Vi segnalo che a  Roma in via della Stazione Tuscolana 84 il 16 novembre 2018 si terrà l’incontro pubblico  “Sei 1 di Noi”: Il dovere di accogliere.

Cosa vuol dire “accogliere”?

È vero che tagliare i costi, ridurre i servizi, concentrare le persone in grandi centri rappresenta un risparmio per la collettività?

Se ragioniamo solo in termini di spesa pubblica, senza indagare nel profondo i significati e le ripercussioni che questa ha in termini di obiettivi e risultati, rischiamo di ignorare la complessità della questione. In un momento in cui, stiamo assistendo alla discussione parlamentare di un decreto che mette insieme immigrazione e sicurezza, trattando la prima come un ostacolo alla realizzazione della seconda, abbiamo il dovere di affermare e ribadire che la realtà sta da tutt’altra parte.

Privare i richiedenti asilo, che spesso arrivano qui con un bagaglio di esperienze traumatiche, della possibilità di imparare la lingua, inserirsi nel mondo del lavoro, svolgere attività e iniziative che li mettano in contatto con il nuovo contesto in cui si trovano, non è solo miope ma è anche totalmente in contrasto con quella promessa di sicurezza che ha ormai fatto dello “straniero” il capro espiatorio e il nemico da combattere.

Sappiamo bene quanto la sicurezza, quella vera, si fa garantendo i diritti e non eliminandoli, e ora più che mai è necessario mettere in campo le idee, i racconti, le esperienze e le professionalità di chi in questi anni ha lavorato, tra enormi difficoltà, sapendo bene quale dovesse essere l’obiettivo: permettere alle persone che scappano dai loro paesi di avere gli strumenti per affrontare una nuova vita e riempire di senso, significato e opportunità il doloroso percorso migratorio di ognuno di loro.

Non dobbiamo sottrarci a un’analisi di quanto non ha funzionato, di quanto sarebbe potuto essere fatto meglio e di quanto sarà complicato fare in futuro. Ma pensiamo sia fondamentale in questo momento dare voce agli operatori che rischiano di perdere il lavoro e che spesso vengono trattati come criminali, alle donne e agli uomini che sono fuggiti dai loro paesi e che qui in Italia hanno trovato riparo, accoglienza e la possibilità di avere ancora fiducia nel futuro, a tutte quelle esperienze che partendo dal basso hanno colmato vuoti e ridato dignità, spinti da una profonda convinzione: accogliere è giusto e la solidarietà nei confronti di altri esseri umani non può essere un reato.

SEI UNO/UNA DI NOI

Sei un fioraio egiziano che si spacca la schiena per portare a casa 600 euro al mese e, un giorno qualunque, vieni aggredito solo per il colore della tua pelle?  Sei uno di noi.

Sei una madre costretta a occupare un bene pubblico dismesso perché sei in attesa da anni di una casa popolare? Sei una di noi.

Sei un giovane ragazzo obbligato a pedalare per tutta Roma, ricevendo una paga di 4 euro a consegna senza alcuna tutela? Sei uno di noi.

Sei socia di cooperativa che, dopo lo scandalo di Mafia Capitale, si sente additata come criminale anche se si fa in quattro dalla mattina alla sera a fianco dei più deboli? Sei una di noi.

Sei un laureato costretto al lavoro gratuito e la tua unica prospettiva è l’emigrazione? Sei uno di noi

Sei una donna che non può permettersi un figlio e che rotola tra dieci lavoretti? Sei una di noi

Sei un abitante di questa città costretto ad aspettare un anno per un’ecografia in un ospedale pubblico? Sei uno di noi.

Sei una rifugiata che ha affrontato l’inferno libico e, dopo aver subito la mala-accoglienza, è stata sgomberata dall’ abitazione in cui aveva creato esperienze di autogestione e mutualismo con la propria comunità? Sei una di noi.

Sei una persona che ne ama un’altra dello stesso sesso e hai sempre più paura a camminare per strada mano nella mano? Sei una di noi.

Sei nato o cresciuto in Italia ma non hai la cittadinanza per la mancata riforma della legge? Sei uno di noi.

Sei una maestra che prova a creare esperienze di convivenza e solidarietà in una delle tante scuole meticce della metropoli romana? Sei una di noi.

Sei un commerciante romano che resiste alla violenza delle Mafie, che vorrebbero costringerti a pagare il pizzo? Sei uno di noi.

Sei costretta alla falsa partita IVA, al lavoro a somministrazione, alla precarietà permanente? Sei uno di noi

Sei la mamma di una bambina rom che, mentre passeggiava, ha visto la propria piccola colpita alla schiena da una pistola ad aria compressa? Sei una di noi.

NOI SIAMO QUESTI

Quelli che tentano di sopravvivere in una città piena di disuguaglianze e miseria. Quelli che resistono, facendo le capriole per far quadrare i conti.  Non cadiamo nella trappola di considerare causa dei nostri mali chi sta peggio di noi o chi è nato altrove, perché sappiamo di essere dalla stessa parte.

NOI NON SIAMO  Gli imprenditori dell’odio e del rancore che soffiano sul razzismo e rievocano il fascismo. I grandi costruttori e le Mafie che saccheggiano le nostre città.  Le multinazionali e la finanza che sfruttano il nostro lavoro e speculano sui nostri soldi. Quelli che, raggiunti i luoghi di governo, distruggono i servizi pubblici e dimenticano i beni comuni. I grandi potentati economici che arricchiscono i ricchi e impoveriscono i poveri. Chi usa il potere, l’odio e il rancore per nascondere e non risolvere i nostri problemi sociali ed economici, non ci inganna.

COSA VOGLIAMO? DIGNITÀ E GIUSTIZIA SOCIALE  –  Eguaglianza, solidarietà, pari opportunità, partecipazione e accoglienza sono i principi in cui crediamo e che rivendichiamo.

La sicurezza che cerchiamo è innanzitutto quella economica e sociale: lavoro, reddito e casa dignitosi. Una scuola e una sanità pubbliche, universali e efficienti. Verde e spazi sociali per i nostri bambini. Una città libera dalle Mafie e dai grandi poteri finanziari ed economici. Una società libera da ogni tipo di discriminazione e di razzismo, secondo i principi conquistati dalla Resistenza, sanciti dalla Costituzione e smarriti dalla Repubblica.Per questo chiediamo a tutti/e di prendere parola, di uscire dalle case e dai luoghi di lavoro; di incontrarci per conoscerci e riconoscerci.