“Retaggio di una concezione patriarcale della famiglia”, così la Corte Costituzionale definisce l’attuale sistema di attribuzione del cognome a figli e figlie, retaggio, dice, di “una tramontata potestà maritale, non più coerente con i principi dell’ordinamento e con il valore costituzionale dell’uguaglianza tra uomo e donna.”

L’11 febbraio è stata depositata l’ordinanza n. 18 con la quale la Corte Costituzionale ha deciso, a gennaio, di sollevare dinanzi a se stessa la questione di legittimità dell’articolo 262, primo comma, del Codice civile, che detta la disciplina dei figli nati fuori dal matrimonio. In questo modo, la Corte va oltre rispetto alla richiesta del tribunale di Bolzano che aveva sollevato la questione nel caso di disaccordo, tra i genitori, sul cognome da attribuire. La questione va affrontata alla radice, dice la Corte, sollecitando ancora una volta il parlamento ad intervenire. Nel 2016, con un’altra sentenza la Corte definì “indifferibile” la riforma della legge che prevede l’automatica attribuzione del cognome paterno a figli e figlie.