Venerdì 3 marzo, alle ore 18.00, presso lo spazio Wespace Gallerie d’arte a Napoli (Vico del Vasto a Chiaia,52) si terrà una tavola rotonda sul libro “Che c’entriamo noi, Racconti di donne, mafie, contaminazioni” (edito da Mimesis). Saranno presenti le autrici Gisella Modica, Rossella Caleca e Floriana Coppola, modererà Teresa Lucente. Parteciperanno alla discussione Matilde Cesaro e Chiara Guida e diverse associazioni tra cui Donne di carta, Collettivo 105, Epochè club.

Il libro nasce da un’intuizione di Gisella Modica, che ne è la curatrice insieme ad Alessandra Dino. Attraverso i racconti di diciassette donne, articolati in quattro parti si dipana una strategia di contrasto al pensare e all’essere della mafia. Perché non solo la mafia continua ad esistere e a prosperare, come conferma la procuratrice capo di Palermo, Lia Sava, proprio alla presentazione di questo libro; ma perché si dimostra che non può esserci una lotta alla mafia che consiste in un taglio netto: un noi e un loro. Non può esserci una presa di distanza sia pure necessaria se non partendo da se stesse, se non prendendo parola, e offrendo la propria testimonianza. È la parola l’arma che crea la dissonanza, che sconvolge trame, che svela i non detti che fanno parte della vita quotidiana, apparentemente banali ma soverchianti e angoscianti per chi scopre di non poterli più sopportare.

E’ lo sforzo di sottrarsi a un doppio regime patriarcale e mafioso che si alimentano e si rafforzano a vicenda. Si alternano così le storie di madri, sorelle, compagne di vittime delle mafie che hanno scelto di non tacere e di denunciare, di indicare i colpevoli, non solo quelli materiali ma storici, sociali, psicologici che rendono possibile il dominio mafioso; un nome per tutte Felicia Impastato, madre di Peppino, che letteralmente nega e stravolge l’ambiente in cui è sempre vissuta.

Un modello, perché lei e le altre donne sono partite da se stesse, si sono messe in discussione, hanno separato il sé dal loro ambiente e hanno preso coscienza spiazzando il potere performativo della parola.

Bisogna allora prendere atto che se si vuole avviare un vero cambiamento e se si deve dire cos’è la mafia bisogna stare nel groviglio delle relazioni, accettare la contaminazione per avviare attraverso un processo di consapevolezza un percorso di crescita che non può che essere collettivo oltre che individuale.

Non solo un libro di testimonianze, dunque, ma un libro forte di un approccio radicalmente femminista. Sono storie di donne che si mettono in gioco partendo da sé, tessendo relazioni per costruire nuove pratiche. Non a caso, una delle autrici, Rossella Caleca, richiama la lezione di Donna Haraway allorché riporta al con-divenire nel mondo di nature, culture, soggetti e oggetti che si costituiscono nell’intra-azione, la costruzione di relazioni. Laddove è l’ambiguità e l’ambivalenza di ognuno di noi ciò che consente di conoscere l’altro a partire dal proprio inconscio e di costruire nuove relazioni tra sé e il mondo circostante trasformandolo. E trasformare si può qualunque cosa, anche il mondo in cui si alimenta e vive il fenomeno mafioso.