La sparizione repentina di Irene mi stordisce. Nemmeno tre giorni fa, di ritorno dalle vacanze in Sicilia con le sue amate nipotine, era una voce allegra al telefono che commentava l’estate, e poi preoccupata per l’Afghanistan, per le elezioni romane e nazionali, per i libri che doveva affrettarsi a leggere partecipando, da socia, alla Giuria del nostro Premio.

Nel cuore di settembre, dalla casa siciliana dove non c’era mai campo, e la linea cadeva continuamente, commentava l’attualità, inviava fotografie dello stabilimento a mare: “…l’unico ombrellone aperto che vedi è il mio, sono con le bambine, Fulvio ed Eva stanno bene.”

Lucida e analitica quanto appassionata di politica e attiva nelle politiche delle donne, Irene Giacobbe incarnava un tempo fondante per la Casa internazionale delle donne, co-presidente dell’Affi, Infiniti giorni e ore di riunione e di lotte vere e condivise. La legge 125 sul lavoro le deve moltissimo, ugualmente il contrasto alle violenze, l’affermazione dei diritti… per non parlare del sindacato CGIL, delle reti giornalistiche, della sua Assolei, della sua testata telematica “Power and Gender”.

Rossetto acceso, sempre ben curata e ben vestita, Irene ha attraversato tanti luoghi e tempi senza mai perdersi, tenacemente attaccata al filo delle sue idee, delle libertà per le donne e per tutti, della partecipazione.

C’è un lungo elenco di titoli e di incarichi, di eventi e di scritti da snocciolare ma in questo dolore che monta, circolando tra noi, in tant*, oltre non voglio e non posso andare. Ciao cara Irene; amica mia, ti devo moltissimo di consigli, di sostegno, di vicinanza, di rettitudine, di senso istituzionale e d’attaccamento alla giustizia, di generosità e di affetto, di sorellanza.

Non sono la sola a ringraziarti. Che tu sia passata così in fretta dalla parola al silenzio è quasi inaccettabile ma è sicuro che ti avremo sempre vicino.