Christiana Morgan (1897 – 1967) è il personaggio recuperato da Claire Douglas nella biografia, Interpretare l’ignoto – la vita di Christiana Morgan, un talento rimasto in ombra tradotta da Barbara Sambo.Chi fu costei? Appartenente all’alta società bostoniana, respirò “il clima di Boston, la Prima Guerra Mondiale, il fermento culturale e politico dell’epoca, gli insegnamenti di Jung, le teorie sull’identità di genere che ne condizionarono l’esistenza”. Per le sue scelte, la sua intelligenza e talento, la sua bellezza, la sua vita amorosa, pagò “il prezzo della creatività con la tragedia”. Una donna straordinaria, raccontata da un’Autrice anch’essa psicologa, analista americana, curatrice di un libro sui {Visions Seminars} di Jung.

Christiana Morgan fu “una donna indipendente, di larghe vedute, brillante e ostinata, dotata di un’incantevole combinazione di fascino ed entusiasmo”, scrive Elena Liotta, curatrice della collana “parole d’altro genere”, che la pubblica. Intorno alla sua personalità esiste un mito. “Con il suo stile di vita anticonformista {{sfidò il puritanesimo americano}} e si fece beffe delle convenzioni borghesi utilizzando il corpo, la sua carica erotica e la sua torbida femminilità”.

Della {{futura analista e ricercatrice della Harvard Psychological Clinic}}, dotata di una “straordinaria capacità di indagare l’inconscio”, l’Autrice racconta, con prosa accattivante, la vita tormentata, accompagnata da un vero e proprio album fotografico che la segue dall’infanzia alla vigilia della morte, per affogamento, durante l’ennesima crisi depressiva. La si vede, piccola, con le sorelle davanti alla casa di famiglia; a sette anni, sorridente ma con la didascalia “la sua vivacità veniva spesso punita con il metodo dello stanzino”; a quattordici anni, seria ma ribelle allieva della scuola di Miss Winsor, classica scuola per signorine in cui “era molto attiva nonostante i periodi di malattia”. Finite le scuole a Farmington, Christiana visse tra crescenti disagi la vita sociale delle “debuttanti”, ma incontrò anche Lucia Howard “che le schiuse una visione più intellettuale ed emancipata della sua femminilità”.

Lasciata Boston nel 1917 per trasferirsi a New York, fidanzata con William Morgan, partito volontario nella Prima Guerra Mondiale, diventò infermiera “per contribuire allo sforzo bellico”, contando altre brevi ma forti relazioni amorose, tra cui quelle con Chaim Weizmann, uno dei padri fondatori di Israele. Entusiasmi e depressioni si susseguivano, costellando i suoi amori, il suo matrimonio, la sua maternità. Quando, affascinati dal lavoro di Carl Jung sulla psicologia del profondo, lei e il marito, con H. Murray, si trasferirono a Zurigo, l’incontro fu folgorante: divenne in breve l’amante di Jung, la sua donna ispiratrice che gli fornì “i disegni delle sue visioni” da lui “interpretati, amplificati e raccolti nell’omonimo volume”.

Decine e decine di disegni, “trasposizioni in immagini che suggerivano una concezione nuova e rivoluzionaria della psicologia femminile, ma non giunsero a realizzare il loro potenziale”. Figure di giganti, l’unione con il dio della passione terrena, l’Abraxis femmina, dominata dalla luce, da sei serpenti, da un nudo femminile a braccia aperte avvolto dalle fiamme contro un cerchio iscritto in un ovale radiante.

Gli anni Trenta la trovarono nella {{Harvard Psychologial Clinic}} a lavorare con Henry Murray “per elaborare un approccio più umanistico alla psicologia”. E lui dirà: “Mi ha illuminato l’esistenza. La relazione con lei è stata la storia più importante della mia vita”. Retorica? Non solo. Fotografata a trentotto anni davanti alla porta della Torre che i due si erano costruiti “per immortalare il loro amore” e fotografata a sessant’anni “davanti alla porta della sua stanza dedicata ai rituali e alla trance”, Christiana Morgan rimanda mantiene l’espressione magnetica e melanconica colta dall’obiettivo nel 1926, all’epoca dell’analisi con Jung, e il corpo snello immortalato da Gaston Lachaise nella scultura. Quando vide quella statua, il filosofo inglese A. N. Whitehead, uno dei suoi ultimi amici e amanti, la definì una donna in trasformazione”.

Più evidente, nel ritratto fatto da Mary Aiken, il doloroso tormento mai placato, né certamente superato dalla simpatectomia: “operazione oggi caduta in disuso e ricordata solo per i suoi effetti devastanti, perché recide il sistema nervoso simpatico lungo la spina dorsale”. Alcoolista, morì affogata durante una crisi depressiva.

Di Christiana Morgan, donna “il cui talento creativo, il pensiero intuitivo, la competenza organizzativo hanno {{arricchito la psicologia analitica d’oltreoceano}}, sviluppandosi attraverso la collaborazione con Henry Murray nelle multiformi attività della Harvard Psychological Clinic”, poco o meglio nulla si sapeva prima della biografia di Claire Douglas, inserita da Elena Liotta nella Collana “parole d’altro genere” che ben le fa da cornice. Le si deve molto. “Grazie alla capacità fantastica e immaginativa della Morgan, come Jung stesso ha in seguito riconosciuto, la prima materia dell’inconscio femminile si è dispiegata a illustrare l’itinerario archetipo dei processi individuativi, permettendogli di approfondire e affinare le sue teorizzazioni(…). Il frutto della sua dedizione successiva alla psicologia analitica non erano conosciute anche perché le sue tracce personali, cioè gli scritti da lei firmati, sono pochi a fronte dell’ampia produzione rintracciabile in appunti e altri contribuiti testimoniati da chi l’ha conosciuta in vita. Una donna velata dal circolo junghiano, quindi”. E fortunatamente disgelata dall’Autrice.

– Douglas Claire, {Interpretare l’ignoto. La vita di Christiana Morgan, un talento rimasto in ombra} , Ma. Gi. 2006 € 25,00 (Isbn 88-7487-204-6)