Quando il Vesuvio aveva il pennacchio, con sottotitolo Vi racconto la mia Napoli e prefazione di Giuliana Cacciapuoti (Guida editori, 2019), è lo sfoglio dell’album dei ricordi di Rosa Oliva de Conciliis, detta Rosanna, fondatrice e Presidente della Rete Per La Parità (2010) creata l’indomani del cinquantenario “della sentenza 33/60 che ha eliminato le principali discriminazioni per l’accesso alla Pubblica Amministrazione”.
La Rete “valorizza i principi fondamentali della Costituzione per arrivare all’uguaglianza sostanziale tra donne e uomini”, si legge in quarta di copertina dove, nella breve biografia dell’Autrice, già funzionaria dello Stato, s’evince l’impegno “per i diritti delle donne e dei minori, la lotta al dolore e la difesa dell’ambiente” effettuato in vari ruoli, tra i quali coordinare, nell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS), il Gruppo di Lavoro per l’obiettivo 5-Parità di genere dell’Agenda ONU 2030.

Con la sua caratteristica vivacità, Rosanna Oliva – che è Grande Ufficiale della Repubblica e ha ricevuto il Premio Minerva (2010), per l’uguaglianza di genere – dichiara intenzioni e attese:
Nei miei primi anni accanto alle novità dell’epoca moderna sopravvivevano ancora vecchie abitudini tra le quali la trasmissione della cultura e delle storie familiari per via orale (come ai tempi di Omero), che non era stata soppiantata dall’invenzione della stampa. (…) Avrei volentieri raccontato a mia volta a voce le storie familiari ai miei figli e nipoti, aggiungendovi i miei ricordi personali, seguendo il filo rosso della napolitudine, ma le abitudini e i ritmi di vita cambiati me l’hanno impedito. Approfitto del fatto che la lettura non è ancora scomparsa del tutto nell’epoca della TV e di Internet e spero che questo libro trovi lettori e lettrici, non solo nell’ambito della mia vasta parentela” (Premessa)

Il raccontare e raccontarsi prende spunto da note favole per l’infanzia o di sua invenzione (Il pesciolino rosso); canti, proverbi e detti popolari. Alla saga familiare puntellata da donne e uomini di alto profilo e dalle molte onorificenze e medaglie, s’intreccia un ampio repertorio fotografico, notazioni di vestiario, usi, costumi, ricette e anche superstizioni della “napolitudine” riportata con lievità e affetto e un po’ di rimpianto e di quel “Novecento” che non ha risparmiato a nessuno le difficoltà e i drammi della guerra.

Diviso in due parti (La mia Napoli, 1936-1943 / La mia Napoli a Roma, dal 1944), e in XIV capitoli più appendice, il libro spigola tra vite private e pubbliche. Storie che potrebbero passare dall’album dei ricordi al palcoscenico, come quella di Filomena Formisano di Santa Maria La Bruna a Torre del Greco andata quattordicenne a servizio a Napoli, dalla nonna dell’Autrice, “in una famiglia di sole donne: una vedova e quattro figlie, e non immaginava che quella sarebbe diventata la sua vera famiglia anche se a Torre aveva una sorella e un fratello.” L’incipit di Cenerentola l’attesta nella genealogia delle poverissime e giovanissime “servette” che lavorarono e crebbero senza alcun riscatto sociale, economico e affettivo, presso famiglie agiate e/o illustri, ma Filomena, “pur non incontrando un principe”, si alfabetizzò e ottenne infine il desiderato posto di bidella grazie all’inconsueta amicalità con le “padroncine”, diventate “maestre” e sodali, a vita. Il suo viso sorridente, mentre “tiene in braccio il piccolo Nicola” figlio dell’Autrice, durante una sua visita a Roma, è uno degli scorci più intimi che Rosanna Oliva consegna a chi legge, insieme alle “Le storie di Pulcinella” ascoltate da Filomena.

Il grande amore e la grande ammirazione dell’Autrice verso la madre (Mammina, Rita de Conciliis) e verso il padre (Geppino Oliva), culminano, in ultimo, nei loro alberi genealogici.