Le foglie, come le donne, si scambiano sagaci confidenze / alcune sono accenni / e alcune / portentose illazioni / Le parti in ogni caso / si ingiungono segretezza / un patto inviolabile / di diffusione.

Così scriveva Emily Dickinson appassionata “giardiniera” ed è facile immaginarla, lei, volontariamente chiusa in una stanza inaccessibile, mentre osservava tutt’intorno il trifoglio, i ranuncoli in fiore, le erbe aromatiche che oscillavano tra il ronzio delle api e lo svolazzare quieto delle farfalle.

Un libro di Marta McDowell, ci mette al corrente dell’universo verde della poetessa con una impeccabile precisione che coinvolge appassionati e non di botanica, oltre che ferventi ammiratori della poetessa mai stanchi di saperne di più. E’ pubblicato da L’Ippocampo e il titolo è “Emily Dickinson e i suoi giardini”.

Lei trattava i bulbi come gioielli e sapeva vedere ogni sfumatura di un colore e percepiva l’alito di ogni vento birichino. C’era un tripudio di viole attorno a lei perché esse crescevano sia nel frutteto, sia nei boschi e nei campi vicini.

In compagnia di Marta McDowell, studiosa del paesaggio ci addentriamo in ogni anfratto del giardino di Emily. Un piacere per i lettori di Emily Dickinson. Una scoperta in più per chi la conosce ma vuole saperne ancora di più e non si stancherebbe di saperne.

Per gli appassionati della poetessa un vero “miracolo”. Ci inoltriamo nel suo giardino ma lo facciamo come Lei avrebbe desiderato: silenziosi, curiosi, appassionati ma con misura, con garbo, con rispetto. Chissà che non nasca da qui un incontro fatale, forse per qualcuno che non la conosceva.

Lei le “escursioni” le faceva con il suo cane Carlo.

Emily “sentiva” ciò che gli altri non sentivano o non vedevano.

Il cactus, fa notare Emily, apre la barba per mostrare la gola e, udite udite, nell’herbarius c’era molta cannabis… ma chissà se Emily la “conosceva”. Comunque sia che importanza ha? Quel che è certo è che i suoi versi superano ogni confine: ci strabiliano e ci incantano.

Quando era brutto tempo Emily faceva compagnia alle sue piante guardandole dai vetri delle finestre. Nel suo giardino, Emily, ipotizzava scherzosamente che il fiore chiamato Bella di notte invece di suonare come da tradizione le ore quattro, suonasse le cinque. A noi non dispiace pensare che avesse ragione lei.

Infine vorrei ricordare che Emily nelle sue poesie paragonava sempre il colore dei suoi capelli a quello dei ricci della castagna.

A Mabel, per la quale “stravedeva”, Emily inviava giacinti, fiori voluttuosi nel colore e stuzzichevoli per l’olfatto.

Per lei le piante non si dividevano in belle e meno belle. Per Emily erano tutte affascinanti! Lei non si limitava ad accarezzarle, a coltivarle, a collezionarle. Nessun fiore selvatico doveva essere escluso dalla sua raccolta e così non le sfuggirono neanche due alghe birichine: una d’acqua dolce, una d’acqua marina.

Sì, le piante, nel giardino di Emily, godevano di un privilegio regale. Erano tutte principesse. Non c’era in lei nessun pregiudizio che le riguardasse. Lei non si poneva mai l’alternativa questa sì questa no. Lei le accumulava tutte, le proteggeva tutte, le amava tutte.

“Zitti!” ordinava quando l’epigea si svegliava e il croco (meglio conosciuto come zafferano) batteva le ciglia.

E niente paura per la palude e il fango. Anche lì niente pregiudizi. Le ninfee e le sagittarie si stanno lustrando i petali. Largo anche a loro, dunque. Non solo alle tuberose.