Report a cura di “Erinna” dell’iniziativa organizzata a Viterbo il 24 febbraio 2023

Undici donne e tre uomini.
L’incontro è stato occasione di un confronto aperto e necessario rispetto alle guerre
in corso e al nostro posizionamento rispetto ad esse.
A partire da un’analisi delle conseguenze dei conflitti, in primis sulle donne e poi in
generale sulle politiche di welfare, sulle crisi energetiche e sull’emergenza climatica,
si è analizzata la corsa agli armamenti e alle spese belliche come un’articolazione
della gestione patriarcale del potere.
È stato affrontato il tema della diversa narrazione della guerra in Ucraina rispetto
alle altre guerre, sotto i riflettori o meno, in corso nel mondo; questa guerra ai
confini orientali dell’Occidente, che colpisce persone più simili a noi e con le quali
condividiamo alcune cornici culturali di riferimento, viene ossessivamente
rappresentata e narrata, peraltro con canoni e simbologia nazionalista, bellicista e
maschilista -presidente in mimetica, uomini al fronte a combattere, donne e
bambini da mettere in salvo-
È stato discusso il tema della disparità di trattamento tra le persone in fuga dalla
guerra in Ucraina -sia da un punto di vista di accoglienza sia da un punto di vista di
concessione di permessi di soggiorno temporaneo- rispetto alle infinite difficoltà
legate alla migrazione delle altre persone che attraversano i confini -per necessità,
per desiderio- difficoltà che vengono sminuite, ridicolizzate, non riconosciute.
Le persone presenti hanno poi condiviso l’esperienza del disagio a discutere
criticamente di questa guerra anche in contesti amicali e politicamente affini; un
senso di contraddizione profonda, una sorta di autocensura per evitare di essere
bollate -di nuovo, narrate- come pro Putin piuttosto che contrarie alle guerre e alla
corsa agli armamenti, in un binarismo distorto in cui l’Occidente si contrappone
ideologicamente ad un’aggressione da Est, impegnandosi non soltanto nella difesa
dei confini NATO, ma del proprio intero modo di stare al mondo.
Condivisa la necessità di assumere un’ottica intersezionale, quale quella di molti
femminismi, per leggere attraverso le narrazioni che ci vengono proposte e potersi
opporre criticamente, senza cadere nel gioco delle dicotomie caro a chi costruisce
nemici invece che possibilità di dialogo.
Forte la richiesta di poter portare questo tipo di riflessione a un pubblico più ampio,
per contribuire alla costruzione di un discorso differente sulla questione; iniziative di
discussione di piazza, interventi nelle scuole.