A guardare i manifesti elettorali in giro per Roma certo non mi verrebbe tanta voglia di andare a votare per le Europee.
Qualche slogan banale, generico, nessun accenno a perché il candidato/la candidata chiede il voto degli italiani, qual è il suo vero programma di lavoro nel caso risultasse eletto/a. Insomma siamo si fronte, come al solito, a una specie di ombra di campagna elettorale nazionale, e non a una vera campagna per le Europee.

Ci si chiede insomma se queste persone che chiedono il nostro voto intanto sanno bene cosa devono andare a fare, e poi se hanno la capacità e la volontà di andare a farlo, se parlano almeno un paio di lingue straniere, se hanno intenzione di sfatare la cattiva nomea degli europarlamentari italiani re dell’assenteismo, se, se, se…

{{Ma a cosa serve veramente l’Europa ?}}

Da sessant’anni, in alcuni settori specifici per i quali gli Stati membri hanno accettato di trasferire le loro competenze, in tutto o in parte, all’Unione europea (anche se prima si chiamava diversamente), la Commissione europea ha il compito di individuare problemi comuni ai cittadini degli Stati membri, di individuare possibili strade per risolverli, di formulare delle proposte chiare di politiche da perseguire nell’interesse comune di tutti i cittadini della UE, e di individuare gli strumenti per realizzarle.

Una costante nell’azione comunitaria è l’attenzione per lo sviluppo futoro, si cerca cioè di promuovere nei nostri paesi uno sviluppo portatore di benessere per il numero più alto possibile di cittadini, ma stando attenti a non sprecare e consumare irrimediabilmente le risorse naturali, e a non mettere in pericolo il benessere dei nostri figli, nipoti e pronipoti. Cioè si fa sviluppo sostenibile da sempre (anche se prima si chiamava diversamente).

Gli strumenti tipici dell’azione comunitaria appartengono a due grandi categorie: leggi da rispettarle e soldi per farlo.

Il primo strumento è dunque di natura normativa: la Commissione, nell’interesse di tutti i cittadini europei, formula proposte di normativa comunitaria (direttive e regolamenti) che vengono poi esaminate, modificate, negoziate, discusse e infine adottate dal rappresentante dei cittadini, il Parlamento Europeo, e dal rappresentante dei governi, il Consiglio.

Il secondo strumento è il programma d’azione, accompagnato da strumenti di sostegno, come assistenza tecnica, sovvenzioni e finanziamenti agevolati.

Da una parte si quindi si norma un dato settore, mettiamo l’ambiente, mentre dall’altra si promuove l’azione concreta in quel settore.

Un dato per tutti, il bilancio UE di quest’anno è di un po’ più di 133 miliardi di euro. Oltre il 93% di questo soldi tornano negli stati membri, in una forma o nell’altra.
_ Quest’anno il 45% del totale è dedicato a sostenere le politiche di “crescita sostenibile” in senso lato, se aggiungiamo agricoltura e ambiente arriviamo al 76% del totale.
_ Le istituzioni europee costano in tutto come spese di funzionamento (personale, immobili, traduzione (23 lingue), informatica ecc.) il 6% circa del budget comunitario, cioè nulla. In altre parole, la UE agisce concretamente, usa la gran parte dei soldi che le vengono attribuiti ogni anno per azioni concrete dentro gli SM.

Se paragoniamo il dato con il circuito ONU, dove praticamente il 90% del budget copre le spese di funzionamento dei vari organi e istituti, ci rendiamo conto che l’Unione è tutta un’altra cosa, è una creatura unica al mondo, e se vogliamo, come Italiani, partecipare veramente, contare, nelle decisioni della UE, non esiste un altro modo: bisogna essere lì quando occorre e come occorre, con rappresentanti qualificati, bisogna contare al momento giusto, quando si stanno formulando le leggi e i piani d’azione, bisogna smettere di fare le vittime di ipotetici eurocrati cattivi che ce l’anno con l’Italia.

Non sarà meglio, piuttosto che agitarsi una volta che una direttiva è stata adottata, è legge, è entrata in vigore, indicando obiettivi precisi e tempi precisi per raggiungerli, esserci veramente, presenti, competenti e combattivi nel periodo (uno-due anni, a volte anche di più) che va dalla proposta di direttiva alla direttiva adottata ?

I partiti dovrebbero lavorare un po’ di più per essere sicuri di avere i candidati giusti, e i cittadini dovrebbero lavorare un po’ di più e cercare di scegliere bene, di individuare i rappresentanti che poi sono davvero pronti ad andare su al nord a lavorare per i cittadini italiani.

Esempio concreto di utilità dell’azione comunitaria, nei modi e nelle forme che ho sinteticamente illustrato, e poi chiudo.

Parliamo di ambiente: è un dato di fatto che l’80% della normativa ambientale negli Stati membri discende da obblighi comunitari.

Cioè i legislatori nazionali hanno dovuto adottare leggi in materia di habitat e biodiversità, qualità dell’acqua potabile, qualità dei corsi d’acqua e dei mari, qualità dell’aria, corretta gestione dei rifiuti normali e pericolosi, limiti alle emissioni di sostanze pericolose da parte degli impianti industriali, protezione del suolo, limiti al contenuto in metalli pesanti e sostanze pericolose nei beni di consumo, batterie e così via, obbligo di valutazione di impatto ambientale prima dell’autorizzazione di progetti potenzialmente nocivi per l’ambiente, perché negli ultimi 40 anni (da quando cioè la UE ha ricevuto una competenza concorrente con quella degli Stati membri e, in Italia, delle Regioni) le direttive comunitarie lo hanno loro imposto.

Questo non significa che magari tante leggi non sarebbero state prima o poi adottate comunque, anche senza la UE. E’ un fatto però che la sensibilità per le tematiche salvaguardia dell’ambiente, il concetto di un benessere dei cittadini più ampio, comprensivo del diritto di vivere in un ambiente sano, e del diritto di salvaguardare il territorio anche a beneficio dei miei figli e nipoti, la spinta, tra i diversi alternativi percorsi di sviluppo, verso quello meno miope, appunto, più sostenibile, si è espressa prima a Bruxelles che in molte altre capitali.

L’attuale grande sforzo per la lotta al cambiamento climatico si inserisce in questo solco ormai pluridecennale: sviluppo intelligente, con meno sprechi, guardando al futuro dei nostri figli.

Voi mi direte che comunque, nonostante tutti gli sforzi e tutta la normativa, nulla può fare la UE se gli Stati membri poi le direttive non le rispettano. Vero. Vero che qualche strumento per convincere i recalcitranti c’è (procedure di infrazione e via dicendo), ma si tratta comunque di rimedi dagli effetti limitati. La responsabilità dell’azione concreta di attuazione delle politiche comunitarie, pur con le risorse economiche europee, è degli Stati membri, ricade cioè sui nostri amministratori pubblici, nazionali e regionali.

Ma rimane importante esserci quando si decide, e riportare poi in patria informazione e promozione di ciò che va fatto per il benessere collettivo.

Utopia nel nostro paese ? Mah, a me parrebbe solo ragionevolezza.