Il 1° settembre 2021, h. 11.00, presso la sede dell’UDI-Unione Donne in Italia – Via Penitenza 37, 1°piano, 00165 ROMA – l’Associazione Federico nel cuore Onlus e UDI – Unione Donne in Italia terranno una

CONFERENZA STAMPA sul caso CEDU PENATI Vs ITALIA

ALLA CORTE DEI DIRITTI UMANI, NON SONO BASTATE 37 COLTELLATE INFERTE AD UN BAMBNO AFFIDATO
ALLO STATO PER CONDANNARE L’ITALIA PER LA VIOLAZIONE DELL’ART.2 (DIRITTO ALLA VITA) – Uno scandalo
italiano che ricadrà su tutta l’infanzia europea –

Si chiede a tutta la stampa nazionale ed internazionale di dare la massima diffusione e portare a conoscenza dell’opinione pubblica italiana ed europea dei pericoli che pendono su tutta l’infanzia, a seguito della sentenza Cedu del 11 Maggio scorso Barakat vs Italia, la Corte dei Diritti Umani di Strasburgo ha assolto l’Italia stabilendo che lo Stato non aveva l’obbligo di difendere un bambino a lui affidato, nella sua incolumità fisica oltre che psichica.
Ricordiamo che la causa giudiziaria fu intentata da Antonella Penati contro lo Stato italiano, per non aver tutelato il diritto alla vita di suo figlio Federico B. di soli 8 anni. I servizi sociali, a seguito di un Decreto del Tribunale che stabiliva incontri protetti tra padre e figlio, non tenendo conto dei timori della madre e del piccolo, lasciarono Federico da solo con il padre durante una visita in “Spazio protetto”: quest’ultimo lo uccise.

L ‘Ente affidatario, responsabile dell’organizzazione degli incontri, avrebbe dovuto attuare tutte le misure di protezione e soprattutto non lasciare mai il piccolo da solo con il padre, snaturando il carattere di protezione di tali incontri.
Federico fu raggiunto da 37 coltellate e lasciato dissanguare per 57 minuti all’interno di un edificio delle istituzioni italiane. È l’unico caso in Occidente di bambino ucciso durante una visita in area protetta. Era stato prelevato da scuola da un impiegato dello Stato per essere condotto a quello sciagurato incontro.
La madre si rivolse alla giustizia chiedendo al Tribunale di Milano di accertare le responsabilità degli operatori sociali. Nel 2017 la Cassazione annullava la sentenza di condanna a carico della Responsabile dei Servizi Minori e famiglia e sollevava da ogni responsabilità l’educatore che doveva presenziare agli incontri protetti, e l’assistente sociale incaricata del caso. Sostenne che non avevano alcuna responsabilità in quanto il Tribunale dei Minori, nel decreto di affido del piccolo all’Ente, non aveva specificato gli obblighi di protezione dell’incolumità fisica, ma unicamente il sostegno psicologico e educativo.
Federico era stato affidato allo Stato perché considerò la madre iper-tutelante e alienante: le fu restituito morto, massacrato da 37 coltellate. Nessuno intervenne per fermare il padre assassino all’interno di un’area protetta dell’Asl di San Donato Milanese il 25 febbraio 2009. Il patologo scrisse che il piccolo Federico si difese da solo.
Tutti gli indicatori di rischio erano da tempo molto evidenti. Lo stesso padre aveva più volte annunciato un atto folle. Perché il bambino è stato lasciato da solo anziché essere protetto?
La Sig.ra Penati denunciò lo Stato. Si rivolse infine nel 2015 alla Corte dei Diritti Umani di Strasburgo, perché il suo bambino non era stato protetto, per violazione del diritto alla Vita art 2 del CEDU e per la mancata adozione di misure preventive di protezione di Federico, esposto all’incontro da loro imposto con il padre maltrattante. Lo Stato italiano ha cercato in tutti i modi di mettere a tacere la vicenda.

A tutt’oggi, dopo 3 gradi di giudizio in Italia e una sentenza CEDU, nessuno è stato ritenuto responsabile della totale assenza di protezione di un bambino in un ambiente definito “protetto”. Lo stesso Stato che ha preteso di avocare a sé la decisione di organizzare quegli incontri, dopo aver limitato la responsabilità genitoriale e ignorato gli appelli della madre a tenere nella dovuta considerazione i precedenti e la pericolosità del padre, pretende ancora oggi di non aver commesso errori. Il caso Federico B, è stato sostenuto dalla più importante organizzazione di Donne Italiane, l’U.D.I che unitamente alla madre aveva presentato reclamo alla CEDU contro lo Stato Italiano.

A seguito dell’assurda sentenza CEDU di assoluzione emessa l’11 maggio 2021, la madre del piccolo Federico ha presentato ricorso alla Grande Camera di Strasburgo nel disperato tentativo di far annullare la sentenza. Il ricorso è necessario a rendere giustizia a Federico, ma non solo: è necessario alla tutela di tutti i bambini italiani ed europei che sono e che saranno affidati alle cure dello Stato.
La sentenza CEDU afferma che un’istituzione non ha l’obbligo di garantire l’incolumità fisica di un minore in sua custodia e costituisce pertanto un inaccettabile precedente.
Si chiede il massimo sostegno mediatico affinché la richiesta di riesame non venga respinta. Riconoscere il diritto alla vita di Federico dovrebbe essere un atto dovuto a garanzia anche di tutta l’infanzia italiana ed europea. Il brutale omicidio di Federico mette in luce le carenze di un sistema che ha fallito.