Sono passati 35 anni dalla pubblicazione dei quattro volumi a cura di Mary Ellen Waithe, A History of Women Philosophers[1], che rappresenta un’opera pionieristica per la costruzione di un canone storico-filosofico e ancora valida per riflettere sui criteri di definizione e comprensione del canone stesso. Ma sono trascorsi più di mille e cinquecento anni dall’elenco delle 17 filosofe pitagoriche con il quale Giamblico concluse la sua Vita di Pitagora[2] e trecentotrenta anni dalla Storia delle donne filosofe[3] di Gilles Ménage, scritta in latino su modello delle Vite dei filosofi di Diogene Laerzio. Dunque, nella storia, un filo seppur esile e poco visibile, una traccia di testimonianza concreta dell’attività filosofica delle donne, si trova già nell’antichità. Sebbene le donne appaiano assenti dalla grande storia della filosofia occidentale, almeno fino al XX secolo, oggi non è raro trovare pubblicazioni, divulgative o specialistiche, che mirano a ricostruire la storia delle donne filosofe, delle donne in filosofia, o del pensiero delle donne, e che intendono portare alla luce vissuti, esperienze, saperi e opere misconosciuti o poco noti e visibili.

La questione del canone storico-filosofico è d’altronde enorme e va giustamente ripensata e criticata, proprio perché la stessa messa in discussione dei canoni è stato uno dei più travolgenti attacchi alla cultura patriarcale e fallocentrica della tradizione occidentale da parte del pensiero femminista. Ma basta riempire i vuoti della storia della filosofia con i nomi delle donne per restituire al pensiero femminile la sua presenza nella storia? Come tracciare la linea di divisione tra ciò che è filosofia da ciò che filosofia non è, laddove la filosofia è apparsa agìta, scritta, pensata e ripensata da uomini, mentre la filosofia delle donne evoca un’aura di mistero, eccentricità e latitanza? I criteri e le narrazioni della filosofia vanno bene così come sono, con la divisione tra maggiori e minori, epigoni e precursori, discepoli e maestri? Queste le domande suscitate tra le altre dal libro a cura di Rebecca Buxton e Lisa Whiting Le regine della filosofia: eredità di donne che hanno fatto la storia del pensiero, che mette in evidenza la necessità di dare voce a pensieri e opere che hanno lasciato un segno importante per la storia del pensiero tutto, non solo delle donne.

“Regine filosofe” è anche un modo per richiamare la “favola” platonica secondo la quale lo stato perfetto sarebbe quello governato dai “re filosofi”, tra cui Platone non esclude ci possa essere anche una donna. Ed è proprio a partire da questa circostanza “ironica” che le due curatrici, nell’introduzione, riflettono sull’assenza di donne filosofe nel corso della storia della filosofia, un’assenza “percepita” ma non reale.

Subito ci imbattiamo nel problema delle fonti e delle tracce lasciate dal pensiero delle donne, in quanto nel capitolo che apre il libro, dedicato a Diotima di Mantinea, l’autrice si chiede perché una personalità filosofica così rilevante sia stata ignorata dalla ricerca accademica, preferendo derubricarla come mito, favola o espediente letterario. Fittizia o meno, la figura di Diotima è emblematica in quanto, come evidenziato nel testo, ella insegna al maestro dei filosofi, Socrate, il metodo. Nel dialogo platonico Simposio la sacerdotessa di Mantinea discute con Socrate a tu per tu, mostrando determinazione e chiarezza intellettuale esemplari, inducendoci a poter affermare che, almeno nella visione platonica, la filosofia nasca da donna. Poiché la prospettiva del testo è multiculturale e l’ordine dei capitoli è cronologico, può capitare di cambiare improvvisamente tradizione: dalla Grecia antica, ad esempio, si passa alla Cina antica e poi all’India medievale, secondo la periodizzazione occidentale della storia, il che produce su chi legge un effetto insieme straniante e fecondo e apre a una visione filosofica globale.

Lo scritto I precetti per le donne di Ban Zhao, grande intellettuale dell’antica Cina (45-120 d. C. circa) può ben essere confrontato con le lettere di tradizione pitagorica di Teano di Crotone, aggiunta all’elenco di altre “regine della filosofia” posto in appendice alle schede. Ne I precetti di Ban Zhao il tema centrale della relazione tra marito e moglie viene declinato secondo l’ordine naturale che vuole rispecchiati in essa i principi ultimi della Terra e del Cielo, per cui alla donna spetta la sottomissione, all’uomo la dominazione. Analogamente allo scritto della filosofa cinese, nelle lettere delle pitagoriche Teano suggerisce alle mogli di coltivare temperanza e sottomissione (gli scritti pitagorici femminili di età ellenistica sono raccolti nella pubblicazione a cura di Claudia Montepaone Pitagoriche, Bari, 2011). È ancora aperta la questione della contestualizzazione dei precetti morali antichi che riguardano le relazioni di genere, della presunta o non presunta autenticità dei testi e del loro riferirsi a un ideale di donna, un ideale criticato e discutibile ma duro a morire e dunque ancora da indagare attraverso la conoscenza dei suoi prototipi. E d’altra parte anche quando le attestazioni sono meno latenti la figura della donna filosofa appare avvolta dal mito, come nel caso di Ipazia di Alessandria. Il capitolo a lei dedicato celebra la filosofa alessandrina sottolineando il suo coraggio, la sua indipendenza e il suo senso civico e ricorda la sua importanza nella storia del movimento femminista. Ella girava per la città con indosso il mantello del filosofo, teneva lezioni di filosofia pubbliche molto frequentate anche da personaggi di spicco della città e godeva di una fama indiscussa; anche se purtroppo non abbiamo testimonianze dirette di una sua dottrina, sappiamo che gli alessandrini furono scossi dal suo assassinio brutale, poiché in città i filosofi erano considerati intoccabili.

Rebecca Buxton e Lisa Whiting

Esplorare il rapporto delle donne con il sapere filosofico può significare anche andare alla scoperta delle prime formulazioni di teoria femminista. Non sorprenderà allora apprendere che nella cartesiana neoplatonica Mary Astell, attiva tra XVII e XVIII secolo, si trovano anticipazioni delle teorie di genere che vedono in esso un costrutto sociale figlio del sessismo insito nella società. Allo stesso tempo può creare disagio scoprire che la stessa Astell è a favore delle gerarchie sociali e del classismo e tende a svalutare il corpo rispetto all’intelletto. Ma proprio queste contraddizioni, oltre a restituire la complessità della sua opera, stimolano un approfondimento dei contesti e delle condizioni a partire dai quali le donne hanno potuto pensare e scrivere. Come si sa la Gran Bretagna dal ‘500 e fino al ‘900 ha dato i natali ad alcune tra le più grandi personalità femminili della storia non solo letteraria ma anche politica e sociale. Il testo lascia ancora aperta la strada da percorrere sul perché di questa preponderante presenza di donne inglesi o di area anglosassone in ambito intellettuale concentrata nella modernità. Basti pensare a Mary Wollstonecraft, il cui testo Rivendicazione dei diritti della donna, oltre a sostenere la parità dei diritti della donna, fra cui quello al voto, e ad individuare in una radicale riforma del sistema scolastico ed educativo il passaggio fondamentale per raggiungere la parità fra i sessi, influenzerà buona parte dei movimenti femministi a venire. Per altro, parte della vita di Mary Wollstonecraft – che si intreccia al suo lavoro intellettuale, come in ogni profilo delle venti filosofe raccontate – somiglia a quella di Maggie, protagonista del Mulino sulla Floss di George Eliot, scrittrice inglese inserita tra le regine della filosofia. Poiché dopo la morte di Wollstonecraft la biografia scritta dal marito fu molto letta in Gran Bretagna si può azzardare l’ipotesi che la stessa Eliot se ne sia fatta ispirare per il personaggio di Maggie, così esemplare del destino di emarginazione che attendeva una giovane donna dalle spiccate doti intellettuali. La fatica straordinaria fatta da queste donne per potersi esprimere intellettualmente è messa in risalto da tutte le autrici, poiché a partire da questa fatica si dovrà andare alla ricerca di altre personalità, altri scritti, con i quali avviare una serie di confronti e procedere a un riconoscimento adeguato dei contributi delle donne alla filosofia a loro coeva e a quella successiva. Ma se non è difficile oramai, alla luce degli studi condotti, riconoscere elementi di teoresi e speculazione anche in intellettuali non inserite canonicamente nel novero dei filosofi, le cose, per paradosso, si complicano quando, nel ‘900, le donne cominciano ad avere accesso ad accademie, biblioteche, giornali, case editrici e università. Mentre fino a quel momento, infatti, la differenza del pensiero femminile risaltava per la sua eccentricità o eccezionalità, dal XX secolo la peculiarità del tratto femminile sembra poter emergere solo attraverso la destrutturazione innanzitutto delle relazioni – intellettuali o personali – di queste grandi donne con i loro maestri e con le scuole filosofiche da cui provenivano, e non è difficile immaginare di chi stiamo parlando: Edith Stein e Edmund Husserl, Hannah Arendt e Martin Heidegger, Simone de Beauvoir e Jean Paul Sartre. Per le tre filosofe “stellari” della storia del pensiero, non solo delle donne, è ancora necessario un approccio che miri a sciogliere definitivamente i nodi che legano, tradizionalmente, le loro figure a queste relazioni. Nel caso di Stein, la condivisione del vissuto esperienziale per mezzo dell’empatia e non per analogia, è il fatto nuovo rispetto alla visione fenomenologica husserliana, fatto che resta nella storia e nelle rielaborazioni successive di quella scuola oltre e nonostante “il disagio di essere donna nel campo della filosofia”, come sottolineato nel capitolo a lei dedicato. È impressionante leggere dei risultati e degli impegni di queste tre donne in ambito accademico, politico, esistenziale. Tutte, a modo proprio, prodigiose per precocità e acume intellettuale, molteplicità di interessi, fecondità di insegnamenti. Tutte con un’attenzione e un impegno costanti verso il pensiero che scaturisce dall’esperienza vivente, dagli episodi e dalle storie vissute. E tutte, come le “regine” che le hanno precedute e come quelle che le hanno seguite, ugualmente capaci di spostare lo sguardo e di incrinare “i discorsi, le dimostrazioni, le argomentazioni, i sistemi che pretendevano di essere assoluti e di spiegare tutto” come scrive Maura Gancitano nella prefazione all’edizione italiana. Ciononostante, o forse proprio a causa di questa “eccentricità” di pensiero, ancora oggi risulta complesso svelare, all’interno di una certa corrente dominante della storia della filosofia, le tante presenze femminili diverse per formazione, interessi e attitudini, laddove la stessa teoria femminista fa fatica ad essere considerata una filosofia. Finanche personalità come Iris Murdoch, scrittrice apprezzata e famosa, restano misconosciute nella loro opera filosofica agli stessi addetti ai lavori che ne utilizzano inconsapevolmente le teorie.

Nel segno della pluralità di posizioni e vedute, “Le regine della filosofia” apre a un confronto con tradizioni diverse, come nel caso di Lalla, filosofa e poeta del XIV secolo del Kashmir, che esprime attraverso il mezzo poetico un concetto di liberazione e di superamento del dualismo di corpo e mente tramite l’esercizio yogico del pensiero e della respirazione, o di Sophie Bosede Oluwole, nigeriana, morta nel 2018, che ha voluto rivendicare lo statuto eminentemente filosofico della tradizione orale yoruba. Nell’affrontare svariate tematiche, dalla privacy alla maternità surrogata, dal razzismo al diritto, dalla libertà alla religione, il testo porta chi legge, pur nella brevità dei contenuti, a confrontarsi con diversi argomenti filosoficamente urgenti e attuali senza incorrere in complicazioni, tecnicismi, oscurità.

I venti profili biografici e di pensiero femminili, affidati ad altrettante diverse intellettuali e filosofe contemporanee, non hanno la pretesa di fornire una trattazione definitiva ma intendono invece stimolare l’interesse a ulteriori studi e approfondimenti. Ogni capitolo è introdotto da un ritratto illustrato a cura di Caterina Ferrante, che rende più reale e concreta la presenza corporea e vivente delle donne filosofe e dei loro caratteri, in contrasto con una tradizione che restituisce, a noi e a loro, solo nomi “astratti”. I disegni sono poi arricchiti con uno o più attributi evocativi che colpiscono l’immaginario e rinviano a una corrispondenza tra il simbolo e il percorso intellettuale di ciascuna filosofa. Simboli che vengono poi riportati nella copertina e sul foglio di risguardo, con una grafica nuova e leggera che richiama l’immediatezza visiva delle parole chiave come le “tag cloud” oggi utilizzate. Tutti i profili, da Diotima a Azizah Y. al-Hibri, libanese nata nel 1943 e professoressa emerita presso la Law School dell’Università di Richmond negli USA, che chiude la rassegna, sono documentati da un puntuale rinvio alle fonti delle quali si trova nota bibliografica, insieme a una scelta di letture consigliate, in fondo al volume, per ciascuna delle filosofe.

Con un linguaggio fluido ed efficace “Le regine della filosofia” è adatto a un primo approccio al pensiero delle donne, e consente di rispolverare vecchie conoscenze o di fare la scoperta di pensatrici in cui finora non si era avuta la ventura di imbattersi. A cominciare dalle autrici delle schede, filosofe anch’esse, che alimentano, in un gioco di rimandi intellettuali e affinità, la curiosità e la voglia di scoprire altre “regine della filosofia”.

Venti filosofe per venti autrici. Quale potrebbe essere il filo rosso che le lega? Chi legge può provare a disegnarlo, sullo sfondo di un paesaggio comune: scrivere insieme una nuova storia.


[1] MARY ELLEN WAITHE (ed.), A History of Women Philosophers, 4 vv., M. Nijhoff Publishers, Dordrecht-Boston-Lancaster, 1987.

[2] GIAMBLICO, Summa Pitagorica, a cura di F. Romano, Bompiani, Milano, 2006.

[3] GILLES MÉNAGE, Storia delle donne filosofe, introduzione di Chiara Zamboni, ombre corte, Verona, 2016.

Le regine della filosofia. Eredità di donne che hanno fatto la storia del pensiero a cura di Rebecca Buxton e Lisa Whiting. Prefazione di Maura Gancitano, Edizioni Tlon, Roma-Milano, 2021