Parlare d’amore. Perché no? I percorsi non sono tutti scoperti, ci sono ancora tante cose che non sono state dette e soprattutto non sono state dette dalle donne. Tentativi di cercarsi, di alimentare il sentimento, di stupirsi di fronte ad esso, usando una parola che nomina, indaga, spazia, svela, crolla:

Ma fammi fare qualche passo
nel delirio
Fammi perdere gli appigli.
Cado mi sbraccio
onde di irrazionale
allentamento dei nessi
del catrame tra le assi


Quello dell’autrice è un dialogo continuo con l’amata che non demorde, per descrivere il suo amore, per narrarlo, per sostanziarlo di parole che lo strutturino. Il grande modello è Petrarca e tutta la tradizione che confluisce in questo letterato e come lui la protagonista di questo libro scava in se stessa, descrive la gioia e la sofferenza, vive della sua gioia e sofferenza, perché a tratti emerge che si tratta di un amore non ricambiato, dato che l’amata non si riconosce in questo potente modo di sentire, fugge – il suo modo di essere Angelica, un’altra figura del simbolico amoroso.
L’elemento della “deificazione” della persona amata è ben presente nella trama dei versi e non cessa mai di spargere stupore intorno a sé.

Esserti attorno.
Le molecole che si spostano
perché cammini
la stoffa che si stropiccia
perché ti siedi.
Esserti suono
onda meccanica addosso
esserti boccone.

Ma siamo lontani secoli dal vate di Arezzo e il linguaggio è più esplicito e condito di metafore mediate dalla tradizione ebraica (che capra testarda sono / un cane idiota palpitante / ecco cosa sono.) Esaustiva da questo punto di vista è la raffinata prefazione di Franca Alaimo al suddetto libro.
Altre metafore sono la potenza dei grandi fiumi, del mare, del volo, delle montagne, di un pianoforte che suona, tutte immagini enormi per delineare un amore che scuote fortemente il corpo e l’anima di chi lo vive e questa fedeltà nel riconoscerlo, nell’assecondarlo, nel carpirne i segni contrastanti, è uno dei punti forti della raccolta come se la poeta fosse consapevole che per fondare un legame appagante bisognasse avere una grande fede in esso e continuare a togliere gli stracci-veli da una Venere degli stracci di Pistoletto fino ad arrivare alla fine della danza o non arrivarci mai ma continuare a sperimentare il sentimento che quella figura evoca. Non è un caso che uno dei ricordi della poeta si rifà a quando bambina strusciava con la guancia la mano della madre un po’ assente, fino a farsi dare una carezza.
D’altra parte è difficile anche per chi scrive mostrare i suoi petali / nascosti / e sovvertite la postura.
Le due attrici del gioco amoroso sono legate da una corda che chi parla non vuole lasciare, agognando al tempo stesso per tutte e due la libertà di scegliere.

Il loro cercarsi:
È anche delirio
e proiezione di luce.
Ma sappiamo qualcosa
che non afferriamo.
Accanto all’attrazione, il dubbio, il mistero:
Chi sei?
È spaventoso
questo mistero.

A leggere questi versi che non si stancano mai di cantare il proprio amore vengono in mente altri versi di una grande poeta del ‘500, Gaspara Stampa, che ha costruito il suo Canzoniere sull’amore malcorrisposto per il conte Collaltino di Collalto: Viver ardendo e non sentire il male è uno dei suoi versi più famosi, che piacque particolarmente a Gabriele D’Annunzio che ne fece un suo motto. In quella raccolta Gaspara espone i suoi sentimenti con spontaneità, fornendo diversi particolari autobiografici. Questa scrittrice ha contribuito a creare uno spazio poetico che sarebbe stato approfondito da altre eponime di sesso femminile.
Indubbiamente Anna Segre è consapevole di quello che questa sua antenata ha anticipato perché, oltre a dare voce a un amore tenace per un altro essere umano, ha deciso di raccontare anche la propria irritazione di fronte all’insoddisfazione che questo basilare rapporto le procura.

Male, Clara,
male che mi fai male
come l’arto fantasma,
male che sembra lunghissimo e
non passerà mai.
Così sto io.

E sentite Gaspara Stampa:

L’empio tuo strale, Amore,
è più crudo e più forte
assai che quel di Morte;
ché per Morte una volta sol si more,
e tu col tuo colpire
uccidi mille, e non si può morire.
Dunque, Amore, è men male
la morte che ‘l tuo strale.

Certo i particolari negativi della sua relazione non vengono taciuti da Segre che in questo rivela un lato importante della modernità: la sua sincerità, la capacità di rivelare anche i lati problematici, sconcertanti di un rapporto amoroso. Allo stesso tempo una capacità affinata probabilmente dal mestiere di psicoterapeuta predispone la poeta a dipanare sfumature inattese di comprensione degli accadimenti:

Che io risvegliassi
la tenerezza
era il grande pericolo,
la congiunzione col
tremore,
questa mia lanugine

che non basta al volo
che se cadessi precipiterei,
questo rivelarmi
ti ammaliava
ti piegava.

L’autrice sembra non voler interrompere mai il gioco della parola che crea con Clara per mantenere il legame nel grande certame della meraviglia. Lì scorre la delicata, quasi infantile ironia di cui si ammantano i suoi versi che osano con timore, desiderano con timidezza.

ANNA SEGRE, A CORPO VIVO, Marietti1820, Bologna 2023