“Mi sembra di essere cambiata pochissimo: il mondo attorno a tutti noi, invece, corre così veloce che mi è tornata voglia di fermarmi, di nuovo, per raccontare come eravamo e come siamo diventati così”.

Un racconto, quello di Barbara Palombelli, solidamente congruente al legame di “giornalismo e politica, buona educazione e valori” per i quali dichiara esplicita affezione.

Fatto di discrezione e buon gusto, sobrietà e passione, nella convinzione che la miglior vendetta sia il vivere bene e che per evitare la depressione basti, in fondo in fondo, non avere abbastanza tempo per chiedersi se si è felici.

Una madre ancora dubitante ma amorevole di ansie e prediche, che a sua volta si augura possano dare forza e coraggio alle ragazze ed ai ragazzi che andranno ad abitare “un mondo davvero complesso”.

Stringato nei pensieri, il testo intreccia considerazioni serene, ma efficaci, invita a prendersi cura della propria e altrui umanità, nel rispetto, senza cedere in eccessi e contraddizioni, sulla traccia dettata da nonna Elena Saulini in Palombelli.

Sembra un fiume in piena di ricordi, immagini, riflessioni: sono sobri i commenti, ma calorosi, dicono di una vita semplicemente vera nella quale ognuno si è fatto forza nell’essere se stesso, dove le chances, valide in tutti, permettevano anche il gioco della persona.

Ci si scontrava con la realtà, si cadeva, ma poi ci si rialzava anche, soprattutto non ci si accaniva contro la critica, pur se dura.

Ruoli ed autorevolezza (nei medesimi) dicevano del rigore di educatori, certo un po’ temuti, ma non in grado di ingenerare angosce perturbanti. Ne era esempio il professor Aldo Pietrosanti, che sapeva, ad arte, rimbrottare.

“Palombelli, con quei capelli sul viso non riuscirà nemmeno a leggere il problema, figuriamoci a risolverlo”.

Una selvaggeria giovanile, così l’autrice ama definire coetanei e coetanee, che accettavano di essere giudicati, anche duramente, dentro un’altalena di sballi emotivamente forti, ma fisicamente piuttosto sani.

E’ un libro che diventa casa, facendosi ospitale: in ogni stanza si narra di un modo nel mondo che include persino il bon ton, norme di contegno a tavola direttamente dall’Accademia navale di Livorno, anno 1939.

E’ un libro che parla, molto, di legami, di un lavoro tanto amato, di amici e maestri, di salotti ed incontri col potere, senza fare ricorso al discredito, indicando la parte buona da saper poi ben conservare.

E’, tutto sommato, scuola di disciplina e coraggio di essere se stessi.

Sottolinea come autorevolezza e credibilità nutrano, dentro una prudenza acuta, non solo il coraggio, ma anche la coerenza che il succitato coraggio poi richiede in corso d’opera per potersi dire davvero tale.

Barbara Palombelli, Mai fermarsi, Milano, Rizzoli, 2019.