Intervista sul canale YouTube dell’associazione a Maria Chiara Mattesini, su Forme di democrazia diffusa: buon governo e mondi vitali. Interventi e discorsi di Maria Paola Colombo Svevo (Laterza, 2023).

L’Autrice, ricercatrice in Pensiero politico contemporaneo presso il Dipartimento di Storia,
patrimonio culturale, Formazione e Società dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata, giornalista professionista, collabora con gli Istituti Luigi Sturzo e S. Pio V di Roma.



D – Lei ha già firmato una biografia politica della senatrice Maria Paola Colombo Svevo ( Rho ,  21
gennaio   1942  –  Monza ,  19 aprile   2010 ) eletta al Parlamento italiano ed Europeo, che ha sempre
operato nel solco della solidarietà, con costante attenzione alle problematiche sociali ( Maria
Paola Colombo Svevo, una democratica cristiana libera e forte, Laterza 2021). Come nasce
questo ulteriore studio sulla sua lunga attività istituzionale?

R – Ho voluto continuare ad occuparmi di Maria Paola Colombo Svevo (dopo averne scritto la biografia
politica) per entrare nel dettaglio e nel concreto della sua attività legislativa. Una chiave di lettura, tra
l’altro, ancora poco adottata. Pensiamo che sono solo quattro, compresa questa mia sulla Colombo
Svevo, le raccolte dei discorsi e degli interventi delle deputate e delle senatrici. Ricordiamo quelle
precedenti di Lina Merlin, Nilde Iotti e Maria Eletta Martini. All’origine di questo libro c’è anche il
desiderio di incrementare un filone di studi che mi sembra indispensabile per la ricostruzione del
pensiero politico e dell’azione delle donne.

D – Quando e dove è iniziato l’impegno istituzionale di Maria Paola Colombo Svevo?

R – Eletta Consigliera e Vicesindaca al Comune di Monza (1970) per la D.C., vi è rimasta fino al 1975
ricoprendo anche Assessorati ai Servizi Sociali. Si può dire che i Servizi Sociali siano stati la sua
naturale vocazione e missione politica. Si è occupata d’infanzia, dei diversamente abili, degli asili nido
che ha istituito prima dell’uscita della legge nazionale, superando quella resistenza, ancora presente
nella cultura cattolica, a considerarli come un aiuto efficace per le famiglie. Continuò ad occuparsene
dal 1980 al 1983, per la Regione Lombardia dove entrò nel 1975, anche in questo caso anticipando la
legislazione nazionale, in mancanza di una legge quadro di riforma e riordino dei Servizi Sociali. In
Regione, propose e ottenne l’approvazione del Piano regionale dei servizi socio-assistenziali: legge
precorritrice che prevedeva la creazione di Unità socio-sanitarie locali, non di unità solamente
sanitarie, per sottolineare l’importanza della persona: “dietro a un bisogno sanitario, c’è spesso un
bisogno sociale” diceva. Era una novità nell’interpretazione e organizzazione di tali servizi in una fase
difficile, tra l’altro, perché segnata dalla recessione economica e in un clima culturale di diffidenza e
ostilità nei confronti dell’aumento della spesa riguardante il Welfare. Così come intesa da Lei, la
riorganizzazione andava ben oltre il decentramento burocratico; nasceva dalla volontà di riscoprire e
valorizzare tutte quelle realtà locali, latenti ma operanti e dalla volontà di superare un sistema di
assistenza centralistico e settoriale. Il nuovo Piano istituiva un sistema di servizio articolato in unità
operative e seguiva una logica distributiva che teneva conto delle diverse realtà territoriali. La
riorganizzazione di servizi aveva infatti per punti cardine: rivalutazione della centralità del territorio,
partecipazione diretta delle persone per una gestione sociale del servizio, adozione dello strumento
della programmazione di tutti gli interventi e necessaria integrazione fra servizi sanitari e servizi
socio-assistenziali. Come detto, quest’ultimo aspetto, in particolare, era la preoccupazione
maggiormente avvertita da Maria Paola Colombo Svevo.

D – Cosa ha caratterizzato l’attività parlamentare di Maria Paola Colombo Svevo?

R – Eletta nel 1984, ha continuato ad occuparsi di Servizi Sociali, esprimendo le stesse idee e principi.
Prima firmataria della “Legge quadro di riforma dell’assistenza e dei servizi sociali” (proposta il
26 gennaio 1984), si occupò di famiglia, con la proposta legislativa Norme per una politica della
famiglia (21 maggio 1992). È stata anche protagonista di un altro faticoso iter parlamentare per
l’approvazione della Legge quadro sul volontariato. Anche in quell’occasione superò steccati
ideologici che mal vedevano l’azione privata, e quindi il volontariato, a supporto e integrazione di
quella pubblica. L’approvazione di questa legge, infatti, andava ben al di là del contenuto specifico e
non a caso il provvedimento fu affidato alla Commissione affari costituzionali, presieduta da Leopoldo Elia, cui Lei aveva partecipato (maggio 1984-luglio 1987). Sempre non a caso, anche la Legge sulle
autonomie locali (n. 142), trattava delle libere forme associative prima ancora del ruolo di Comuni e
Province. La legge sul volontariato, infatti, si situava all’interno di un disegno che intendeva
coinvolgere soprattutto riforme istituzionali: difficile diventava armonizzare il rispetto della volontà
della cittadinanza e la governabilità delle istituzioni senza il coinvolgimento e lo stretto legame con la
realtà sociale di cui l’associazionismo costituisce la forma più vivace. La senatrice si spese nella
promozione dell’anno di volontariato sociale come recita la sua proposta legislativa del 1986
collocata all’interno del più ampio dibattito sul Servizio civile e che si propose alternativa alla ventilata
introduzione del Servizio militare femminile. Si spese moltissimo a favore di persone con disagi fisici e
mentali e dei minori; occupandosi di tossicodipendenza, intervenne nella discussione sull’arresto in
flagranza in materia di sostanze stupefacenti con un orientamento non punitivo ma volto alla
prevenzione e alla dissuasione (3 ottobre 1991). E poi: sempre accanto alle donne, sempre attenta al
risvolto femminile delle questioni, con la proposta di norme a favore dell’occupazione delle donne nel
Mezzogiorno, a tutela delle casalinghe negli infortuni del lavoro domestico, delle vittime di
maltrattamenti e violenze sessuali.

D- Che caratteristiche ha avuto il suo impegno europeo e quali le sue proposte alla UE (1994-
1999?

R – Nel 1995, fu Relatrice del progetto sulla Parità di retribuzione per lavoro di pari valore e sulla
Tratta di esseri umani; nel 1998, del progetto Ruolo delle cooperative nella crescita
dell’occupazione femminile. Il tema della parità di retribuzione non era nuovo ed era già stato
sancito con l’art. 119 del Trattato di Roma. Nella suo progetto di relazione raccolse gli elementi comuni
emersi nei dibattiti. Il quadro era desolante: i dati che scaturivano erano, al di là delle differenze fra i
vari paesi: sottovalutazione economica dei lavori femminili, distribuzione non equilibrata di uomini e
donne in tutti i settori, segregazione professionale delle donne e loro deprezzamento professionale.
Ancora, le donne furono al centro della relazione sulle cooperative sociali, viste come una sorta di
sperimentazione di nuove forme di lavoro. Già dagli anni ’80, il P. E. aveva richiamato l’attenzione sulle
potenzialità delle cooperative sociali, come imprese sociali, la cui specificità, appunto, era quella di
combinare imprenditorialità alle finalità sociali. Un fenomeno che in Italia contava già la legge n. 381
del 1991 che al primo articolo recitava: “le cooperative sociali hanno lo scopo di perseguire l’interesse
generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini”.
Questi servizi erano di particolare interesse rispetto all’occupazione femminile: potevano, infatti,
creare occupazione aggiuntiva, in quanto rispondenti a nuovi bisogni; riducevano la possibilità di
sostituire le persone con le macchine essendo caratterizzati da elementi immateriali e relazionali.
Il nome della senatrice è particolarmente legato al contrasto della tratta. Nel 1996, al termine di una
lunga attività di sensibilizzazione sull’argomento, in quanto Relatrice della “Risoluzione 18 gennaio
1996 sulla tratta degli esseri umani”, ottenne l’approvazione delle linee guida nella lotta al traffico
di donne e minori a scopo di sfruttamento sessuale, che rappresentò il primo intervento delle istituzioni
europee per la repressione di tale reato e per l’adozione di servizi di tutela e integrazione sociale delle
vittime.
Maria Paola Colombo Svevo si occupò sempre degli ultimi, degli invisibili; contribuì all’emersione di
tematiche poco frequentate come l’accennata tratta, e, coraggiosamente, di altro tema di “frontiera”: le
sette pseudo-religiose, un fenomeno in aggravamento per la diffusione di attività e pratiche illecite
tradotte, molto spesso, in violazioni dei diritti umani.
Presentò insieme al suo Partito popolare europeo, una Proposizione di risoluzione in cui sollecitava il
Consiglio a mettere in opera misure comuni di controllo, nonché provvedimenti atti a
incrementare lo scambio di informazioni tra gli Stati membri ( 22 febbraio 1996)

D- Cosa caratterizzò il periodo successivo ai mandati parlamentari?

R – Al termine dell’impegno nel P. E. e alla dissoluzione del Partito popolare italiano. Maria Paola
Colombo Svevo lasciò l’attività partitica/politica, dedicandosi interamente al volontariato e
all’insegnamento. Es. Il corso di “Politiche Sociali Europee” presso la Facoltà di Sociologia
dell’Università Cattolica di Milano, fu riconosciuto dalla Commissione Europea come modulo Jean
Monnet, valorizzando nei giovani il desiderio, sempre a lei presente, di capire e analizzare in profondità i fenomeni sociali, la condizione femminile e le trasformazioni culturali quali indispensabili
premesse all’elaborazione di disegni politici che avessero cura della persona. Si occupò attivamente
anche dei problemi delle persone immigrate, specie della valorizzazione delle madri come elemento
chiave per l’integrazione delle famiglie immigrate. Co-fondatrice dell’Associazione IRENE (1991),
coordinò progetti europei di sensibilizzazione per la diffusione delle politiche europee di p. o. e
per l’adozione di misure di protezione e assistenza alle donne e ai minori vittime della tratta.
Promotrice e presidente di ARETUSA – rete europea di organizzazioni femminili attive nella U. E.
per la promozione della parità di genere, nel 2005 fu nella Commissione Centrale di Beneficenza,
l’organo di indirizzo della Fondazione Cariplo, coordinatrice della sottocommissione “Politiche
sociali, sanitarie ed educative” interessandosi dei temi tipici della sua scelta di fede e politica.