Napoli, da sempre nota come città aperta ed includente, seppure come ogni metropoli con i suoi lati oscuri e a volte violenti nei confronti delle diversità, è stata protagonista nei giorni scorsi di un evento molto significativo. Una dimostrazione di apertura, della Chiesa cattolica, al passo con i nuovi indirizzi di Papa Francesco.

Sabato 26 marzo si è svolta, nella Basilica di San Giovanni Maggiore, una mattinata di ascolto e di riflessione sulle difficoltà vissute dalle persone transessuali, per la prima volta, un dibattito “laico” sul tema transessualità e fede.

L’evento, intitolato “Vite al buio”, è stato organizzato dalla Curia e condotto dal parroco della Basilica, don Salvatore Giuliano. Hanno partecipato la fondatrice dell’Associazione Transessuali Napoli Loredana Rossi, Vladimir Luxuria e l’attore Peppe Barra, alla presenza di numerosi cittadini,  di alcune scuole di secondo grado della città e di un gruppo folto di transessuali seduti nel transetto della chiesa.

Dopo aver chiarito lo spirito e l’intento dell’iniziativa, don Salvatore Giuliano ha mostrato il Crocifisso del secolo XV dell’ospedale psichiatrico di Aversa, luogo in cui venivano recluse le donne transessuali e restaurato grazie al contributo di Vladimir Luxuria: “In quell’ospedale – ha detto Luxuria – venivano rinchiuse quelle come me”. Un simbolo importante, dunque, ed eloquente delle sofferenze che hanno patito e spesso devono ancora patire le persone transessuali.

Esprimendo a pieno la sua emozione, per essere stata invitata a parlare in chiesa di transessualità, Luxuria ha raccontato la sua vicenda di fede, disperazione, rinascita. Da piccola era stata chierichetto, sottolineando l’importanza dell’appartenenza alla comunità cattolica; quando aveva avvertito il suo essere donna prevalere su ogni altro sentire, come prima cosa si andò a confessare ed il confessore le rispose di soffocare quello che sentiva. “Ed io l’ho fatto!”, ha raccontato. Dopo qualche anno, però, non ha più potuto tradire sé stessa, si è allora allontanata dalla Chiesa e ha trovato una accoglienza spirituale nel buddismo. Un giorno, dopo essere diventata un personaggio pubblico, le chiesero di partecipare a un’intervista insieme a Don Gallo, prete genovese. Luxuria ha raccontato che immaginava di trovarsi in una delle “solite” interviste e quindi si era preparata ad uno scontro, ma in quell’occasione Don Gallo rispose alla domanda “cos’è la transessualità?” con un sorprendente: “un dono di Dio”. Luxuria rimase così meravigliata da quella affermazione da pensare a uno scherzo. Era la prima volta che sentiva una parola di conforto provenire da un uomo di Chiesa. Da allora sono diventati molto amici e gli è stata molto vicina, anche durante la malattia e fino agli ultimi suoi giorni.

L’episodio che l’ha vista però definitivamente riavvicinarsi alla Chiesa, è stato proprio a Napoli, durante una visita al santuario di Santa Francesca della Seggiola, nei quartieri spagnoli, luogo dove le future mamme vanno a chiedere la grazia. Celebravano la messa e lei, per non essere notata, si era messa un po’ in disparte. Era entrata al momento in cui il prete durante la cerimonia dice “O Signore non sono degno di partecipare alla tua mensa ma dì soltanto una parola ed io sarò salvato” e, mentre gli altri andavano a fare la comunione, una vecchina le si rivolse così, in dialetto: “Che aspiett’? Vatt’ a fa a Communione!”. Per lei è stata la parola attesa.

Loredana Rossi ha raccontato la sua esperienza giovanile, che l’ha vista in pochi giorni, dopo essere stata cacciata di casa dal padre per la vergogna di sapere un figlio omosessuale, diventare da “uaglione ‘e cas’” – ragazzo di casa – a essere un “femminiello”, termine che indica in dialetto napoletano in prima battuta i maschi effemminati, ma che contiene elementi socio-antropologici molto più profondi, a battere sulla strada. Il racconto di Loredana è stato molto drammatico seppure reso a volte esilarante solo grazie ad una connaturale teatralità dovuta più ad un atteggiamento introiettato che ad una vera comicità dell’argomento.

Anche Loredana era molto emozionata di parlare in chiesa e più volte ha sottolineato il cambiamento dei tempi, ricordando sia i momenti duri degli anni ’80, in cui i “femminielli” venivano aggrediti, vituperati, umiliati e sfruttati, sia i casi di disperazione di tanti giovani che purtroppo cadevano nella droga se non addirittura morivano suicidi, fino ad arrivare alla giornata odierna, dove si respira un’aria rinnovata grazie anche alle nuove parole del Papa e alla presenza di giovani preti che, come don Salvatore, stanno avendo parole di apertura e di conforto. Questa cosa, sottolinea Loredana, è molto importante soprattutto perché – dice- “tutti i femminielli sono credenti”.

Don Salvatore, che ha moderato la discussione con grande capacità, facendo sentire sia gli ospiti che noi spettatori in un’atmosfera accogliente e mai eccessiva, ha ricordato, con un certo biasimo, una propria esperienza di giovane seminarista: si trovò ad incrociare, durante una cerimonia, lo sguardo torvo di un suo superiore, molto anziano, per la presenza di un transessuale.

Ultimo degli ospiti a prendere la parola, l’attore Peppe Barra che ci ha portati, con ricordi d’infanzia, del teatro e della Basilica, ad una Napoli “antica”, con una “certa nostalgia” per un clima spirituale in chiesa che dice rimpiangere oggi. Ma, avverte Peppe Barra, non bisogna lasciarsi ingannare sulla presunta tranquillità raggiunta dagli omosessuali, ancora riceve molte telefonate di giovani ragazzi che sono in forte conflitto con la famiglia e soprattutto con la figura paterna: ’’A mamma è semp’ ‘a mamma, te vò bbene, te abbraccia e te vò!”, il padre, invece, spesso rifiuta per vergogna e molte volte compie gesti di ripudio dei propri figli ancora oggi, nel 2022. Per finire, l’artista ha voluto ricordare e ringraziare un precursore italiano, amato ma anche fortemente osteggiato fino al giorno della sua morte, di questa possibilità di dialogo fra mondo omosessuale e Chiesa cattolica: il poeta Pier Paolo Pasolini, del quale è caduto il centenario della nascita proprio nel marzo di quest’anno.

Quest’ incontro, l’aver dato la possibilità di parlare di omosessualità, di dare voce ai transessuali e di fare tutto ciò in una chiesa, anzi in una Basilica, rappresenta la dimostrazione tangibile che la chiesa cattolica sta compiendo ed attuando un passaggio di rinnovamento epocale al passo con i tempi e direi … finalmente!