Di origini italo-libanesi, Roberta Yasmine Catalano è cresciuta in Marocco. Autrice di diversi saggi e recensioni, nel 2014 ottenne proprio con un saggio (La felicità è un pezzo di pane e cioccolata, Narcissus, 2013) il Premio Il Paese delle Donne. Con La vertigine del possibile, pubblicato a fine 2022, è alle prese con un romanzo o, meglio, con una saga familiare che si snoda lungo l’arco di un intero secolo.

Nella Premessa, l’autrice racconta di essere stata costretta a scriverla. Intanto, non è vero, come si crede, che chi scrive sceglie le storie da raccontare, “sono le storie che ti vengono a cercare, e non vanno per il sottile.” Ma l’autrice è necessitata anche da un “ricatto” affettivo, ordito dalla madre e dalla zia che le affidano la “eredità spinosa” di salvare la storia della loro famiglia. Alla morte della madre, Roberta Yasmine comincia a raccontare: “come potevo dire di no a una madre che si era appena spenta?”

Comincia a raccontare del terribile terremoto che colpisce la Calabria nel 1894. Maria, una delle due protagoniste principali della storia familiare – che ha il suo fulcro in Rosa, la nonna dell’autrice – resta orfana, sola con due sorelle più piccole. Il matrimonio con il vecchio e facoltoso don Antonio dà il via alla storia vera e propria, che comincia in realtà quando Maria, rimasta vedova, decide di occuparsi in prima persona delle terre ereditate, diventando così, agli occhi della pronipote Roberta, la “mitica” bisnonna Maria, rivoluzionaria e femminista ante litteram, “che in groppa al suo cavallo si era imposta ai braccianti uomini a inizio ‘900.” Una cosa inaudita, per il Sud di quel secolo.

Siamo infatti in Calabria, nei primi anni del Novecento, a Taurianova, un luogo insieme “arcaico e contemporaneo”. Arcaica e contemporanea definisce Nuoro Marcello Fois, autore di un’altra saga, quella della famiglia Chironi (nella trilogia Stirpe, Nel tempo di mezzo, Luce perfetta). Anche Taurianova è, nel suo relativo isolamento (è vicina a Reggio, e i viaggi a Roma non sono impossibili), un luogo arcaico e contemporaneo. Qui la storia, ad esempio lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, arriva senza troppo modificare la vita dei ricchi: stanno attaccati alla radio, cercano di seguire le notizie, ma non rinunciano ai loro riti sociali. Sono le vite dei poveri e dei borghesi, nota l’autrice, ad essere sconvolte dalla guerra. Dalla guerra la famiglia di cui si parla, ricca e aristocratica, riesce a uscire quasi senza riportare danni. Sono molti, invece, i danni che proprio la vita famigliare arreca ai protagonisti e alle protagoniste della saga. Non c’è un personaggio che non ne soffra. I bambini di Rosa, ad esempio, assistono, chiusi nelle proprie stanze, ai furiosi litigi dei genitori, vere e proprie risse che si concludono, a volte dopo intere giornate, con i violenti mal di testa di Rosa. Ma anche con nuove gravidanze, ben nove, quattro femmine e cinque maschi.

Rosa non ha un buon rapporto con gravidanza e maternità. È una donna giovane e intelligente, sta sempre “con la testa tra le nuvole” a fantasticare o a parlare con i molti fantasmi che, delicati e benevoli, la circondano soprattutto nei momenti cruciali della vita. Lei ama viaggiare, fare vita sociale. Ha “una stanza tutta per sé” nella quale scrive, con la sua “Olivetti”, un libro di storia; si occupa di astrologia, condividendo con la sua madrina, Marie-Jeanne, la passione per l’esoterismo; è dotata anzi di poteri speciali, presagisce le catastrofi collettive, e anche le proprie gravidanze. Ogni gravidanza per Rosa è un blocco, è la negazione del movimento a cui si sente votata, ma è anche il dolore per una amara consapevolezza: il marito, Domenico, approfitta della sua condizione per sfuggire al suo controllo e vivere da solo, e fuori casa, tutte le proprie avventure.

Stili e morale di vita sono infatti quelli propri dell’epoca, segnata dalla sottomissione femminile. In campo economico, ad esempio. È vero che le nonne dell’autrice mettono fortemente in crisi questo sistema, a cominciare da Maria che (per questo definita femminista ante litteram) decide di gestire da sola il patrimonio di terre ereditato. Rosa, invece, non ha nessuna predisposizione per l’economia e, a differenza della religiosissima madre, non sa accudire un neonato e neanche dirigere una casa (avendo sempre potuto contare, da ricca, su un folto gruppo di balie, governanti, domestici). Finirà addirittura per essere raggirata dal marito Domenico, e perderà quasi tutto.

Della sottomissione femminile è strumento privilegiato la maternità che, nelle classi facoltose, assolve alla sola funzione di procurare eredi, meglio se maschi. Gli uomini narrati nella saga sono generalmente egoisti, meschini, maschilisti, violenti, e anche i personaggi che si presentano circondati da un’aura di dignità e bontà – su tutti Carmelo, secondo marito di Maria e padre amatissimo di Rosa – finiscono per rivelare personalità dubbie, a tratti crudeli, ad esempio, quando infliggono punizioni corporali a figli e figlie.

Ma questo libro si chiama La vertigine del possibile. Ciò che le protagoniste cominciano a presentire, mentre va avanti il racconto, soprattutto Rosa, è che al destino della sofferenza e della sottomissione c’è alternativa. Il “possibile” non è da realizzare in un futuro lontano e collettivo, ma nella propria singolare vita, e questo dà vertigine. Non importa come lo si ricerchi, se nella metodicità di una forte devozione religiosa, come Maria, o nella leggerezza dell’ultima Rosa che troviamo, a fine romanzo, in una terra esotica, calda e circondata dal mare. Qui, Rosa sta, finalmente libera dalla famiglia e in compagnia dei suoi vecchi amici fantasmi, di una amica in carne ed ossa, Pilar, e di una nuova presenza (?), maschile, ma devota e gentile questa volta. Rosa sta libera e “serena”. Non sarà la rivoluzionaria Gioia di Modesta, la protagonista di L’arte della Gioia di Goliarda Sapienza, né il coraggio pionieristico di Una Donna di Sibilla Aleramo, ma la vertigine è la stessa.

Roberta Yasmine Catalano, La vertigine del possibile, Oligo editore, 2022 (364 pagine)