tit2Elegante e cosmopolita, Titina Maselli (Roma, 1924 – 2005) è tra le pittrici italiane più originali del Novecento.

La sua è un’arte controcorrente. Rifiuta scelte di comodo, non asseconda la moda del momento e i dettami del mercato: non ha una galleria di riferimento. Esprime una personalità fuori dal comune, tanto che il ‘personaggio Titina’ oscura la sua raffinata produzione, rimasta sconosciuta per molto tempo al grande pubblico e quasi ignorata dalla critica.

Spirito libero, Titina è un‘artista non catalogabile. A chi le chiedeva che cosa fosse l’arte, rispondeva: «L’unica giustificazione».

querini stampagliaA lei la Fondazione Querini Stampalia dedica l‘antologica: Titina Maselli, a cura di Chiara Bertola, con il supporto della Galleria Massimo Minini di Brescia.

La mostra ne ricostruisce la poetica attraverso una trentina di opere, che ripercorrono temi e modi del suo personalissimo linguaggio.  Così Titina: «Un quadro non è un libro, un quadro appare in un istante, si vede in un attimo…Vorrei che i miei quadri fossero chiari come quelle scene che Chaplin ripete decine di volte, per accertarsi di essere capito…Cerco sempre di rendere le cose nel modo più chiaro e più iperbolico possibile….di cogliere la realtà, tanta realtà in una cosa sola. In un solo momento».

tittina mLe città di Titina, con le auto, i tram, i camion, i cavi elettrici, i neon, il bar e lo stadio, come  i suoi calciatori e pugili, trasfigurati e snaturati dall’azione e dallo sforzo fisico del gesto atletico, sono immersi nel tempo della coscienza e non della percezione.  Le facciate di palazzi e grattacieli sembrano scheletri, mangiati dall‘alone dei fari, delle insegne, dei lampioni. Architetture costruite per assorbire ed irradiare di nuovo il flusso d’energia che scorre loro intorno. Verticalità evanescenti, ma anche presenze potenti e reali, che gli occhi percepiscono, attraversandole: frammenti riflessi..

Gli elementi iconografici si sovrappongono e si incastrano, si contraddicono, interferiscono e si esaltano a vicenda. Questo è ciò che vuole l’artista: portarci dentro la città, farci abitare quella tensione e insieme camminare quello spazio. Così Titina: «La modernità mozza il fiato. Essa è la vita, ma anche ciò che non può essere vissuto. blu ndexTutto è energia e tutto è coscienza. Tutto è materia e tutto è spirito…». Titina, anticonvenzionale nella scelta dei soggetti quanto in quella dei materiali: spesso per il nero usa la pece presa in carrozzeria, costruisce un linguaggio che racconta il dinamismo, l’emozione della modernità e contemporaneamente tutta la solitudine e l’alienazione insite in essa, e lo fa attraverso un «un segno fitto di vita».

Un segno-colore che non è mai espressivo ma piuttosto performativo nell’indicare le direzioni dell’energia all’interno del quadro. Un segno che si sposta mosso da un campo magnetico, in cui masse di tratti si addensano e si assottigliano lasciando trapelare una sagoma sostanziata più dal vento e dalla luce, che dalla materia stessa.

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maselliTitina Maselli (Roma 1924-2005), pittrice italiana, è figlia del critico d’arte Enrico Maselli; spinta dall’ambiente intellettuale in cui è immerso il padre, inizia a dipingere sin da piccola.
Sin dai suoi primi lavori si percepisce la scelta figurativa di rappresentare oggetti della quotidianità e un esempio sono “Bottiglia” (1947) e “Sull’Alsfalto” (1948), ma ben presto l’artista sviluppa un forte interesse per la raffigurazione di immagini che si ispirano alla metropoli e alla vita contemporanea e in questo senso è certamente importante per questo tipo di produzione la sua permanenza a New York, durante la quale tratta iconografie come pugili e calciatori, ma anche panorami urbani, soprattutto notturni, figure queste che ricordano il concetto del dinamismo futurista.
In seguito a questa tipologia di opere, Titina Maselli si concentra sulla rappresentazione di soggetti che sembrano essere stati folgorati da un fotogramma cinematografico. Dagli anni sessanta, nonostante tenda a basarsi sulle stesse raffigurazioni, il suo stile si fa più freddo e piatto, utilizzando colori non naturalistici e bidimensionalità, raggiungendo effetti che hanno fatto sì che venisse considerata vicina agli esiti della Pop Art.
Tra le sue maggiori esposizioni sono da ricordare la personale al Grand Palais di Parigi del 1981, quella alla Pinacoteca e Musei Comunali a Macerata nel 1985, alla Casa del Mantegna di Mantova nel 1991, a Roma nel 1998 (Casa Giulia) e a Strasburgo nel 1998 (Istituto Italiano di Cultura).
Ebbe inoltre un’attività piuttosto intensa nel mondo della scenografia, soprattutto per teatri francesi e tedeschi.