Dal contratto di governo emergeva un’idea della donna e dei ruoli tradizionali molto conservatrice e semplificabile in “donne a casa”. Siamo andate a vedere come questa ideologia, che potremmo chiamare con sarcasmo “anti gender”, si è concretizzata nelle azioni di governo, e perché dovremmo essere tutte molto preoccupate.  Le scelte di Movimento 5 Stelle e Lega Nord avranno un impatto negativo sulla vita delle donne e, di conseguenza, sulla vita di tutti. Lo stesso presidente dell’Inps, Tito Boeri, ha definito la manovra come un programma maschilista.

Andiamo a vedere cosa sta facendo in termini di istituzioni, diritti e lavoro il governo con più uomini delle ultime legislature  – a fronte, bisogna dirlo, del parlamento con più donne di sempre (e questo non per merito della sinistra, che, lo sappiamo, ha boicottato l’elezione di donne con le pluricandidature, ma grazie all’elezione numerosa di candidate 5Stelle e Forza Italia).

L’invisibilità istituzionale è sintomatica di un disinvestimento pubblico nella promozione dei diritti, quindi ci sembra importante sottolineare come, nel nuovo assetto del governo, siano completamente scomparse le istituzioni di genere.

Invece di un Ministero per le pari opportunità viene istituito il Ministero della famiglia (notare il singolare) e le disabilità. A suo capo viene nominato ministro Lorenzo Fontana, leghista, che in una delle sue prime apparizioni pubbliche, durante la manifestazione dell’ala conservatrice cattolica del Movimento per la vita il 19 maggio 2018, ha dichiarato: “l’aborto è la prima causa di femminicidio nel mondo”.  Di recente Fontana ha anche detto che gli immigrati “diluiscono la nostra identità”. Oltre a discutibili e pericolose dichiarazioni il ministro però non ha fatto nulla: il sito del ministero si apre con la notizia del 26 luglio di linee programmatiche che però non sono reperibili in forma di documento, le notizie e le informazioni riportate sul sito sono tutte datate e la maggior parte delle sessioni sono vuote.

Meglio così forse, ma in Italia le famiglie con figli a carico rappresentano la percentuale più alta tra le persone in condizioni di povertà assoluta, è noto che sulla povertà assoluta gravi in maniera determinante l’accesso alla casa ed è quindi grave che sia appena stato cancellato il fondo di garanzia per i mutui sulla prima casa. Ma l’innovazione e la fantasia del governo in termini di tutela della famiglia supera qualunque fantasia di medioevo distopico: la legge di bilancio 2019 prevede infatti la possibilità di avere in concessione per un periodo minimo di 20 anni un terreno pubblico o abbandonato, possibilità accordata alle famiglie che avranno il terzo figlio nel triennio 2019-2021 e che si abbina alla possibilità di avere mutui agevolati per acquistare immobili nei pressi dei suddetti terreni. Così mentre gli uomini porteranno le mandrie al pascolo le donne zapperanno l’orto con un neonato legato sulla schiena.

Il Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri ha cambiato nome e mission. Vincenzo Spadafora, nominato sottosegretario con delega alle pari opportunità e ai giovani, è politico navigato, ha lavorato con Udeur, Margherita, Verdi, nominato da Fini garante per l’infanzia è diventato poi collaboratore di Di Maio. Tra le responsabilità dell’attuale Dipartimento per le pari opportunità e i giovani c’è l’attuazione del già varato piano antiviolenza, ma, almeno per ora, non ci sono né certezze né rassicurazioni sul suo finanziamento. Purtroppo, le esternazioni governative in tema di contrasto alla violenza sulle donne si nutrono di propaganda razzista più che di azioni reali.

La violenza contro le donne è considerata dall’Onu una delle più grandi e diffuse violazioni dei diritti umani. Da pochi giorni è stata resa pubblica la nomina di Stefania Pucciarelli, leghista, senza alcuna competenza in materia di diritti umani, ma che ci tiene a far sapere quanto è razzista, islamofoba e omofoba. Siamo curiose di sentirla parlare di temi etici e delicati come salute sessuale e riproduttiva o tratta di esseri umani.

Diritti, quando la realtà italiana supera le serie televisive americane

Il decreto Pillon, che prende il nome dal deputato della Lega che ha presentato il disegno di legge, prevede la riforma della separazione e, se approvato, rischia di creare seri problemi a tantissime donne. Ma saranno soprattutto i bambini e le bambine a pagare il prezzo più caro. Con il disegno di legge Pillon viene meno il mantenimento, c’è l’obbligo di frequentazione paritario per i padri (anche in caso di separazione per violenza/abuso/maltrattamento), per la madre e i figli viene inserito l’obbligo della mediazione familiare a pagamento. Se consideriamo che nel 2015 ci sono stati 194.377 matrimoni e 174.175 tra separazioni e divorzi si comprende non solo quante persone verranno coinvolte dalla legge, ma anche il giro di affari miliardario “istituito per decreto” per chi vende mediazione familiare.

“Falsi amici” è un’espressione che si usa quando una parola in un’altra lingua ha un suono simile ma un significato diverso, così è Giulia Bongiorno, altra deputata della Lega, che in teoria si batte contro la violenza sulle donne con la sua Fondazione, Doppia difesa, e nella pratica sostiene l’esistenza di una fantomatica sindrome da alienazione parentale (semplificando: esisterebbero madri cattive che inculcano nei figli l’odio per i padri). Una sindrome che nonostante sia stata smentita dalla comunità scientifica viene ancora usata come argomento contro le donne nei tribunali. La ritroviamo nel decreto Pillon: gli articoli 17 e 18 del ddl dicono infatti che se il figlio minore manifesta rifiuto, alienazione o estraniazione verso uno dei genitori, “pur in assenza di evidenti condotte di uno dei genitori”, il giudice può prendere dei provvedimenti d’urgenza: limitazione o sospensione della responsabilità genitoriale, inversione della residenza abituale del figlio minore e anche il “collocamento provvisorio del minore presso apposita struttura specializzata”.

Se il decreto Pillon diventerà legge le donne saranno estremamente ricattabili nella gestione sia dei figli che del rapporto con gli ex, partendo dal ricatto economico della mediazione familiare e arrivando alla privazione economica (perdita della casa, mancanza del mantenimento) come disincentivo alla separazione. L’obiettivo di facciata è favorire i papà separati nell’esercizio della genitorialità, ma di fatto il congedo di paternità rischia di saltare, in controtendenza con molti dei paesi europei, tra cui la Spagna, dove invece stanno partendo sperimentazioni regionali per la sperimentazione di un congedo di paternità equivalente alla maternità.

È ancora la ministra Bongiorno a promuovere la legge sulla legittima difesa per facilitare l’acquisto e l’uso di armi per uso privato mentre le statistiche annunciano che l’Italia è il primo paese della Ue per omicidi con arma da fuoco e il 30% delle donne vittime di femminicidio viene uccisa con un’arma da fuoco dal proprio partner (quello che in teoria avrebbe un’arma per legittima difesa).

Lavoro, o del dominio dei maschi sessantenni

Il contratto di governo così come il Documento di economia e finanza (Def) brillano per l’assenza di politiche per la partecipazione attiva delle donne al mercato del lavoro. L’unica cosa di cui si parla nel documento programmatico in maniera molto generica è di conciliazione, peccato che alla prova dei fatti il congedo di paternità rischia di sparire, che sono stati eliminati i voucher per i servizi di cura, che non ci sia un piano asili e che, molto probabilmente, le misure propagandistiche del governo verranno pagate con i tagli al welfare.

E ormai gli anni della crisi ce lo hanno insegnato, quando si taglia il welfare il peso del lavoro domestico per le donne aumenta inibendo di fatto la loro permanenza sul mercato del lavoro.

In generale le principali misure che riguardano il lavoro – flat tax e pensioni – avranno conseguenze diverse per donne e uomini. Le donne rappresentano quasi il 40% delle partite Iva ma sono di più nelle fasce di reddito più basse, ossia quelle più penalizzate dalla riforma. I veri vincitori saranno i sessantenni/settantenni maschi, professionisti e pensionati che verranno agevolati per rimanere nel mercato del lavoro –alla faccia della discutibile previsione di turnover che il governo promette di generare con la riforma delle pensioni. Riforma delle pensioni che, tanto quanto la flat tax, andrà a beneficiare soprattutto i professionisti maschi anziani, come commenta Linda Laura Sabbadini dalle pagine de La Stampa “premiando in 9 casi su 10 gli uomini e in un caso su tre persone con un trattamento pensionistico superiore alla media. Le donne ne sono quasi escluse, appena sfiorate, (la riforma) riguarda loro per il 10% dei casi”.

Cercasi donne competenti e consapevoli

La mappa delle azioni dell’attuale governo dimostra che i diritti delle donne vanno mano nella mano con i diritti delle persone migranti e con quelli delle persone Lgbt+, che il populismo e l’immaginario dell’uomo forte si basano su un ordine patriarcale idealizzato dove a dominare è il maschio bianco, etero, sano e benestante e questo disegno si riflette nelle politiche, nei disegni di legge, nel linguaggio istituzionale e di conseguenza impatta le vite di tutti noi, ma soprattutto di chi è più vulnerabile per genere, sesso, stato sociale, colore, eccetera. Proprio per opporsi alle retoriche razziste di un governo che sta strumentalizzando violenza e povertà, le donne scenderanno in piazza il 24 e il 25 novembre con una mobilitazione e un’assemblea nazionale che si terrano a Roma.

Queste elezioni hanno dimostrato quanto le donne abbiano bisogno di essere rappresentate da donne competenti e consapevoli rispetto a un approccio di genere, che sappiano promuovere politiche che abbiano un impatto positivo sulle loro vite. Speriamo, come sembra stia accadendo negli Stati Uniti dopo Trump, di ritrovarci in un prossimo futuro più determinate e decise.

da http://www.ingenere.it/

  • distopica- distopia (o antiutopiapseudo-utopiautopia negativa o cacotopia) s’intende una immaginaria società o comunità altamente indesiderabile o spaventosa. Il termine, da pronunciarsi “distopìa”, è stato coniato in contrapposizione a utopia ed è utilizzato soprattutto per descrivere un’ipotetica società (spesso collocata nel futuro) nella quale alcune tendenze sociali, politiche e tecnologiche percepite come negative o pericolose sono portate al loro limite estremo.