Il libro di versi di Lucianna Argentino: “La vita in dissolvenza” (Samuele Ed.2022) è lo spaccato delle vite di quattro donne, come quattro sono le storie che l’Autrice ci porge, con delicatezza e con grande rispetto, perché intrise di sofferenze e scelte certamente difficili e, a volte, estreme.

Difficile partecipare, comprendere, far nostro “il dolore profondo” che emerge da questi versi; brava e delicata Lucianna a farlo proprio e a restituircelo con versi che cercano di lenire ferite aperte.

La prima “elaborazione poetica” tratta della scelta di una donna (Rita Fedrizzi) che nel contempo della sua gravidanza scopre di avere un grave tumore. Scegliere di far nascere la nuova vita è, quindi, un doppio atto d’amore: per la vita che porta in grembo e per la scelta d’amore estremo che ella compie, sacrificando la sua vita.

…”In me ti seppellisci, in me sprofondi

e mi faccio pasto, focaccia

per il tuo crescermi negli abiti, nei cromosomi…”

E scrivo la magnifica citazione di Helene Cixous:

Una donna non muore se da un’altra parte,

un’altra donna, riprende il suo respiro.

E ancora:.. “Dovrei reciderti per non morire

e poi recisa andare in giorni senza vita”…

Nel secondo “quadro” abbiamo la vicenda terribile di Valentina Cavalli, violentata e che per sei anni galleggiò nella vita ma non si riprese mai, e un giorno disperato si uccise.

I versi qui si fanno, se possibile rispetto agli altri, più toccanti e più dolorosi, brividi scorrono nel leggerli.

…”sei anni a fissare un silenzio ostile, a guardare la mia anima

per ritrovare l’asciutto di un pensiero

salvato dalla mareggiata che salvasse me.

E ancora:

Sei anni sepolta viva tessendo l’unica veste possibile”…

…”la nascita è distacco

La vita un maldestro rammendo

Ma questo nuovo strappo

Con che lo posso ricucire?”…

Il terzo monologo è lo studio affettuoso e di vicinanza che l’Autrice compie nei confronti di Virginia Woolf e di Marina Cvetaeva, due grandi scrittrici suicide entrambe nel 1941. Lucianna dialoga con loro e ricostruisce il clima devastante esistente sullo sfondo della Seconda Guerra Mondiale, insieme alle loro fragilità psicologiche.

Lo scavo diventa esplorazione piena tra l’Autrice, le due scrittrici e il mondo esterno che preme in tutti le sue sfaccettature mentre cerchiamo di avere e dare risposte ai nostri interrogativi e alle nostre paure.

…”Stato crepuscolare acuto

quando precipitavo dove la vita si fa concava

rotolavo come una pallina nel catino:

era la vertigine dell’onda in balia del mare”…

…”Spento è il faro, invecchiate le onde,

e dietro l’ovatta non vedo più alcun disegno

né me stessa dentro il disegno, né un dove, né un luogo

in cui ritrovare la concordia tra me e il mondo

così da poterla raccontare…”

Nel quarto quadro Lucianna Argentino esplora il mondo dell’infanzia. Mondo che spesso non è così incantato e dolce ma è, a volte, contornato da paure, da timidezze e incertezze che possono scatenare veri drammi esistenziali.

…”non vedono, non sanno che conosco solo le distanze

che mi prende la paura, lo spavento e dentro trema tutto

e le mie sole piccole mani non bastano a fermare quel tremore…”

La disattenzione degli adulti, a volte nell’infanzia, è deleteria e devastante. Così si deve costruire un mondo parallelo, di fantasia e di fuga da una normalità che non ci ingloba e che invece ci ignora.

…”avanzo raccogliendo avanzi,

briciole cadute dai miei sogni e pietre aguzze

mi conducono fuori da questo giardino…”

Da moltissimi anni analizziamo l’universo femminile, il peso e il carico delle consuetudini, degli atteggiamenti errati, delle narrazioni che non corrispondono a verità. Ognuna di noi è diversa, è se stessa ma, al contempo, esistono forti terreni comuni che soltanto da poco tempo abbiamo compreso.

La fantasia, l’allegria, il “farsi sponda” a vicenda per superare momenti difficili è prerogativa dell’essere femminile, come lo è subire violenza che non è solo quella fisica ma psicologica e mentale, una violenza molto subdola e strisciante.

Lucianna entra e analizza tutto questo con sobrietà, con calore umano e con parole dense, leggere e vere.

Ci narra vissuti densi e tutto diventa consolatorio, spesso meno violento e oppressivo. Non diminuisce la gravità degli atti ma possiamo leggere questi testi senza l’affiorare della crudeltà, della violenza e del rancore.

Un libro che ci aiuta a riflettere, a esplorare la nostra psiche e il nostro “stare al mondo”. Questi monologhi poetici sono perfetti da rappresentare a teatro, ci portano nella dimensione dell’Essere Donna. E allora Donna come Madre, come Donna violentata, come Donna che ricerca il proprio equilibrio e infine come Donna che cerca di rappacificarsi con la propria infanzia.

Lucianna Argentino “coccola” queste figure, ci dona la possibilità di farcele conoscere, le inquadra e le pone in modo gentile. L’ Autrice cerca e, con sapienza vi è riuscita, di passare affetto e sintonia tra lei e loro, tra loro e noi. Una bella prova di confronto e di crescita con un linguaggio lirico dove l’ascolto si fa bisbiglio, introspezione e riflessione personale. Un lavoro vero, di denuncia per le violenze e le dimenticanze, un libro che pone quesiti e domande a cui siamo tutt* chiamat* a rispondere.

Trascrivo qui la bella poesia in quarta di copertina che racchiude, e Lucianna lo ribadisce ancora una volta, il significato di questo bel libro:

Non c’è ragione, non c’è giustificazione

ma c’è tanta gioia in questo dolore

progetto d’amore oscuro alla mente

luminoso al cuore. Mi spoglia dell’umano,

me che terrena ancora vorrei essere

e anni ancora vorrei per la vicinanza delle mani

per il loro crescere ricco e buono

con una radice nella terra e una radice nel cielo.

Ora basta. Ho riempito le mie giare d’acqua

fino all’orlo. Ora pensiamo alla cena.