Marcia di migranti dalla città  hondureña di San Pedro Sula verso il Messico per raggiungere gli Stati Uniti

Da questa parte dell’oceano li chiamerebbero migranti economici, sebbene molti di loro avanzino richieste di asilo. Sono partiti in 160, dalla città hondureña di San Pedro Sula. Lungo il percorso sono diventati più di 7 mila e i governi dell’Honduras, del Guatemala, malgrado le tremende minacce di ritorsione di Trump, non sono riusciti a fermarli. Adesso è il turno del Messico, dove avanzano occupando intere carreggiate su strade e autostrade e allestiscono campi improvvisati. Alla frontiera Usa li aspetteranno centinaia di soldati, l’esercito schierato per far fronte all’emergenza nazionale e per far vincere a chi governa le elezioni di metà mandato. Muri e recinzioni non sarebbero bastati a fermare la lotta più semplice, diretta e sorprendente per la libertà di movimento

Articolo di Claudia Rafael

Gli odori si mescolano. Urina, sudore, puzzo di corpi stanchi, escrementi. Sono il cocktail dei sovraffollamenti umani. La carovana cresce. Si alimenta di altri affamati. Di nuovi disperati che vedono solamente la speranza nella strada. Senza certezze di dove. Perso per perso, la strada è ciò che salva. L’un l’altro si nutrono del sogno della terra promessa che non li aspetta ma che li teme. Che li colloca, rabbiosamente, nell’ambito del pericolo. Di quello che è tollerabile solo nella più totale lontananza.  Sono migliaia e migliaia. Che attraversano città, villaggi, reticolati. Che attraversano torrenti, fiumi, ponti.

Sono già dieci giorni (ormai 16, ndr) di cammino in cui i sofferenti aumentano. Che non sanno di muri né di recinzioni.

“Non c’è ritorno per loro perché provengono da una carestia di secoli e arrivano seguendo l’odore del cibo. L’obiettivo è sempre più vicino. Le trombe hanno iniziato a suonare. L’odio è servito “, ha detto José Saramago. Perché la carovana di migranti si ripete nel tempo. Si trova in geografie dissimili. Sale sulle carrette del mare per superare le acque del Mediterraneo e irrompere nell’Europa promettente e prepotente. Si intrufola nelle fessure e sui tetti de La Bestia [1] per irrompere negli USA e pensare di essere protagonisti del grande sogno americano.

Oppure scendono nelle strade, dall’Honduras, per attraversare il Guatemala, il Messico e farsi infine trofeo nel regno di Trump, che non è il regno dei cieli. Ci saranno inferni lungo la strada e sulla linea di arrivo, se esiste. La carovana, nel frattempo, si accresce di bambine e bambini, di donne e uomini che stanno infrangendo le loro paure. Non saranno mai di quel luogo che cercano ma nemmeno più della terra che è rimasta alle spalle. Saranno i paria eterni che non potranno incassare i conti dei padroni del capitale perché guarderanno sempre attraverso vetri sporchi la ricchezza degli altri.

Mi scusi signore, se la sala si è riempita di poveri e non smettono di arrivare, dal retro, per terra e per mare, canta Serrat in una simbologia della carovana che è oggi ma che va avanti da secoli.

Perché la torta ha una spartizione vile. E i proiettili, le sbarre e i gas lacrimogeni aspettano pazientemente la carovana. Come ha aspettato le bambine e i bambini che a centinaia sono stati separati dai loro genitori nell’America di Trump e sono stati gettati nei centri di detenzione, affondati nel freddo estremo, in celle con il filo spinato, l’acqua e il cibo in cattivo stato. Dove sono stati molestati in mille modi possibili.

Mi scusi signore, ma questa situazione va di male in peggio. Arrivano a milioni e curiosamente, vengono tutti fino qui, continua il Nano (Juan Manuel Serrat). Ma il signore non ascolta e accerchia ancora il suo castello di robocop moderni, disposti a difendere con le unghie e gli esplosivi un sistema nato per la crudeltà.

La carovana è ancora in viaggio. Ed è una forte realtà degli effetti dell’iniquità. Ma anche una metafora dei diseredati che prendono d’assalto il palazzo d’inverno per gettarsi di diritto nella primavera collettiva.

Pubblicato su Agencia de Noticias Pelota de Trapo con il titolo La caravana del hambre – Traduzione per Comune-info: Daniela Cavallo