L’11 febbraio scorso, la Fondazione ISMU (Iniziative e Studi sulla Multietnicità) ha presentato il proprio XXVII Rapporto sulle migrazioni 2021.

Il Rapporto analizza sia l’impatto della pandemia sui flussi migratori e sugli immigrati, sia le conseguenze, sotto il profilo migratorio, della drammatica questione afghana.

Dal comunicato della Fondazione:

La Fondazione ISMU stima che al 1° gennaio 2021 gli stranieri presenti in Italia siano 5.756.000167.000 unità in meno rispetto alla stessa data del 2020 (-2,8%). Il numero degli irregolari resta sostanzialmente invariato, attestandosi sui 519mila(contro i 517mila dell’anno precedente): a causa del ritardo della procedura valutativa delle istanze della sanatoria del luglio 2020, il dato comprende ancora la quasi totalità delle persone che hanno presentato domanda di emersione[1] . Gli stranieri rappresentano nel complesso circa il 10% della popolazione presente in Italia al 1° gennaio 2021. Da segnalare il numero dei decessi tra gli immigrati che, se pur in termini assoluti sia del tutto modesto (in totale si contano 9.323 morti), nell’anno della pandemia segna una variazione di mortalità in aumento del 23,3% rispetto al biennio 2018-2019.  I dati qui riportati restituiscono l’immagine di una popolazione in calo per il secondo anno consecutivo, in virtù sia della flessione degli ingressi sia del costante flusso di acquisizioni di cittadinanza.

Sul fronte lavorativo si osserva come la vulnerabilità della popolazione con background migratorio, già strutturalmente svantaggiata rispetto a quella italiana, si sia accentuata a causa della pandemia: il tasso di occupazione degli stranieri, infatti, subisce una significativa flessione, passando dal 61% del 2019 al 57,3% del 2020.

Si assiste a un ulteriore aggravamento della povertà, giunta nel 2020 a riguardare il 29,3% degli stranieri (contro il 7,5% degli italiani) e il 26,7% delle famiglie di soli stranieri (erano il 24,4% nel 2019), pari a ben 415mila nuclei familiari. Nel 2020 la retribuzione media annua dei lavoratori extracomunitari, pari a 12.902 euro, è inferiore del 38% a quella del complesso dei lavoratori. Un segnale positivo arriva invece dallimprenditoria immigrata: nell’anno più segnato dalla pandemia (2020) si rileva un incremento pari al 2,3% dei titolari e soci nati all’estero. Inoltre nel primo semestre 2021 le imprese “straniere” registrano un saldo positivo di 16.197 unità, nettamente più elevato del corrispondente periodo del 2020.

Sul fronte scolastico è interessante notare che nell’anno scolastico 2019/20 per la prima volta gli alunni stranieri iscritti al liceo superano quelli iscritti agli istituti professionali e che, però, il ritardo scolastico riguarda circa il 30% degli alunni con cittadinanza non italiana (contro il 9% degli alunni italiani).  

Sono questi alcuni dei principali dati del XXVII Rapporto sulle migrazioni 2021, elaborato da Fondazione ISMU (Iniziative e Studi sulla Multietnicità) che viene presentato oggi 11 febbraio dalle 11.00 alle 13.00  in diretta dalla Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi sul canale YouTube e sulla pagina Facebook di Fondazione ISMU.

Alla presentazione, realizzata in collaborazione con Fondazione Cariplo e moderata dalla giornalista del Corriere della SeraMarta Serafini, partecipano: Mariella Enoc, Presidente di Fondazione ISMU; Carlo Sangalli, Presidente della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi; Massimo Gaudina, Capo della Rappresentanza a Milano della Commissione europea; Vincenzo Cesareo, Segretario Generale di Fondazione ISMU; Livia Elisa Ortensi, Responsabile Settore Statistica di Fondazione ISMU. Sui temi della “Regolarizzazione, flussi e mercato del lavoro”, intervengono: Ennio Codini, Responsabile Settore Legislazione di Fondazione ISMU; Tatiana Esposito, Direttore Generale dell’immigrazione e delle politiche di integrazione, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali; Laura Zanfrini, Responsabile Settore Economia e Lavoro di Fondazione ISMU. A chiusura del convegno il dibattito su “Confini europei: una prospettiva geopolitica sulle migrazioni” con gli interventi di Patrick Doelle, Referente Italia Direzione Generale Immigrazione e Affari Interni, Commissione europea e Laurence Hart, Direttore dell’Ufficio di Coordinamento per il Mediterraneo dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni; Nicola Pasini, Responsabile Settore Europa e Paesi Terzi di Fondazione ISMU.

1) MIGRAZIONI IN ITALIA[2]

L’immigrazione al 1° gennaio 2021. Fondazione ISMU stima che al 1° gennaio 2021 gli stranieri presenti in Italia siano 5.756.000, 167.000 unità in meno rispetto alla stessa data del 2020 (-2,8%). Il calo dei presenti nel 2020 è per lo più dovuto agli stranieri regolari non residenti che scendono a 224mila unità (al 1° gennaio 2020 erano 366mila), mentre gli iscritti in anagrafe diminuiscono solo marginalmente (5.013.000 unità al 1° gennaio 2021), e il numero degli irregolari resta sostanzialmente invariato, attestandosi sui 519mila (contro i 517mila dell’anno precedente), a causa del ritardo della procedura valutativa delle istanze per emersione di lavoro (207.542[3]) della sanatoria del luglio 2020. Gli stranieri rappresentano nel complesso circa il 10% della popolazione presente in Italia al 1° gennaio 2021. I dati qui riportati restituiscono l’immagine di una popolazione in calo per il secondo anno consecutivo, in virtù, sia della flessione degli ingressi, sia del costante flusso di acquisizioni di cittadinanza (vedi paragrafo più in basso).

Irregolari. Come già accennato, è stabile alla data del 1° gennaio 2021 il numero di irregolari stimato da ISMU (519mila), tra i quali è ancora conteggiata la quasi totalità delle persone che nel 2020 hanno presentato domanda di emersione. L’iter delle domande è stato piuttosto lento anche nel corso del 2021: i dati più recenti segnalano che all’8 novembre 2021 le domande esaminate erano 92.876, pari al 44,7% , con esiti positivi nell’83,6% dei casi e un ulteriore 2,4% di rinunce.

Nel 2020 mortalità in aumento del 23,3% tra gli stranieri (contro il +17,7% tra gli italiani). Da segnalare il numero dei decessi tra gli immigrati che, se pur in termini assoluti sia del tutto modesto (in totale si contano 9.323 morti), nell’anno della pandemia segna una variazione di mortalità in aumento del 23,3% rispetto al biennio 2018-2019. La variazione di mortalità tra i cittadini italiani, la cui struttura per età è più “matura”, è stata invece del +17,7%, sei punti percentuali in meno rispetto a quella della popolazione immigrata.

Provenienze: il 70% viene da paesi extra-UE. Per quanto riguarda le provenienze degli stranieri residenti, al 1° gennaio 2021 il gruppo nazionale più numeroso continua a essere quello dei rumeni (1 milione e 138mila residenti, il 23% del totale degli stranieri residenti in Italia), seguito dagli albanesi (410mila) e dai marocchini (408mila). I cittadini dei paesi terzi coprono circa il 70% del totale (3milioni e 543 mila unità, includendo anche il Regno Unito).

Nuovi permessi di soggiorno: nel 2020 sono stati solo 107mila. Nel corso del 2020 sono stati rilasciati 107mila nuovi permessi di soggiorno, il numero più basso degli ultimi 10 anni (-40% rispetto al 2019). La diminuzione più consistente ha riguardato i permessi per studio (-58,1% rispetto all’anno precedente), cui seguono i permessi per asilo-umanitari (-51,1%), quelli per famiglia (-38,3%) e quelli per lavoro (-8,8%). In termini globali i cittadini non comunitari con regolare permesso di soggiorno in Italia sono diminuiti di circa il 7%, passando da 3 milioni e 616mila al 1° gennaio 2020 a 3 milioni e 374mila al 1° gennaio 2021.

Acquisizioni di cittadinanza: il nostro paese conta un milione e mezzo di nuovi italiani. Al 1° gennaio 2020 (ultimi dati disponibili) vivono in Italia oltre 1 milione e 500mila (di cui 335mila nati in Italia) “nuovi italiani”, che nati stranieri, hanno successivamente acquisito la nostra cittadinanza. Si deve considerare che ogni 100 stranieri ci sono in media 29 “nuovi cittadini”. L’acquisizione per residenza – che per i cittadini non comunitari richiede 10 anni di ininterrotta dimora in Italia – è stata di gran lunga la modalità più seguita. Si fa notare che alcuni provvedimenti  – circa il 6 % nel 2020 – riguardano discendenti di italiani emigrati all’estero che richiedono e ottengono la cittadinanza per ius sanguinis.

Sbarchi e ingressi via terra senza visto. Gli sbarchi sulle coste italiane nel 2020 sono stati oltre 34mila, circa il triplo di quanti registrati nel 2019. Nel 2021 gli sbarchi sono quasi raddoppiati per un totale di 67.040. I dati forniti dal Ministero dell’Interno, in risposta a una richiesta di Fondazione ISMU, quantificano in 6.718, pari al 10,7% di tutti gli ingressi registrati, gli accessi via terra senza visto tra il 1° gennaio e il 31 ottobre 2021. Si tratta di un dato parziale che già supera il dato complessivo per l’intero 2020 (5.247 ingressi via terra).

Richieste d’asilo. Nel 2020 le richieste d’asilo sono state 26.963, mentre il dato preliminare relativo al 2021 è di 56.388 domande. Nel 2020 sono state presentate 79 domande d’asilo ogni 100 sbarchi, valore che sale a 84 nel 2021. Nella seconda metà del 2021 si assiste a una forte crescita delle richieste di protezione di afghani: a fronte delle circa 600 domande annue nel biennio 2019-2020, le domande presentate nel 2021, anche a seguito dei ponti aerei da Kabul di fine agosto, sono 6.445 (+889%). Quella afghana è così la quarta nazionalità per numero di richieste di asilo nel 2021 (11,4%).

Minori stranieri non accompagnati: solo il 3% è in affido familiare. In Italia, uno dei principali paesi di approdo o transito per i minori stranieri non accompagnati (msna) insieme a Grecia e Spagna, al 30 novembre 2021 i msna erano 11.159 (+69% rispetto allo stesso periodo del 2020, in cui se ne contavano 6.601). Di tutte le domande di protezione presentate nel 2020 nell’UE+, cioè allargata (i 27 paesi membri, più Svizzera e Norvegia), circa il 4% arriva da msna. Per quanto riguarda le pratiche di accoglienza, si segnala che in Italia solo il 3% dei msna ha potuto beneficiare dell’affido familiare in alternativa al collocamento in comunità. Si fa presente che ISMU è uno dei partner del progetto FA.B!  (Family based care for children in migration), finanziato dalla Commissione europea per il biennio 2021-2022, che mira a diffondere la pratica dell’affido familiare per i minori giunti soli in 5 Paesi dell’UE: Italia, Grecia, Cipro, Malta, Spagna.

2) IL LAVORO

A quasi due anni di distanza dallo scoppio della pandemia Covid-19, l’emergenza sanitaria pare abbia definitivamente rotto il precario equilibrio sul quale si fonda il modello italiano di integrazione, rivelandone le implicazioni problematiche sul fronte della (in)sostenibilità. La pandemia ha accentuato la vulnerabilità della popolazione con background migratorio, già strutturalmente svantaggiata rispetto a quella italiana.

Immigrati e mercato del lavoro in Italia. Alla vigilia della pandemia (2019) in Italia si contavano, secondo la rivelazione continua sulle forze lavoro, oltre 4 milioni di stranieri in età attiva e quasi 2 milioni e 900mila stranieri attivi (ossia occupati o alla ricerca di un impiego), pari all’11,3% delle forze lavoro complessive[4].

A un anno di distanza (2020), i dati ripresi da varie fonti istituzionali e commentati all’interno del XXVII Rapporto ISMU, ci dicono che gli stranieri rappresentano il 10,8% della popolazione attiva e il loro peso sulle forze lavoro è sceso al 10,4% per effetto di un deciso incremento della componente inattiva, oltre cinque volte quello che ha interessato la popolazione italiana.

Sempre più immigrati inattivi. Se nel 2019 erano stranieri l’8,9% degli inattivi in età attiva, un anno dopo questa percentuale è salita al 9,9% (specularmente l’incidenza sugli occupati scende dal 10,7% del 2019 al 10,2% del 2020).  Tra il 2019 e il 2020, mentre nella popolazione italiana gli inattivi hanno registrato una crescita del 3,1%, nella popolazione straniera essi sono aumentati addirittura del 16,2% (nel 2020 gli inattivi stranieri sono 1.364.982).

Tassi di attività, occupazione e disoccupazione. Il tasso di attività degli stranieri registra una significativa diminuzione trainata dalla componente femminile, che perde addirittura 6,5 punti percentuali, ma rilevante anche per gli uomini (-3%).

Per la prima volta il tasso di attività delle donne straniere scende al di sotto di quello – già preoccupantemente basso – delle donne italiane: 52,8% contro il 54,9%.

A causa del peggioramento del quadro economico complessivo, il tasso di occupazione degli stranieri subisce una rilevante flessione, passando dal 61% del 2019 al 57,3% del 2020 (-2,2% per gli uomini, -4,9% per le donne), scendendo così, per la prima volta, a un valore inferiore a quello degli italiani (58,2%). In leggera diminuzione anche il tasso di disoccupazione degli stranieri (da 13,8% del 2019 al 13,2% del 2020), che si spiega però in ragione di uno scivolamento nell’area della inattività.

Gli effetti della pandemia sulle lavoratrici immigrate. Le donne straniere hanno registrato una riduzione del tasso di occupazione che è doppia rispetto a quella degli immigrati maschi. Dei 456mila posti che si sono persi tra il 2019 e il 2020, quasi un quarto è da attribuire alle sole donne straniere.

Imprenditoria immigrata. L’unico dato in controtendenza è rappresentato dagli andamenti relativi alle creazioni/cessazioni di imprese, che vedono nell’anno più segnato dalla pandemia (2020) un incremento pari al 2,3% dei titolari e soci nati all’estero. Anche nel primo semestre 2021 le imprese “straniere” (in cui cioè la partecipazione di persone nate all’estero è complessivamente superiore al 50%) registrano un saldo positivo di 16.197 unità, nettamente più elevato del corrispondente periodo del 2020 (e perfino del 2019, quando l’incremento netto delle imprese di stranieri fu di 10.205).

Aumenta la povertà. Si assiste a un ulteriore aggravamento della povertà, giunta nel 2020 a riguardare il 29,3% degli stranieri (rispetto al 7,5% degli italiani) e il 26,7% delle famiglie di soli stranieri (erano il 24,4% nel 2019), pari a ben 415mila nuclei familiari, che diventano 568mila se vi includiamo anche le famiglie miste (quelle cioè con almeno un componente straniero). Inoltre, sebbene più diffusa nel Mezzogiorno (dove arriva a interessare il 31,9% delle famiglie di soli stranieri), la povertà assoluta è cresciuta soprattutto nel Nord del Paese, passando dal 24,6% del 2019 al 28,4% del 2020. Da segnalare è l’alta incidenza di stranieri poveri ancorché occupati: 25%, cinque volte più alta di quella degli italiani (5,1%). Questo dato si spiega se si tiene conto, da un lato, della fragilità degli immigrati dal punto di vista patrimoniale e dall’altro, dei livelli delle retribuzioni: nel 2020 la retribuzione media annua dei lavoratori extracomunitari, pari a 12.902 euro, è inferiore del 38% a quella del complesso dei lavoratori.

La lezione che ci consegna la pandemia è dunque la necessità di una nuova governance dei processi migratori e di inclusione.  A tal proposito, il Settore Economia e Lavoro di Fondazione ISMU ha elaborato un Libro Verde (per scaricare il libro verte clicca qui) che vuole costituire una piattaforma di discussione per l’elaborazione di un “Libro Bianco” delle proposte di modifica del quadro legislativo in vigore e l’individuazione delle priorità in tema di governo e governance del mercato del lavoro.

3) GLI ALUNNI STRANIERI E IL SISTEMA SCOLASTICO ITALIANO

L’anno scolastico 2019/20 è stato un anno sui generis, segnato dalla chiusura nazionale – causata dalla pandemia – delle scuole di ogni ordine e grado, durata dal 9 marzo al 10 settembre 2020. La pandemia ha svelato i punti deboli dei complessi meccanismi di funzionamento del sistema scolastico già in essere da tempo, con il rischio di amplificare e accrescere ancor di più difficoltà di apprendimento e disuguaglianze di cui soffrono gli studenti più svantaggiati e con bisogni educativi speciali, tra cui gli alunni stranieri.

Gli alunni con background migratorio sono più di 870mila. Passando all’analisi degli ultimi dati disponibili relativi all’anno scolastico 2019/2020 si registra che gli alunni con cittadinanza non italiana (CNI) hanno superato le 870mila unità (quasi 20mila in più rispetto all’anno scolastico precedente). Essi rappresentano il 10,3% del totale degli iscritti nelle scuole italiane. Nell’a.s. 2019/20 il 57,4% degli alunni non italiani presenti nel sistema di istruzione frequenta il primo ciclo. Nonostante il fenomeno attraversi una fase di stasi, dal 2016/17 in avanti il numero degli alunni con CNI ha ripreso ad aumentare a fronte del costante decrescere degli alunni italiani: in quattro anni scolastici, la crescita è stata superiore alle 60mila unità.

La metà degli alunni stranieri ha origini europee. Gli studenti con CNI sono originari di circa 200 paesi differenti e quasi la metà di essi ha origini europee, ¼ africane, il 20% asiatiche. Romania, Albania, Marocco e Cina costituiscono ancora le comunità più numerose nelle scuole, superando ciascuna di gran lunga le 100mila presenze.

Il 65,3% si concentra al Nord. Anche i dati del 2019/20 confermano che la maggioranza degli studenti con CNI si concentra nelle regioni settentrionali (65,3%), a seguire nelle regioni del Centro (22,2%) e nel Mezzogiorno (12,5%).  La Lombardia è, da sempre, la prima regione per numero di alunni stranieri con oltre 224mila presenze (25,6% del totale presente in Italia). La provincia italiana con il più alto numero di alunni stranieri è Milano (quasi 80mila), seguita da Roma (più di 64mila) e Torino (quasi 40mila).

Le scuole italiane non toccate dal fenomeno migratorio sono il 17,9%. Nel 2019/20 le scuole non coinvolte nel fenomeno migratorio continuano a diminuire nel tempo (sono 9.939, pari al 17,9% del totale delle scuole italiane). Cresce invece il numero di quelle con il 30% e oltre di alunni con origine immigrata (+0,4% rispetto all’a.s. precedente per un totale di 3.809 scuole).

I nati in Italia rappresentano il 65,4% degli alunni con CNI. Rispetto all’a.s. precedente i nati in Italia nel 2019/20 sono aumentati di 20mila unità e hanno raggiunto oltre 570mila presenze, cioè il 65,4% degli alunni con cittadinanza non italiana. Le percentuali più alte di allievi nati in Italia si ritrovano tra i più piccoli: circa 82 ogni 100 alunni con background migratorio delle scuole dell’infanzia sono nati nel nostro Paese.

Il 30% degli studenti con CNI è in ritardo scolastico. Il ritardo scolastico riguarda circa il 30% degli alunni con CNI (contro il 9% degli alunni italiani). Rispetto a 10 anni fa la quota di studenti stranieri in ritardo si è ridotta di oltre 10 punti percentuali. Nonostante questi miglioramenti il ritardo rimane ancora molto elevato per i non italiani, soprattutto nelle secondarie di secondo grado in cui il 56,2% degli studenti di origine immigrata è in ritardo di uno o più anni. Nel 2020 gli ELET (Early Leavers from Education and Training) nati all’estero – ovvero la percentuale di giovani tra i 18 e i 24 anni che non è in possesso di un titolo di istruzione secondaria superiore o di una qualifica professionale e che non è inserita in percorsi scolastico-formativi – sono il 32,1% dei 18-24enni stranieri, ovvero il triplo degli autoctoni che si fermano all’11%. La quota di NEET (Not in Education, Employment or Training, ovvero i giovani che non studiano né lavorano) nati all’estero si attesta al 36% (+4,1 % rispetto al 2019) del totale dei giovani nati all’estero tra i 15 e i 29 anni residenti in Italia.

Gli iscritti al liceo superano per la prima volta quelli iscritti agli istituti professionali. Negli ultimi 10 anni si è ridotta la presenza degli alunni stranieri negli istituti professionali (-9,8% in 10 anni scolastici) ed è aumentata circa in egual misura la presenza nei licei (+9,3%). Nell’a.s. 2019/20 i liceali fra gli studenti con background migratorio arrivano a rappresentare il 30,9% (con 63.261 frequentanti) degli iscritti non italiani nel secondo ciclo di istruzione e superano, per la prima volta per numerosità, gli iscritti gli istituti professionali (63.117).

4) SALUTE

In Italia la popolazione immigrata ha risentito maggiormente rispetto a quella italiana delle conseguenze dell’ondata di Covid-19. Da recenti studi emerge come i migranti possano essere a maggior rischio di morbosità e mortalità per infezione da Covid-19 per via delle condizioni di vita e di lavoro e delle barriere di accesso all’assistenza sanitaria. Dei casi confermati di Covid analizzati tra febbraio e luglio 2020, il 7,5% atteneva a cittadini non italiani. Tali studi rilevano che i casi di Covid tra la popolazione straniera sono stati diagnosticati circa due settimane in ritardo rispetto ai casi italiani (con un picco di 4 settimane per i migranti provenienti da paesi con un basso Indice di Sviluppo Umano). Di conseguenza le infezioni tre le persone non italiane sono state diagnosticate in modo meno tempestivo, in una fase della malattia più avanzata e con sintomi più gravi. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), il ritardo nelle diagnosi è attribuibile  a diversi fattori, quali la difficoltà nell’accesso alla medicina territoriale (medici di base e ambulatori), le barriere linguistiche, amministrative, legali, culturali e sociali che – da sempre – ostacolano un veloce accesso ai servizi sanitari, oltre al fatto che gli stranieri potrebbero aver temuto il rischio di isolamento/quarantena e, di conseguenza, restrizione o blocco della propria attività lavorativa.

Il XXVII Rapporto sulle migrazioni 2021 di Fondazione ISMU tratta anche altre tematiche di attualità: atteggiamenti e orientamenti degli italiani; le esperienze delle donne migranti in termini di discriminazione e di valorizzazione positiva; i rifugiati e l’azione umanitaria; il fenomeno migratorio e le elezioni comunali; le misure alternative alla detenzione; l’affido familiare dei minori stranieri non accompagnati. Infine, anche quest’anno è riservato uno sguardo all’Europa, in special modo alle nuove prospettive della politica migratoria dell’Unione nell’era post-Merkel, e al mondo, con una particolare attenzione alle iniziative politiche bilaterali con i paesi africani.

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[1] In pendenza della procedura di regolarizzazione ai sensi del decreto-legge n. 34/20 al 1.1.2021, si sono lasciati nell’insieme degli irregolari anche gli immigrati che, da irregolari, hanno fatto domanda di sanatoria, con soggiorno perciò regolare ma sub iudice.

[2] Alcuni dati riportati nel comunicato stampa differiscono da quelli pubblicati nel XXVII Rapporto sulle migrazioni 2021, poiché sono stati riaggiornati dopo la pubblicazione del volume.

[3] Il dato non comprende gli esiti delle circa 13mila istanze per ricerca di lavoro.

[4] Questi dati non corrispondono esattamente a quelli riportati nella precedente edizione del Rapporto ISMU, poiché nel frattempo l’ISTAT ha proceduto a una revisione.