Voglio una donna al Quirinale
Bello sarebbe se al Quirinale andasse una donna, e le bambine italiane potessero finalmente mettere insieme grammatica e realtà, e dire, a ragion veduta: “Da grande voglio fare LA presidente della Repubblica”.Sono solo cinque parole, ma hanno un peso specifico notevole.
Sono pronunciate come un mantra, con intonazioni varie e diverse, come diversi tra loro sono i volti, le età, le storie, gli orientamenti culturali e le attività delle donne delle oltre 50 tra associazioni, gruppi, categorie lavorative e realtà femministe italiane che hanno pensato al video dove di colorato ci sono le insegne e i loghi dai quali ciascuna parla: sono giornali femminili e femministi, gruppi impegnati contro la violenza, storiche associazioni politiche, siti online, blog.
Rappresentano una piccola parte della {{ricchezza caleidoscopica e faticosa da tenere insieme,}} talvolta litigiosa e irriconoscente verso le sue stesse simili, che in questo paese è costituita dalle centinaia di migliaia di donne che ogni giorno fanno attivismo politico, culturale e sociale, dando vita al movimento delle donne italiano.
Questa volta, su questo specifico obiettivo,{{ questa moltitudine si esprime con chiarezza, senza dubbio, in una frase limpida:}} “Voglio una donna al Quirinale”, dicono tutte.
Pochi giorni fa sulla rete è circolato anche il video di un gruppo di attori e attrici che si sono esposti {{per Emma Bonino presidente}}, ed è inevitabile che, sebbene l’appello tutto femminile non pronunci un nome, il pensiero corra verso questa opzione, pure molto appezzata nei vari gruppi e movimenti femministi.
{{Emma Bonino}} è, al di là di scelte che possono essere state nella storia politica recente anche fortemente contestate, {{una tra le più preziose e tenaci attiviste }} che si è battuta in prima persona, e senza mai pentirsi né arretrare, per l’ottenimento dei diritti civili delle donne, e questo non è in discussione. Senza di lei, senza {{Adele Faccio}} e {{Adelaide Aglietta}} questo paese sarebbe meno libero e meno laico di quanto purtroppo tuttora non sia.
Difficilmente tra donne ci sarà un nome che possa ottenere un consenso plebiscitario, ma non è questo il punto, adesso.
La questione, oggi, è {{la fine di un monopolio patriarcale}} che non è solo simbolico, ma è anche concreto e pesante circa la palese inviolabilità da parte di una donna in Italia di accedere alla carica più autorevole delle istituzioni.
Da tempo le bambine non rispondono più, alla domanda ‘cosa vuoi fare da grande’: “Il presidente della Repubblica, o l’avvocato, l’astronauta, il vigile del fuoco”.
Ai miei tempi, quelli per intenderci di {Dalla parte delle bambine } di {{Elena Gianini Belotti }} era più frequente, paradossalmente, rispetto ai nostri, nei quali le aspirazioni verso l’età adulta hanno subìto, in questo ventennio sciagurato, una discesa in picchiata verso ruoli più tradizionali, ancillari e rassicuranti per la stabilità del patriarcato.
Bello sarebbe se al Quirinale andasse una donna, e le bambine italiane potessero finalmente {{mettere insieme grammatica e realtà}}, e dire, a ragion veduta: {{“Da grande voglio fare LA presidente della Repubblica”}}.
—
Lascia un commento