Anna_Franchi_(1895)

120 anni fa, nel 1902, una donna già battagliava affinché fosse introdotto il divorzio. Nello stesso anno scrive infatti “Il divorzio e la donna” e nel 1903 “Il divorzio”. Si chiama Anna Franchi.
E’ con grande sincerità che la scrittrice parla delle vicissitudini della propria vita coniugale chiamando in causa, per questa battaglia, ogni donna con l’intento di offrire un esempio in più rispetto ad una verità dolorosa capace di risvegliare le coscienze delle donne di fronte alle vicissitudini che si consumano tra le mura domestiche e chiedendo a viva voce la possibilità di ottenere il divorzio.
Nasce a Livorno nel 1866 e sposa nel 1883 il maestro di musica. Quando pubblica i suoi libri riceve lettere minatorie. Il marito, infuriato, le scrive: “Eccovi il più utile consiglio: suicidatevi”. Certo occorrerà dire ad onor del vero che lei si era innamorata di un altro uomo, ma tutto questo non inficia, anzi avvalora, un cambio di passo.
Anna Franchi era consapevole che la vittoria poteva venire soprattutto dalla forza protestataria delle donne. Lei, dal canto suo, leggeva i resoconti della Camera cercando di convincere i deputati più sensibili al problema.
Da ragazza aveva conosciuto i pittori “macchiaioli” e ne aveva condiviso la visione artistica. Aveva inoltre sostenuto l’agitazione delle “trecciaiole” fiorentine, le donne che intrecciavano i fili di paglia che servivano per cucire i famosi cappelli. Le trecciaiole di Brozzi, in particolare, furono protagoniste nel 1896 di uno sciopero che arrivò a coinvolgere i 63 Comuni della provincia di Firenze.
Quando si trasferisce a Milano, che lei riteneva città dinamica più favorevole alla modernità, partecipa a molte battaglie per l’emancipazione femminile e dopo l’armistizio aderisce alla Resistenza.

In Tribunale colse lo sguardo accigliato del Presidente su di lei. “Così – domandò lui – è veramente decisa?”
“Assolutamente” rispose Anna. “E i suoi figli?”
“Due sono in collegio, uno con mia madre a Lucca”.
“Chi li mantiene?”
“Sono sempre stati educati e mantenuti da mia madre”.
In tribunale si discusse sul fatto che bisognava scegliere il meno indegno dei genitori e si sostenne “Il padre è sempre il padre”, ma lei ribatté: “Anche quando è meno
onesto della madre?”
In “Avanti il divorzio” Anna Franchi sottolinea la derisione, la canzonatura, l’ironia alla quale le donne erano sottoposte quando chiedevano l’allontanamento dal marito.
Nel suo libro confessa il suo scoraggiamento: “E’ troppo tardi per me, avvocato. La ribellione delle donne agli occhi degli uomini è un delitto”. “Non lotti più” le aveva suggerito l’avvocato, aggiungendo malignamente: “Si
riposi”.
E poiché Anna non si è affatto riposata il divorzio, oggi, è nelle mani di tutte noi.
Nel romanzo lei racconta che quando incontrò il marito per le scale dello studio dell’avvocato, lui le intimò:” Ritorna con me questa passione passerà e tu rimarrai una donna onesta”.
Era lei l’adultera, la colpevole. Era lei la “sporca”, la “sudicia” come l’avevano insultata un giorno. Quando finalmente la separazione arrivò e il Presidente del Tribunale le porse la penna perché firmasse, Anna scrisse con mano ferma il proprio nome. Il Presidente la avvertì: “Lei ha diritto di portare anche il nome di suo marito”. Lei con fierezza rispose: “No, sono lieta di averlo lasciato!”
Ed è sempre nell’800 che Donna Paola, giornalista e scrittrice, promuove con ironia lo sciopero dell’amore a cui aderiscono molte anarchiche. Lei, donna di passioni, nei comizi proclamava: ”Le leggi non si ottengono con le petizioni. Si strappano con le ribellioni!” E nel proporre un sabotaggio indisse uno sciopero generale in tutte le branche delle attività muliebri, compreso l’amore.
Dovremmo essere più consapevoli e attente alle collettive denunce che molte donne in epoche lontane hanno espresso con accenti vivaci e corrosivi.
Tuonavano: “Altro che ago e filo! Altro che faccende domestiche! C’è tanto e tanto ancora da fare”.