Coro Selvatico e Popolare di Reggio Emilia, diretto, dalla formazione (2012) dal Maestro Tiziano Bellelli, insegnante di musica e cantautore, conta circa 40 persone, misti per sesso e per età, determinati a “rilanciare e mantenere viva la memoria della Resistenza, dell’antifascismo e dell’impegno sociale” come recita la nota biografica, attraverso la ricerca, lo studio e l’interpretazione di materiali testuali e musicali, per lo più “reggiani”, tratti da biblioteche pubbliche e private, archivi, eredità familiari, ricordi infantili e scolastici.

I due aggettivi, selvatico e popolare, ben attengono al “carattere” determinato e fiero della matrice contadina, operaia, artigiana cui le generazioni attuali guardano come bene condiviso ereditandone l’attivismo, trasversale, delle reti di aiuto e sostegno, e una invidiabile quanto civile socialità.

L’impegnativo repertorio intercala canzoni e narrazioni: Emilia Resistente-canti di lotta, lavoro e libertà è una ricerca in itinere di materiali musicali e testuali legati al territorio emiliano e particolarmente “reggiano”, sul filo della memoria, della testimonianza, della consegna alle nuove generazioni di ciò che biblioteche pubbliche e private, archivi, eredità familiari conservano in merito al periodo 1880-1980. Quasi un secolo in cui tutto è cambiato ma di cui si rintracciano nomi e vicende, individuali e collettive, che avvicinano e spiegano lo ieri e l’oggi nella storia dell’Italia postunitaria; nel superamento di una dittatura e di due guerre mondiali, fino alla Resistenza e alla Liberazione, alla Repubblica. La proposta va “…dalle estenuanti fatiche dei braccianti (Gli scariolanti) attraverso la lotta operaia delle Officine Reggiane (R60, 1951), e la sommossa contro il risorgente fascismo (Morti di Reggio Emilia, 1960), terminando con l’epico e struggente Va pensiero (1842) di G. Verdi, metafora-simbolo contro tutti i dominatori.”

Ben tre canzoni, tutte molto commoventi, ricordano i 7 Fratelli Cervi, nati a Campegine partigiani trucidati il 28 dicembre, a Reggio Emilia, nel 1943, in rappresaglia per l’uccisione di un funzionario fascista. Il più adulto, Gelindo, aveva 42 anni, il più giovane, Ettore, 22 anni. Sulle montagne reggiane operavano come GAP (Gruppi d’Azione Patriottica) e la loro casa, nel podere di Campirossi, era un rifugio per antifascisti, stranier* di vari paesi, in fuga dal nazismo e per i renitenti alla leva della Repubblica di Salò (1943-1945) voluta da Hitler per governare i territori italiani del centro-nord rimasti in mano ai nazi-fascisti dopo l’armistizio di Cassibile (8 settembre 1943) e la fuga di re Vittorio Emanuele III da Roma; i Repubblichini erano italiani fascisti, fedeli a Mussolini e a Hitler.

Il motto del reggiano Camillo Prampolini (avvocato e deputato socialista, figura di alto profilo democratico e fautore dell’equità sociale, morto nel 1930), “Uniti siamo tutti, divisi siamo niente” in riferimento alle lotte per il lavoro e all’antifascismo della prima ora, rimase vero nella Resistenza e per un’Emilia che non dimentica, costellando il territorio di targhe e monumenti, titolazioni stradali che ricordano il sangue versato tra Ottocento e Novecento nelle lotte per il lavoro e per la libertà.

Quest’anno, il 23 giugno, ricorre il 79mo anniversario dell’Eccidio de La Bettola (Comune di Vezzano sul Crostolo, il fiume che bagna Reggio Emilia). Quel borgo ricorda e insegna: nello scontro a fuoco seguito a una fallita distruzione del ponte, morirono sia tedeschi che partigiani, ma all’una di notte del 24, 50 uomini della gendarmeria tedesca irruppero nelle case e alcun* ne uccisero dentro, altr*, donne e bambin*, radunati dietro la locanda della Bettola, specie donne e bambin*, li mitragliarono, li coprirono di tronchi, li cosparsero di benzina e arsero, gettando nel rogo anche altre vittime, trucidate a colpi di bastone e di pistola.

Oggi, il Sentiero della Strage della notte di San Giovanni è percorso da scolaresche.

In quest’anno già di nuova guerra in Europa, e con più di un centinaio altrove, che mette a dura prova il “ripudio della guerra” voluto da Madri e Padri costituenti, ben consci di ciò di cui si stava parlando, perciò capaci di cucire un vestito democratico che stesse stretto ad aspiranti autocrat*, ringraziamo il Coro Selvatico e Popolare di Reggio Emilia per averci permesso di attingere al prezioso canzoniere in cui ogni canto è preceduto da una narrazione a più voci, coordinata dall’attrice e corista Patty Garofalo, che contestualizza il contenuto.

Es.: La Canzone della lega (1910), che inizia con il celeberrimo Sebben che siamo donne / paura non abbiamo / per amor dei nostri figli / in lega ci mettiamo / Oilì oilì oilà….. è così descritta:

“Una delle rarissime canzoni popolari dell’epoca in cui le donne hanno un ruolo politico attivo. Nata nella valle del Po’, tra il 1890 e il 1914, entra presto nel repertorio delle mondine. Rappresenta la rivolta dei contadini contro i padroni alla fine del XIX secolo, quando le leghe contadine e operaie, poi confluite nelle organizzazioni comuniste, socialiste e anarchiche che cominciavano a formarsi. Le canzoni delle donne nascono dalla realtà che vivono. Un bisogno di fare materia di canto della propria esperienza che unisce realtà a volte diverse come quelle delle compagne, delle femministe, delle sindacaliste, delle mondine, delle partigiane. Le canzoni delle donne sono anch’esse esercizio di autocoscienza nate da una verifica di se stesse, entrando nella storia del ‘900.”

Es.: Sento il fischio del Vapore con prima strofaSento il fischio del vapore / l’è il mio amore che va via / e l’è partito per l’Albania / chissà quando è un canto è un canto “tramandato da Giovanna Daffini, mondina e cantastorie, probabilmente ispirato dalla spedizione italiana in Albania del 1914 e inserito nel clima antimilitarista della Settimana Rossa. Le donne sono protagoniste durante la guerra per il contributo lavorativo ma anche attive contro la guerra e il fascismo.”

In merito sono ricordate: Stella Nardini (Scandiano, 1909), antifascista “…sottoposta a vigilanza per la mia attività contro la guerra. Nessuno sa come sono morta”;l’anarchica Olga Sessi (Gualtieri, 1885), tra le maggiori sovversive italiane anni 1915 -’20 “… e fui costretta a migrare da una città all’altra per lavorare e vivere. Nessuno sa come sono morta”; la modenese Libera Zanoni, antifascista “… Dopo un colloquio nel commissariato di Modena, uscendo un cecchino fascista mi ha uccisa”.

A conclusione: “Cantiamo anche per le molte donne prostitute che, per aver rifiutato ricatti da parte di militari e gerarchi fascisti, furono inviate in manicomio e lì abbandonate. Altre furono costrette al confino, spesso violentate e costrette a vagare da una città all’altra. Molte morirono di stenti e sopraffazioni”.

Esemplare la lotta delle Officine Reggiane “…teatro di eventi a partire dalla seconda guerra mondiale come l’eccidio del 28 luglio 1943 dove perdono la vita nove operai, tra cui Domenica Secchi:

Ero una bella donna. Non per vantarmi, ma molti si voltavano, quando andavo e tornavo in bicicletta dalle Reggiane. Forse qualcuno si ricorda ancora di quello sciame colorato che attraversava Reggio Emilia. Sempre agli stessi orari. Ci si poteva mettere a posto gli orologi. Io, però, preferivo che mi guardassero per la mia pancia. Ero orgogliosa di aspettare un bambino. Fare figli quando c’è una guerra è un atto di coraggio e di speranza. È pensare alla vita, quando fuori si progetta la morte. O, come in fabbrica, la morte la si costruisce sotto forma di pezzi per l’esercito. Ci hanno ucciso in nove. Come cani. Davanti alla fabbrica.

Io avrei potuto anche farcela a nascondermi, ma è stato il mio pancione ad impedirmelo. Ero troppo grossa e in quella porta proprio non ci sono entrata. Così con una pallottola sola ne hanno uccisi due.

È del 1951, a ricordo dell’impegno a difesa del lavoro, la canzone che ricorda l’occupazione dell’azienda, produttrice di materiale bellico da parte di operaie ed operai, le prime minacciate di licenziamento, che si salvarono il posto di lavoro “…producendo il potente trattore cingolato R60, considerato uno strumento di lavoro e pace, dimostrando così che si poteva convertire la fabbrica da usi militari a usi civili e pacifici”: Grande e gloriosa la classe operaia / alle Reggiane lotta con valor / dalla miniera alla risaia / s’ode il fragore del nuovo trattor.

Di particolare emozione per la tragedia individuale, la vita, che racconta Io son nata ‘na campagnola rintracciata nel 2019, in raccolte private reggiane, da Paola Masselli, Paola Careddu, Cinzia Belloni, Caterina Lusuardi, Patty Garofalo e Gabriella Gianfelici.

Al momento, risulta essere l’unica canzone composta da una partigiana.

Io son nata ‘na campagnola

Ed io son nata ‘na campagnola ‘na campagnola di Reggio Emilia

e ho lasciato la mia famiglia sol per venirti a libertà

Sol per venirti a liberare e ho varcato le valli e i monti

e ho varcato le valli e i monti i miei piedini sono congelà

Fui diportata a l’ospedale quattro dottori mi han visitata

mi han detto “bimba sei rovinata i tuoi piedini sono da taglià”

Dopo sei mesi di ospedale due stampelle mi hanno dato

due stampelle mi hanno dato e a casa mi han rimandà

Sono ‘rivata a casa mia la mia casa era crollata

e i miei fratelli erano in guerra / papà e mamma al camposà.

Ritorneremo a Reggio Emilia noi pianteremo bandiera rossa

noi pianteremo bandiera rossa finché la pace trionferà

Ricordiamo che il Coro Selvatici e Popolari di Reggio Emilia si esibisce in teatri, centri sociali, residenze per anzian*, centri per disagiat*, scuole. Prossimo appuntamento, Venerdì 28 aprile 2023, Teatro Artigiano, via Beethoven n. 90, Massenzatico (Reggio Emilia).