In una lettera attribuita a Raffaello, leggiamo: “Per dipingere una bella donna mi occorrerebbe vederne parecchie, ma essendocene carestia, io mi servo di certa idea che mi viene nella mente. Se questa ha in sé alcuna eccellenza d’arte, io non so, ben m’affatico d’averla”.

Concluso l’omaggio a Raffaello, ospitato alle romane Scuderie del Quirinale, possiamo prenderci il lusso di parlare in piena libertà della sfida, tutt’altro che sotterranea, che si è consumata tra i tre emblemi femminili dell’artista: la Fornarina, la Dama con il liocorno, la Velata.

A chi lo scettro? Regine della ribalta, con i loro sguardi, maliziosi e misteriosi quanto la civetteria dei loro sorrisi appena accennati, rubavano tutta l’attenzione dei visitatori.

A loro potrebbe, forse, contrapporsi, sia per capriccio sia per voluttà, la Galatea che, però, se ne sta altrove: nel Palazzo della Farnesina.

Negli occhi di Raffaello (Autoritratto) si intravede una punta di smarrimento. Sono occhi che si interrogano e ci interrogano. Forse ci sta dicendo: “Io so chi sono e desidero piacervi. Quanto? Moltissimo!”

André Chastel, nel suo libro su Raffaello, riporta in auge una frase di Nietzsche: “Devi essere un caos per dare origine ad una stella danzante”. Secondo il filosofo tedesco il Saturnismo si lega a Michelangelo, Hermes a Leonardo, Eros a Raffaello. “Diventa ciò che sei” suggeriva lo studioso sapendo che occorre districarsi tra luci e ombre.
Tutti i dipinti contengono l’ombra. Forse, se interrogate sul contrasto tra l’ombra e la luce, le nostre tre signore risponderebbero che le contengono ambedue perché senza l’ombra che farne della luce e della luce che farne senza l’ombra?

La Fornarina, la Dama con il liocorno e la Velata sono testimonianza di quella “leggendaria passione” del pittore che Giorgio Vasari nelle sue “Vite” aveva sottolineato: “Fu Raffaello persona molto amorosa e affezionata alle donne e di continuo pronto ai servigi loro”.

L’impatto dell’arte di Raffaello ai suoi tempi era tale da provocare addirittura dei veri e propri infarti… oltre al presunto suo! E’ il caso di Francesco Raibolini detto il Francia, pittore bolognese al quale Raffaello aveva raccomandato di seguire con cura l’installazione della tavola di Santa Cecilia destinata alla chiesa di San Giacomo Maggiore. Dopo aver visto l’opera di Raffaello, il Francia, riportano le cronache del tempo “mezzo morto per il terrore e la bellezza della pittura, di dolore e di malinconia, come alcuni credono, si morì”.

Alla mostra romana solo qualche felice tentennamento, soprattutto di notte, poiché l’esposizione era ad orario continuato 24 ore su 24!