obbliga ad un percorso non lineare. Inoltre il ritmo di Emily è un ritmo accelerato e necessariamente siamo costretti a seguire il suo passo.

Emily si nasconde.

Ogni lavoro su Emily Dickinson è un giro in tondo che Lei evita. Noi, in fondo, siamo dei ladri innamorati: rubiamo ciò che Lei non ha voluto donarci.

Emily amava molto inviare lettere perché esse si presentano da sole, sono incorporee.

C’è una lesione fra Lei e Lei da riparare ed Emily si chiede: “Il cielo è forse un dottore? Dicono che Dio può guarire. Ma la medicina postuma a che serve?”

Nuova Inghilterra. Amherst. Massachussets. Una bella cittadina, per definizione “puritana”… E’ arrivata la ferrovia ed è una grande conquista! Per il resto gli uomini lavorano, le donne provvedono alla casa e la domenica… tutti a messa!

Com’è mutevole il cielo! Ora sereno ora burrascoso… Anch’io mi sento mutevole anzi, per meglio dire, cangiante, un momento sono tranquilla all’improvviso irrequieta… alle volte vorrei svegliarmi e cinguettare a volte, come il tasso, vorrei costeggiare gallerie segrete altre volte vorrei aprirmi all’improvviso – quasi di scatto – come i fiori dell’olmo…

I merli fischiettano allegramente, sempre e comunque… beati loro!

Scalpiccio di foglie da un giardino all’altro perché la vita di Emily Dickinson è costellata di avvenimenti e di amori appassionati che si dispiegano nel chiuso del suo universo domestico. La stanza al piano superiore della casa paterna diventa il suo castello incantato nel quale si rinchiude vestita di bianco. Alla sua morte, vengono ritrovati migliaia di versi nascosti in una cassettina di legno.

Una volta, un circo passò non lontano dalla sua casa. Emily ne continuò a sentire il suono nelle orecchie e a percepirne i colori anche  quando si era allontanato.

Emily Dickinson è nata nel 1830 ad Amherst (Nuova Inghilterra) da una famiglia borghese di tradizioni puritane.

E’ autrice di oltre 1700 poesie scritte di getto e non destinate, per suo desiderio, alla pubblicazione. Componimenti metafisici estranei ai suoi contemporanei, ma stupefacenti per noi e tali da consacrarla nell’Olimpo della letteratura mondiale.

Morbide colline… boschi… prati… fruscio di gonne… sussurri… il sibilo del vento… gatti e ricami a piccolo punto… odore di pane appena sfornato… lo scoppiettio del caminetto… due case con giardino separate da una siepe… due frutteti… zoccolio di cavalli… le stanze tirate a lucido…  E… all’orizzonte, quando è sereno, si profilano mandrie di bisonti…

E… c’è un giardino pieno di fiori. (“È il ranuncolo tra i fiori, / Proprio il capriccio mio / Siam nati nel frutteto, lui ed io…”).

Lord Otis Phillips è vedovo da poco. Un velo di malinconia offusca i suoi occhi.

Per il resto il giudice è libero da doveri e da vincoli. Ha 66 anni. E’ un uomo vigoroso e rapido nel prendere decisioni. Va bene per quelle processuali – da autorevole magistrato qual è – ma per quelle esistenziali perché non altrettanta fretta?!

Io, da quando l’ho conosciuto, mi struggo in una strana febbre, tanto che gli ho scritto: “Sottrarre ciò di cui si alimenta l’estasi, non significa sottrarsi all’estasi. Come polvere da sparo in un cassetto le passiamo vicino con una preghiera. Tuono, per poco addormentato”.

Mi chiedo: non sei forse tu la mia chiesa? E non abbiamo forse un inno che nessuno conosce tranne noi? E facendomi sempre più forte del mio sentimento, ti chiedo di perdonare l’intrusione del mio rustico amore nei reami del tuo ermellino.

Perdere la testa per  un uomo così serio e concreto come Lord Otis mi sbarazza da ogni pudore. “Ma tu – gli chiedevo – mi raccoglieresti nel tuo abbraccio perché soltanto lì io voglio stare? Solleverò per te le sbarre di ogni cancello”.

Sacro e magico è per me questo amore.

Vulcani più vicini

Un gradino di lava ogni momento

Mi sento di scalare

Un cratere posso contemplare

Vesuvio in casa”.

Come risuonava la voce tonante di lui nel nostro salotto! 

Forse lui avrebbe voluto sposarmi o forse io avrei voluto essere sposata da lui.

Gli ho scritto:

“Murati per tutta la vita –

Dentro un magica prigione –

Noi censuriamo la felicità che è rivale del cielo”.

Quando Otis è morto, è stato come se all’improvviso  una fitta nebbia avesse avvolto ogni cosa. I miei occhi… il divano dove lui si era seduto… la tazza di porcellana dove aveva bevuto il tè…

Oggi posso confessare senza alcun pudore: “Davanti a nessun altro mi sono inginocchiata”.