Tina Modotti, sorella, tu non dormi, no, non dormi:

forse il tuo cuore sente crescere la rosa

di ieri, l’ultima rosa di ieri, la nuova rosa.

Riposa dolcemente, sorella.

La nuova rosa è tua, la nuova terra è tua:

ti sei messa una nuova veste di semente profonda

e il tuo soave silenzio si colma di radici

Non dormirai invano, sorella.

Puro è il tuo dolce nome, pura la tua fragile vita:

di ape, ombra, fuoco, neve, silenzio, spuma,

d’acciaio, linea, polline, si è fatta la tua ferrea,

la tua delicata struttura.

Sono i tuoi, sorella: quelli che oggi pronunciano il tuo nome,

quelli che da tutte le parti, dall’acqua, dalla terra,

col tuo nome altri nomi tacciamo e diciamo.

Perché non muore il fuoco.

Questa poesia è stata scritta da Pablo Neruda il 5 gennaio del 1942 a poche ore dalla morte improvvisa, a Città del Messico, della fotografa e rivoluzionaria Tina Modotti, sola su un taxi che la portava a casa.

Una morte silenziosa. L’annuncio della sua fine provoca in Messico e in tutta l’America Latina una fortissima emozione. Un mese dopo, in una Galleria della capitale, vengono esposte le sue fotografie. Operai, contadini, donne, intellettuali affollano la sala.

Tina Modotti in una foto di Edward Weston nel 1921

Anni prima, quando il Partito Comunista Messicano era stato messo fuori legge, l’esposizione delle opere di Tina Modotti, organizzata dall’Università, era stata un’affermazione rivoluzionaria.

Nel 1944 le sue fotografie entrano nel Museo d’Arte moderna di New York. Certamente, data la sua timidezza e la soprattutto sua modestia, Tina non avrebbe mai pensato ad una mostra delle sue opere che non considerava di valore. Eppure, lei è stata la prima vera reporter sociale. Le sue immagini parlano dello sfruttamento, della miseria, della forza di un popolo. Documenti di ribellione all’ingiustizia ma anche foto di magistrale tecnica (fu, infatti, il fotografo americano Edward Weston il suo maestro) ed ella vi trasferì la sua grazia, il suo buon gusto, la sua ricca e appassionata personalità,

Nata a Udine nel 1896, Tina dedicò con impegno totale la sua vita, rammaricandosi di aver cominciato troppo tardi, alla causa della libertà e dell’uguaglianza. Prima in Messico poi in Spagna fu sempre vicina ai più deboli nei luoghi e nei momenti più difficili.

Nel 1930 venne espulsa dal Messico accusata ingiustamente prima dell’assassinio del suo compagno, il giovane rivoluzionario cubano Julio Antonio Mella, poi di un complotto ai danni dello Stato. Si trasferisce in Germania e da qui in Unione Sovietica dove ufficialmente lavora come infermiera volontaria per il Soccorso Rosso Internazionale ma, quasi certamente, come agente della polizia segreta.

Cinque anni dopo emigra nuovamente e arriva in Spagna praticamente alla vigilia della Guerra civile. Si arruola nelle Brigate Internazionali insieme al suo compagno dell’epoca Vittorio Vidali, con i nomi di battaglia di Maria e Comandante Marcos.

Nel 1939 dopo la conquista del potere dei Franchisti capeggiati da Francisco Franco, torna nuovamente in Messico dove muore nella notte della Befana del 1942.

Muore su un taxi, Sempre bella. Sempre, nonostante tutto, sola.

A Tina Modotti la romana casa delle donne di Via della Lungara ha dedicato una mostra fotografica arricchita dalla lettura di poesie e lettere di lei con un repertorio di canzoni messicane eseguite da Eleonora Tosto con Matteo Bottini alla chitarra e da una Tavola rotonda dall’eloquente titolo: “Tina Modotti: donna, fotografa, militante”. Lo stesso titolo dato alla mostra, un progetto dell’Associazione culturale 8 marzo in collaborazione con la Segreteria di cultura del Governo del Messico realizzato con i materiali concessi dal Servizio nazionale di fototeche dall’Istituto Nazionale di antropologia e storia della città di Pachuca Hidalgo. Alla Casa delle donne sono state esposte 60 immagini scattate tra il 1923 e il 1930, Patrimonio della Fototeca nazionale – Fondo Tina Modotti cui furono donate da Carlos Vidali, figlio di Vittorio, Deputato e Senatore del PCI negli anni 60, ultimo compagno della fotografa.