Intervista sul canale YouTube dell’associazione a Gabriella Romano, storica e documentarista, sulla ricerca “Too much love“, presentata a Pisa lo scorso mese di febbraio, sulla patologizzazione delle passioni e delle emozioni nel Sud Italia (1922 – 1943), promossa dalla Fondazione Gerda Henkel (Düsseldorf), effettuata dal team composto da Gabriella Romano, Oscar Greco e Marika Setaro su materiali di ex-manicomi, orfanatrofi, opere pie e istituti di correzione per minori..

La ricerca è stata presentata nel Seminario internazionale del 14-15 febbraio a Pisa.

Nell’intervista, Gabriella Romano, storica e documentarista, evidenzia quanto la sistematica patologizzazione di sentimenti e passioni e il progressivo restringimento delle libertà durante il Fascismo abbia incrementato il numero della la popolazione reclusa, specialmente femminile per la fragilità sistemica delle donne nella società e legislazione d’epoca, e come “… amore, nostalgia, impulsività, gelosia, religiosità, ira, emotività ed erotismo si siano consolidati nello stereotipo della ‘meridionalità’ italiana’, ancora sussistente”.

La Legge n. 36/1904 del Regno d’Italia, disponeva all’Art. 1 che “dovevano essere custodite e curate nei manicomi le persone affette per qualunque causa da alienazione mentale, quando fossero pericolose a se e agli altri o riuscissero di pubblico scandalo non potessero essere convenientemente custodite e curate fuori dai manicomi.” Rimasta in vigore per tutto il Fascismo e con poco modificata nelle prime decadi repubblicane, fu abrogata dalla cosiddetta Legge “Basaglia” n.180 – legge quadro che impose la chiusura dei manicomi e regolamentò il trattamento sanitario obbligatorio, istituendo i Servizi di igiene mentale pubblici – che rese l’Italia l’unico Paese al mondo ad aver abolito gli istituti psichiatrici, luoghi sovente di costrizioni, abusi, abbandoni, isolamento, emarginazione.

“Il manicomio era la cura!” afferma Romano parlando delle cure inadatte quando non pratiche violente e alienanti (docce fredde, legature, elettroshock, ecc.), che casomai aggravavano eventuali disagi, subìto anche da persone recluse non per motivi di salute ma di emarginazione sociale o eccedenti le strategie economiche, opportuniste o di facciata di genitori, coniugi, figli, tutori, ecc. Gabriella Romano evidenzia quanto la reclusione manicomiale colpisse, trasversalmente, soggetti fragili di ogni età e condizione e come per le donne riguardasse anche comportamenti legati al ruolo ma ritenuti “eccedenti” la prevista “normalità”.

Nel ventennio studiato, la società sessista, conservatrice e illibertaria riteneva patologici anche aspetti futili della quotidianità, la ribellione alla situazione data quando fosse insoffribile e violenta con maltrattamenti, discriminazione, matrimoni combinati, condanna morale e sociale della maternità fuori dal matrimonio, dell’adulterio e del lesbismo. La carenza di equità legislativa nei confronti delle donne, compresa la mancanza del voto femminile, e la secondarie neppure riconosciuta per tale, permisero al Fascismo di mantenere la donna sotto tutela, impedendole atti validi senza il consenso di un uomo, fosse stato anche suo figlio, e anche la sua dote era amministrata dal marito. Al diffuso malessere, le donne rispondevano sovente ammalandosi nel corpo ed “eccedendo” nei comportamenti e poiché le cause erano endemiche, chi uscisse dall’istituto psichiatrico manteneva lo stigma della diversità, il marchio della alienazione, instaurandosi un andirivieni tra casa e manicomio, nel peggiorare delle “patologie”.

Esemplari, nella ricordata mostra foto-documentaria “I fiori del male. Donne in manicomio nel regime fascista”, curata da Annamaria Valeriano e Costantino Di Sante (Casa della memoria, 14 sett.-18 nov. 2016), le voci elencate nel “Diario clinico di Sintomatologia e terapia”: “Loquace, instabile, incoerente, stravagante, capricciosa, eccitata, insolente, indocile, bugiarda, impertinente, cattiva, prepotente, ninfomane, impulsiva, nervosa, erotica, allucinata, irrequieta, ciarliera, irriverente, petulante, maldicente, irosa, piacente, smorfiosa, irritabile, clamorosa, minacciosa, rossa in viso, esibizionista, menzognera, dedita all’ozio, civettuola” (www.womenews.net, 3 nov 2016). Ricordiamo che i tanti ambiti della approfondita ricerca “Too Much love” si è contato anche il quadro patologico di Algerini e Algerine nel periodo coloniale francese, dimostrandosi quanto molte delle dinamiche e sofferenze della popolazione derivino dalle gerarchie negative del potere. Tra i paesi, nelle società e tra i sessi.

Info: Gerda Henkel Foundation promuove Progetti specifici di ricerca, Borse di studio, Dottorati di ricerca con focus su materie con una componente storica; per ricerche su tematiche di grande attualità, ci sono i programmi speciali: Patrimonies, Forced Migration, Democracy e Lost cities.