Maria Maddalena è una delle figure più affascinanti del Vangelo e più “gettonate” da pittori e letterati d’ogni tempo e Paese. Il  gesto di chinarsi ad asciugare con i suoi capelli i piedi di Gesù è impresso nella memoria di ciascuno di noi.

A Forlì, fino al 10 luglio, le sale dei Musei San Domenico ospitano la mostra “Maddalena. Il mistero e l’immagine” a cura di Cristina Acidini, Fernando Mazzocca e Paola Refice. Davanti ai nostri occhi sfilano circa 200 opere di grandi artisti dal III sec. a.C. al Novecento che indagano il mistero ancora irrisolto di una donna che ci inquieta e ci affascina.

Una parte degli incassi della mostra sarà devoluta, grazie alla collaborazione della  Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì, a  sostegno del progetto “ComHousing” di Fondazione Arché destinato a donne in difficoltà e ai loro bambini e al soccorso ai profughi ucraini.

Masaccio, Crocifissione, part.

Il percorso espositivo è diviso in 12 sezioni che vanno dalla pittura alla scultura, dalle miniature agli arazzi, dagli argenti alle opere grafiche.

Si parte dalla metà del 300 a. C. con “Cratere apulo con morte di Meleagro” del Museo Archeologico di Napoli fino a “La deposizione dalla croce” di Marc Chagall del Centre Pompidou di Parigi, passando per  il  “Noli me tangere” del Veronese proveniente dal Musée de Grenoble a quello di Graham Vivian Sutherland della Pallant House Gallery di Chichester fino ad “Acceptance” di Bill Viola e i capolavori di Antonio Canova e Francesco Hayez.   

Ma a lei anche la letteratura e il cinema hanno dedicato centinaia di opere ed eventi.

Chi era davvero la Maddalena? Una peccatrice o una santa, una cortigiana o un’apostola?  E’ dunque il suo mistero ad affascinarci, ieri come oggi.  Il Vangelo fa’ menzione dei sette Demoni dai quali era posseduta, ma ciò che la pone ancora al centro delle nostre fantasie è il gesto di asciugare con i suoi capelli i piedi di Cristo e di essere la prima testimone della sua resurrezione. E’ il pianto disperato di Lei a determinare l’apparizione di Lui così fortemente da rendere divino l’umano e umano il divino.

Nella mostra accanto a Donatello, Tiziano e Tintoretto e in compagnia di De Chirico e Guttuso, si fa largo Artemisia Gentileschi. La sua Maddalena risplende nel giallo-oro dell’abito da cui si troneggia l’opulenza di un corpo femminilissimo che abbaglia lo spettatore. La santa, con la mano destra portata al cuore e gli occhi rivolti verso l’alto, è colta in un momento di meditazione: le sue guance sono leggermente arrossate, il suo sguardo accigliato mentre allontana lo specchio poggiato sul tavolo che la riflette. Un gesto che simboleggia il rifiuto del mondo reale.

Infatti è proprio sulla cornice dello specchio che leggiamo l’iscrizione in oro “Optimam partem elegit” che rimanda alle parole pronunciate da Gesù e riportate nel Vangelo di Luca il quale, rivolgendosi a Marta, disse: “Marta tu ti affanni e ti quieti per troppe cose. Ma una sola è necessaria: Maria ha scelto la parte migliore che non le sarà tolta” in riferimento alla strada della penitenza.

Una  Maddalena che indubbiamente ricorda i tratti di Artemisia. Maddalena è seduta e sul fianco della sontuosa sedia, con lo stesso oro della veste, è apposta la firma della pittrice.

La curatrice della mostra Cristina Acidini sottolinea che la Maddalena “Nella sua solitaria maestà, impersona la patrona di tutte le numerose istituzioni, ecclesiastiche e civili, che in Europa s’erano venute costituendo in suo nome per l’accoglienza a donne traviate, sia redente sia da redimere”.

Dal canto suo l’altra curatrice Paola Refice nel ricordare che «Maria di Magdala, la Maddalena, è tra le figure più rappresentate nella storia dell’arte” rileva che “l’iconografia non si modella sulle fonti primarie ma è soprattutto dalla miriade di testi canonici e apocrifi che nasce e si diffonde in Oriente e in Occidente”.