E’ una raccolta silenziosa – sotto la neve si potrebbe scrivere – e anche una raccolta densa di significati e di tenerezze, di ricordi e di profumi. L’autrice, Maria Pina Ciancio, lucana fino in fondo e lo trasmette, ci conduce in un girotondo di situazioni ricostruendo il mondo dell’infanzia, porgendoci rivisitazioni e momenti spesso vissuti da tutti noi e forse sopiti.

Già nel suo incipit troviamo parole come: ”versi urgenti, necessari, che si ramificano dal corpo alla mente, ascolto interiore di un mondo vicino e lontano, parole d’argilla…”

“Terra madre, amara, cruda senza braccia

ovunque andassi ovunque ti cercassi

al ciglio della strada o sopra i tetti rossi

ovunque” (pag.12)

Questi versi sono estrapolati da una delle prime liriche del libro e testimoniano, anzi annunciano, l’intero percorso della raccolta che si conclude, infatti, con cinque poesie in dialetto lucano.

Un percorso strettamente autobiografico quello di Maria Pina Ciancio dove, però, può partire un processo di identificazione al femminile fatto di sguardi, sollecitazioni emotive, fuggevoli momenti del passato che tornano e spariscono, ritornano ed entrano ancora dentro di noi …”tra il fogliame e la neve / io vado, cammino, mi cerco / ritorno” (pag.31). Ogni passo tra il fogliame e la neve può essere collocato in qualsiasi luogo, sia paese che bosco e anche città…l’autrice che ha avuto frequenti spostamenti in ambienti diversi lo sa bene…neve e argilla possiamo trovarli ovunque, sono nella nostra persona, nella nostra anima: li abbiamo sempre con noi.

“Ho un cielo d’inverno da inseguire

risvegli e reverberi di resine

memorie di partenze e di ritorni

benigne solitudini (pag.50).

Ci chiediamo: quale il luogo da cui guardare il mondo? Quale il luogo da cui scriviamo, pensiamo, progettiamo e ci “curiamo”?  Mi ha fatto molto pensare questo libro perché è anche la mia storia di pellegrinaggi e scelte diverse, mi sono ritrovata a sentire in me stessa le risposte (certo non saranno quelle di Maria Pina) ma forse possono somigliare. Cerchiamo la nostra “centralità”, il nostro sguardo vero e forte sul mondo, facciamo nostre interamente le “scelte” e le “sconfitte”. Le strade che desideriamo percorrere nel mondo segnano le nostre vite, tracciando i nostri sentieri sviluppiamo curiosità, interessi e desideri. Incontriamo persone che ci camminano accanto, incrociamo idee e ideali.

La poesia riesce a cucire tutto ciò in poche righe, in pochi versi si condensa la “matassa” vera di ognun*

E poi spolveriamo le dolcezze: …Insegnami la casa / l’audacia del vento…/ cerco i tuoi gesti / i quaderni riscritti / affollati di noi / il volo del falco che ritorna nella valle…(pag.51)

Da qui l’eterna domanda: poetare è spesso come scrivere un diario? E’ come svelare di sé senza accennare a sé? Certamente può essere, lo svelamento dei sentimenti più reconditi, l’accettazione della nostra umanità flagellata, spesso bistrattata e vogliosa di riscatto. Il riscatto vero, palpabile: essere persona insieme alle altre persone, accettare e vivere fino in fondo la propria condizione.

“A volte non sappiamo come raccontarla / quella gioia mattutina/ che esplode tra le pietre/ e rotola tra i campi /….(pag.52)

Maria Pina Ciancio ci offre la possibilità di ascoltarci, di alzare lo sguardo oltre il quotidiano, e noi leggendo i suoi versi la ringraziamo.

Maria Pina Ciancio, D’argilla e neve e cinque poesie in dialetto lucano, Giuliano Ladolfi Editore, Borgomanero 2023