L’assemblea cittadina indetta il 27 settembre nella Casa internazionale delle donne di Roma dalla RETE DEI NUMERI PARI, per coinvolgere il maggior numero possibile di soggetti della società civile – associazioni, coordinamenti, sindacati – sul valore e la necessità della manifestazione nazionale “LA VIA MAESTRA insieme per la Costituzione”, indetta il 7 ottobre a Roma (P.zza dei Partigiani, h. 15,30, partenza h. 14), segue l’incontro dello scorso 22 aprile, già contando più di 700 realtà di tutto il paese.

Presenti le più note associazioni della società civile che da anni alzano l’allarme sugli attacchi alla Costituzione e sul progressivo slittamento o misconoscimento del dettato costituzionale che le attuali politiche governative hanno peggiorato e velocizzato in senso obsoleto, illiberale, omofobo e sessista.

Il rapido aggravarsi delle problematiche sociali legate ai bisogni primari (casa, lavoro, salute, istruzione) accompagnato dall’incremento delle disuguaglianze, delle discriminazioni in un quadro complessivo di politiche di destra radicale, leghiste e di guerra, ha alimentato un’opposizione nella società civile che si è rafforzata davanti al Ddl 615 di Calderoli che attraverso le Autonomie Regionali attacca gli assetti nazionale e regionale, con ricadute in ogni ambito del quotidiano. Non è l’ultima delle contraddizioni di un Governo, populista e nazionalista, astorico nel riportare indietro le lancette della storia, che ingigantendo, non rimuovendo, gli ostacoli e le disuguaglianze, le discriminazioni, con politiche elitarie e respingenti.

A introdurre, Elisa Sermarini (RETE DEI NUMERI PARI), che ha riassunto l’iter della Rete, la sua Agenda sociale, le motivazioni impellenti e profonde che spingono tante e tanti a cercare di impedire, con una mobilitazione permanente contro l’Autonomia differenziata e l’attacco alla Repubblica e alla Costituzione.

Nel suo saluto da remoto, Gaetano Azzariti, presidente della Corte costituzionale, in nome di Salviamo la Costituzione ha parlato di esecutivi che nel tempo hanno “assorbito il potere legislativo governando attraverso Decreti legge anche su questioni strutturali che dovrebbero essere votate”; sminuendo il ruolo del Parlamento, organismo fondamentale della nostra Repubblica parlamentare.

Azzariti ha definito il Ddl 615 di Calderoli uno strumento che “punta sostanzialmente a dividere, a superare i solidarismi regionali, mentre il principio solidaristico è uno dei cardini del nostro sistema.”

Ha enumerato altri pericoli, quali la modifica del sistema di elezione del Presidente della Repubblica, la redistribuzione delle competenze alle regioni più ricche.

In merito alle drammatiche vicende dei migranti, ha definito i Cpr “campi di concentramento, di tortura”  e ribaltato il “cambio di paradigma” invocato da Giorgia Meloni con il migliorativo suggerimento di aumentare le pratiche solidale, in piena applicazione del dettato costituzionale. Ha anche auspicato una rinnovata partecipazione alla vita del paese, “un risveglio, un cambiamento di rotta in nome della Costituzione per cambiare la nostra Repubblica in meglio e non in peggio.

A sua volta, Natale Di Cola, Segretario generale della CGIL Roma e Lazio, ha parlato delle assemblee indette in tutti i posti di lavoro e delle consultazioni straordinarie coinvolgenti anche studenti e pensionat*. Ha anche sottolineato che l’autunno sarà caldo, dati i già molti problemi sul tappeto acuiti dal sostegno governativo alla pericolosa iniziativa del ministro Calderoli.

Tutt* le/gli intervenut* (vedi locandina) si sono concentrati sulle conseguenze nefaste del Ddl di Calderoli, molte delle quali ancora fuori dal dibattito corrente e sottovalutate.

I temi prescelti dalla RETE (diritti, istruzione, salari, ambiente, salute, pace, lavoro), a fronte di incontri trasversali, allargati e condivisi, entrano nel merito delle scelte governative, ne contrastano la visione di una società chiusa e a classi, impegnata in narrazioni alterate “d’invasione” e “sostituzione” in difesa di tradizioni peninsulari affatto condivise. La vera identità ce l’ha data la Costituzione frutto di uno straordinario sodalizio delle forze democratiche che avevano sconfitto il nazi-fascismo. Il mancato rinnovo all’ANPI della convenzione per interventi nelle scuole la dice lunga sulla difficoltà di trasformare una destra radicale in partito conservatore in vista delle prossime elezioni europee.

Maura Cossutta, presidente della Casa internazionale delle donne, nel dare piena adesione alla RETE e ai COMITATI contro l’Autonomia differenziata, ha ricordato la “mattanza” del femminicidio, espressione di una cultura maschilista e misogina: “Non vogliamo essere coraggiose, vogliamo essere libere e la libertà delle donne deve essere al centro della politica.” Ha anche definito “ignobile” la decisione del governo di prevedere 5000,00 euro dando una finta scelta ai/alle migranti, incrementando conflitti, discriminando.”

Vanessa Doddi, di Differenza Donna, tra le prime associazioni in Italia ad occuparsi della violenza sulla donne e gestire case-rifugio, ha ricordato i più di 80 femminicidi, dal gennaio scorso, e la violenza anche economica che colpisce direttamente l’autonomia delle donne, rendendo impossibile liberarsi. Nell’attuale mancanza di uguaglianza sostanziale, il Ddl di Calderoli sarà un ostacolo in più, data la già attuale scarsità di servizi, il precariato, la disoccupazione e l’inoccupazione che sono in gran parte femminili.

Giuseppe De Marzo (LIBERA)ha introdotto il tema altrettanto scottante della lotta alle mafie che trarrebbero un vantaggio dall’Autonomia differenziata per la caduta d’immagine e di strategie omogenee di una Stato di molto ridimensionato; per l’incremento della povertà e l’aggravamento in generale anche dello stato di salute: in mancanza di sostegno pubblico – il privato solo per fasce limitate e ricche – avrebbe molta più manovalanza e meno difficoltà nella pressione sui poteri locali.

“La forza delle mafie sta fuori delle mafie” ha detto G. De Marzo, “LIBERA e il Gruppo Abele si battono contro le disuguaglianze; se passa l’Autonomia differenziata, il progetto di disfacimento della Repubblica italiana sarebbe irreversibile. Avremmo uno sbilanciamento, le disuguaglianze sarebbero istituzionalizzate, sarebbe impossibile sconfiggere le mafie. (…) Siamo fedeli alla Repubblica, il primo testo antimafia è la Costituzione.”

E’ chiaro che l’incremento delle disuguaglianze lo pagherà molto di più il Sud, dove paradossalmente le forze al governo hanno un largo bacino di voti, essendo già poco competitivo con le Regioni del Nord e con maggiore precarietà e mancanza di servizi e infrastrutture. 

Di “disastro al Sud”, sul piano sanitario e dei servizi hanno parlato Maurizio Simmini (Coop. Soc. ISKRA) e Martina Pasquali (Disability Pride Network). Un disastro annunciato in una “situazione già spaventosa” in scarsità di finanziamenti, impossibilità di afferire a un lavoro dignitoso e perciò allontanamento dalla formazione e dalla professionalità nel sociale. 

Tra le richieste della RETE, il superamento della legge Fornero, un piano straordinario pluriennale di assunzioni che superi la precarietà e valorizzi la professionalità frenando lo svuotamento del servizio pubblico, in ogni settore; giustizia sociale e ambientale, ripudio della guerra.  

Luigi D’Antonio (FIOM) ha sottolineato che per l’importanza dei temi, della manifestazione del 7 e di quello che seguirà per fermare il progetto governativo, impedire l’Autonomia differenziata, dare stabilità al lavoro e avanzare una progettualità nuova, “non è più tempo della delega, non si può delegare, bisogna partecipare in prima persona.”

In attesa dei promessi materiali del meeting che daranno conto più completo degli interventi, ricordiamo quelli di Alice Basiglini (Baobab Experience); Angela Ronga (Assolei, associazione che contrasta la violenza sulle donne), nel Direttivo della Casa, che ha parlato di violenza strutturale contro le donne; Sonia Lima Morais (Associazione donne capoverdiane in Italia) si è detta “portatrice di peculiarità che terrorizzano il Governo: sono donna e sono immigrata, anche se io sono di seconda generazione”. Ha ricordato che il 28 settembre è la giornata dedicata all’accesso libero e sicuro all’aborto e che questo diritto già oggi non è garantito. È poi tornata sui 5000 euro da dare agli/alle immigrate per non entrare nei Cpr: “Ci sarà una disparità pazzesca tra persone di serie e a e b; non si chiedono come sarà l’accesso al denaro; non c’è sicurezza nemmeno di ottenere i documenti e di rimanere fuori dal Cpr. Questo governo si sostituisce ai trafficanti con la mazzetta. Ha un problema reale; è fascista. I lavoratori stranieri sono due o tre milioni però non hanno accesso a diritti fondamentali (es. da qualche decennio lottano per lo Jus solis).

Elena Mazzoni (Transform) che ha parlato dell’Agenda sociale della RETE “Ci saremo: Sì all’uscita dell’Europa e dell’Italia dalla guerra, salario minimo; ambiente e crisi climatica, contrasto alla violenza maschile, autodeterminazione, apertura delle frontiere. No al revisionismo storico e allo sdoganamento del fascismo.”

Info: Appello per il 7 ottobre, adesioni e programma sul sito di Collettiva (adesioni7ottobre@collettiva.it )


Pubblichiamo l’intervento di Marina Boscaino sull’Autonomia differenziata e le conseguenze previste nella vita quotidiana.  

Marina Boscaino, portavoce nazionale dei Comitati per il ritiro di ogni Autonomia differenziata, l’unità della Repubblica, l’uguaglianza dei diritti.

Noi temiamo che la consapevolezza di quello che sta per accaderci non sia ancora sufficientemente diffusa. L’allarme non sia sufficientemente radicato. Per questo nei prossimi giorni, in attesa del 7 ottobre, noi continueremo a fare quello che stiamo facendo, incessantemente, su una lotta di scopo che caratterizza l’attività dei comitati per il ritiro della Autonomia differenziata, cioè mettere il più possibile sabbia negli ingranaggi che tutti, quasi tutti i partiti hanno voluto, tutti quelli attualmente rappresentati in Parlamento, in fasi diverse della storia, qualcuno si sta ravvedendo…questo ci fa piacere.

L’allarme non è sufficientemente diffuso perché mentre il ddl 615 Calderoli spiega perfettamente quali debbano essere operativamente i passaggi che le Regioni a statuto ordinario dovranno fare per accedere da 1 a 23 materie – che rappresentano sostanzialmente la nostra vita quotidiana – mentre questo accade con la definizione di un orpello pseudodemocratico, si sta completando la più gigantesca riforma dello stato sociale, in negativo naturalmente, da parte di una cabina di regia, di nomina governativa, e di una CLEP: Commissione per la definizione dei livelli essenziali di prestazione.

Tutto ciò indisturbatamente, senza coinvolgimento dell’organo sovrano della democrazia parlamentare, il Parlamento.

Oggi alle 8 è stato audito il prof.re Sabino Cassese, presidente della CLEP, dalla quale si sono già dimessi alcuni nomi illustri; non tanto mi sorprende che si siano dimessi nomi illustri, quanto che alcuni di quei nomi la dicono grossa su quanto sta accadendo: Giuliano Amato, Franco Bassanini, Angela Finocchiaro, cioè quelli che furono, nel 2001, gli artefici, che concepirono la riforma del titolo Quinto che porterà, purtroppo, se non capiamo quell’allarme, alla definizione, determinazione, concretizzazione dell’Autonomia differenziata.

(ndr. Marina Boscaino afferma di stare sbobinando l’intervento di Cassese in Senato, sui LEP- Livelli Essenziali di Prestazione).

LEP non significa “garantire i livelli essenziali di prestazione”, ma solo “definirli”, scindendo materie da altre, competenze da altre, decidendo in via unilaterale quali debbano essere le materie, gli elementi della nostra vita quotidiana sui quali la Repubblica deve garantire livelli essenziali di prestazione.

Noi contestiamo fortemente l’aggettivo “essenziale”; il comma 2 dell’Art. 3 della Costituzione dice che è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della partecipazione dei lavoratori alla vita del paese. “Compito” è una parola solenne, una parola inequivocabile quindi non possiamo accontentarci che qualcuno abbia un livello essenziale, tra l’altro definito in questo modo e altri invece partano per agganciarsi alla locomotiva europea e alla ricchezza futura, sicura o promessa!

Tra l’altro c’è un problema di costi enormi, sapete tutti quello che sta accadendo per la definizione del bilancio, non ci sono i fondi per questa garanzia, quindi abbiamo paura che questo si stia configurando semplicemente come un passaggio, ripeto, pseudodemocratico; un appello retorico per dire: i LEP che erano pre-requisito per fare andare avanti il percorso di Calderoli stiano andando avanti in questi termini, cioè in termini assolutamente insoddisfacenti.

Non sono bastati al ministro Calderoli e a questo Governo contraddittorio – ricordiamoci che Meloni, nella scorsa legislatura, presentò un progetto di legge per l’abolizione delle Regioni e ora si fa paladina di un regionalismo impazzito quale sarà quello che si determinerà se passerà l’Autonomia differenziata – una serie di pronunciamenti illustri che non sono dei soliti rivoluzionari ma della Banca d’Italia, di Confindustria, della Commissione parlamentare di bilancio… sono tutti quei pareri raccolti nel corso di audizioni in cui sono stati sentiti 60 soggetti e molto più della metà hanno detto, in toni diversi ma alcuni piuttosto radicalmente, noi per esempio, un NO senza se e senza ma all’Autonomia differenziata.

Ritorno sui LEP, l’importante è capire “definizione e realizzazione”.

La realizzazione, cioè lo “zero” al Sud verrà concretizzato e ufficializzato definitivamente.

Noi andiamo a istituzionalizzare, direi addirittura a costituzionalizzare le terribili disuguaglianze che esistono già in questo paese.

Per questo i Comitati per il ritiro di ogni Autonomia differenziata, l’unità della Repubblica, l’uguaglianza dei diritti – nome lunghissimo ma che significa principi costituzionali, art. 1, art. 2, art. 3, art. 5 che norma l’autonomia costituzionalmente determinata nell’alveo della Repubblica unica e indivisibile – saranno in piazza il 7 ottobre con la RETE DEI NUMERI PARI.

Avremo un nostro spezzone. Che significa avere uno spezzone? Noi crediamo che nonostante i pareri negativi il Governo stia andando avanti e che l’unica voce che possa spaventare in qualche modo un governo populista, che ha un grosso consenso al Sud, sia quella del popolo. Per questo è assolutamente necessario essere in tantissim* in quello spezzone, in quella manifestazione, perché chiunque di noi, qui e altrove, abbia lottato per qualcosa in questo paese – l’ambiente, la sanità, l’istruzione, le infrastrutture, lo sfruttamento del territorio, la sicurezza sul lavoro – e ve ne ho dette 5, ce ne saranno fino a 23 di “materie” che saranno toccate, è in pericolo e vedrà la propria lotta vanificata se non fermiamo questa procedura eversiva che stanno portando avanti.

Due esempi:

il contratto collettivo nazionale verrà affiancato ad un contratto regionale determinando parti diverse tra uguali e determinando probabilmente gabbie salariali ed una serie di conseguenze che andranno contro le conquiste di donne e uomini che hanno lottato in questo paese.

Pensate a una Sanità regionalizzata…e pensate che cosa ne sarà del diritto alla interruzione di gravidanza. Non voglio parlare dei malati oncologici, non voglio parlare dei pronto soccorso.

Potestà legislativa esclusiva su quelle 23 materie! Vorrà dire che quelle Regioni decideranno tutto, dai contratti, al regolamento, alle norme interne a quella materia.

Le privatizzazioni, che già dalla riforma del titolo Quinto ad oggi, nella Sanità che già hanno consentito nel Lazio la privatizzazione del 49% del sistema sanitario.

Se noi abbiamo a cuore la nostra storia passata, quella che parte da Porta San Paolo, da piazzale dei Partigiani, la nostra storia passata recente che ci ha visto negli ultimi trenta, quarant’anni della nostra età combattere, lottare per qualcosa in cui abbiamo profondamente creduto, nei principi radicati nella prima parte della Costituzione, credo che il nostro dovere non solo sia quello di essere tantissim* il 7 ottobre – in quella manifestazione, in quello spezzone – di riappropriarci di tante conseguenze che di qui a un anno saranno già concretizzate. Siamo sedut* sull’orlo di un baratro, quindi a noi, a voi, a tutte e tutti, la scelta di esserci o non esserci. Credo che dobbiamo dare una risposta veramente ferma, veramente terrorizzante per coloro contro i quali stiamo lottando che sono i nostri avversari ideologici, oggi sono i nostri avversari politici, ma sono anche coloro che stanno picconando alla base la storia del nostro paese; la storia democratica e repubblicana del nostro paese.