Monte dei Cocci-Testaccio-Roma
Monte dei Cocci-Testaccio-Roma

Volentieri pubblichiamo una e mail di Irene Ranaldi.

                                                                                                                                       Irene Ranaldi

Sono una sociologa urbana, vivo da trenta anni nell’ex quartiere operaio di Testaccio a Roma, una zona ricca di memoria, storia e contemporaneità. Sono tante le narrazioni che si sono incontrate – e che prima o poi si vanno ad incrociare – in questo luogo dove sorge l’ottavo colle di Roma, il Monte dei Cocci o Monte Testaccio, la prima discarica controllata di Roma imperiale.

Il Monte dei Cocci è nato e cresciuto lungo il corso di tre secoli tra il I e il III d.C. dall’accumularsi di cocci di anfore d’olio scaricate al Porto dell’Emporio e provenienti dalla Spagna. Il Monte dà nome al rione, testae in latino significa infatti “coccio”.

Si tratta allo stesso tempo di un monumento naturale e di un documento, perché attraverso saggi archeologici, tuttora attivi dalla fine dell’Ottocento a causa della vastità dell’area ancora da esaminare, è stato possibile ricostruire parte della storia commerciale dell’Impero romano.

Un sito unico al mondo quasi sempre chiuso. Per aprilo infatti occorre chiedere ed ottenere un permesso speciale, chiamando il Comune di Roma che decide data, tempo di permanenza (massimo 1 ora) e numero di partecipanti (massimo 30). Un vero peccato per le potenzialità turistiche che questo sito rappresenta. Uno stato delle cose che ne fissa la percezione, complice anche la particolarità del rione Testaccio, in uno spazio senza tempo.

La sua inaccessibilità è un oltraggio quindi non solo alla memoria, ma al piacere di poter osservare dalla sua sommità l’altra Roma, quella del lavoro e della fatica, quella del panorama industriale della zona Ostiense e Marconi, dell’ex Mattatoio e del Campo Boario.

Chiediamo quindi che il Ministero dei Beni de delle attività Culturali e del turismo e la Sovrintendenza per i beni architettonici e paesaggistici del Lazio pongano attenzione a questo luogo, coinvolgendo le realtà associative nella gestione di attività per la promozione turistica del Monte dei Cocci, creando allo stesso tempo occasione di impiego e valorizzazione della cultura.

15 nov 2016 — Come raccontiamo nelle visite che la nostra associazione culturale “Ottavo Colle” nelle rare aperture che il Comune di Roma ci riserva, il Monte dei Cocci attira l’interesse di moltissimi studiosi e ogni anno ospita una spedizione di archeologi proveniente dall’Università di Barcellona per continuare scavi e studi. Qui sopra potete vedere un servizio della tv giapponese che parla della ricchezza storica del Monte. Povero Monte, così poco apprezzato invece proprio a Roma e spiace dirlo, da chi lo definisce tutt’ora “un cumulo di cocci” non meritevole di visite a pagamento! Ci piace ricordare che la nostra, come migliaia di associazioni culturali, NON E’ UNA ASSOCIAZIONE DI VOLONTARIATO, ed il lavoro nella cultura si paga ed ha la stessa dignità di qualsiasi altro lavoro. Il nostro bel paese potrebbe vivere solo di questo e dare lavoro a milioni di persone tra turismo, indotto, cultura. Ma finché ci saranno cittadini che criticano per il versamento di una quota per partecipare ad un evento culturale, non tenendo in considerazione il lavoro che le micro associazioni culturali fanno per renderli possibili nella latenza delle istituzioni, non faremo molta strada. Continuiamo a firmare, sperando che li istituzioni ci possano rispondere grazie!

Irene Ranaldi Presidente dell’Associazione culturale “Ottavo Colle”