schiaveUn articolo di Repubblica del primo Marzo titola “i bassi delle schiave giovani e minorenni” e va ringraziata la scrittrice Valeria Parrella che ha fatto sollevare lo sguardo su persone che normalmente sono costrette a convivere con il disprezzo dei vicini, le vessazioni degli sfruttatori, il dolore di una condizione determinata dal ricatto e dalla violenza.

La descrizione della realtà vissuta delle donne definite schiave, e l’azione di “Fuori Tratta” sono gli elementi su cui si impernia l’articolo sollecitato dalla segnalazione fatta dalla scrittrice al Sindaco.

Tra le righe emerge con grande forza “l’incomprensibile” latitanza della politica difronte all’applicazione di norme esistenti nei codici penale e amministrativo. Se è vero che in Italia il cliente del mercato derivante dalla prostituzione organizzata non è responsabile di nulla, è un fatto che il sesso a pagamento con minori è un reato gravissimo e che il rapporto sessuale tra un adulto e una minore si prefigura come “violenza presunta”.

L’evidenziare come “fenomeno sociale” qualcosa che prima di tutto attiene alla responsabilità personale e alla sfera della criminalità organizzata, al di là delle buone intenzioni di chi dà conto dei fatti, è la trappola nella quale tutte e tutti cadiamo a causa dell’anestetizzazione culturale causata dalla normalizzazione della tratta di esseri umani, nascosta dietro la definizione asettica del “servizio sessuale” (proprio questo tra gli altri argomenti contro, cioè che la maggioranza delle donne prostitute sono vittime di tratta, sta generando seri ripensamenti in paesi che hanno regolamentato il sesso a pagamento, come l’Olanda e la Germania).

Valeria Parrella ha fatto quello che le competeva e che poteva, come intellettuale, mentre molti soggetti pubblici risultano omissivi in un campo dove la prima responsabilità consiste nell’espressione della volontà politica di intervenire per favorire l’applicazione delle leggi Italiane e della convenzione di Istanbul, visto che le donne nella rete prostitutiva sono sottoposte a violenze prima, durante e dopo essere state asservite a quella rete.

Pensiamo che la disinformazione ambientale e personale delle vittime sia uno degli elementi complici della mancata salvaguardia di quelle che l’articolo definisce schiave e pensiamo che il Sindaco interpellato dalla Parrella possa farsi promotore, per esempio, del coinvolgimento di giornali e televisioni nella diffusione delle informazioni riguardanti le leggi vigenti sulla concessione del soggiorno alle donne che denunciano violenze, soprusi e sfruttamento.

Sarebbe questo il modo più chiaro per comunicare che la violenza contro le donne resta inaccettabile anche e soprattutto nel presunto diritto determinato dal pagamento, e che lo sfruttamento delle e dei minori è la parte più rilevante di quello che, con espressione improvvida, viene definito “il mestiere più antico del mondo”.

Udi di Napoli, Salute Donna, Arcidonna Napoli