La sindrome di alienazione parentale e il futuro della madre, sottotitolo del libro di  Maria Serenella Pignotti  “I nostri bambini meritano di più” è un argomento  che verrà sollevato il 16 gennaio 2019 alle ore 13,30 in Senato con una  conferenza stampa che si terrà  nella sala dei caduti di Nassirya.

Maria Serenella Pignotti

L’autrice così parla del suo lavoro:“Nel sociale, nei tribunali, ho visto bambin* trattat* come pacchi postali: spostati, messi, lasciati, chiusi, minacciati, senza un ascolto, una comunicazione, una informazione, un minimo accoglimento, senza alcuna vera partecipazione alle decisioni che li riguardano, a onta di normativa internazionale e dati di seri studi scientifici. Trattati con violenza, con una violenza che è palesemente e drammaticamente violenza ma viene considerata atto educativo, per il loro ‘migliore interesse’. Bambini come sacchi di iuta, pieni di niente, resettabili, cambiabili, spostabili, secondo le esigenze dell’adulto di turno. Senza la minima considerazione della loro opinione, senza che sia dato alcun peso alle loro parole. Alla loro affettività, alla loro paura. Niente! Fascicoli con timbri, firme e protocolli! E tutto nel loro supremo interesse. Bambini che cambiano scuola, amici, maestre, pediatra, residenza, custodia, città, di punto in bianco, senza avere alcuna voce in capitolo, senza mai essere sentiti, o sentiti per finta;tanto non sta a loro decidere. Bambini trattati come oggetti di cura, non come soggetti da curare, privati di qualunque autonomia, di qualunque possibilità di dire la propria opinione o di essere almeno in parte uditi, ascoltati, accolti. Privati totalmente anche di una semplice parvenza di ascolto; umiliati, privati della dignità di persona umana, proprio come non fossero persone.” 

Di questo problema sollevato dall’Udi e l‘Associazione Federico ne parleranno la Sen. Loredana De Petris,  Vittoria Tola dell’UDI, Fabio Roia giudice del Tribunale di Milano, Antonella Penati presidente associazione Federico nel cuore onlus, Giulia Potenza responsabile nazionale Udi, e Andrea Mazzeo Psichiatra.

I concetti di alienazione parentale o genitoriale, di madri alienanti contro padri e figli alienati sono stati argomenti sollevati da una cultura sessista e retriva. Purtroppo non si è trattato solo di disquisizioni salottiere ma di precise posizioni politiche che hanno preso forma attraverso quattro disegni di legge per inserire l’alienazione parentale nel nostro ordinamento. Argomento che è già stato preso in considerazione con sentenze di varia gravità in alcuni tribunali. Non sono mancate poi le asserzioni di docenti che mascherano posizioni ideologiche con argomentazioni pseudoscientifiche. Serenella Pignotti ha tradotto e analizzato cosa significa e cosa produce sui bambini, sulle bambine  e sulle madri queste posizioni  e che cosa nascondono.

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Relazione di Antonella Penati Presidente Associazione Federico nel cuore e Mamma di Federico Barakat vittima di figlicidio tenuta alla camera dei deputati il 25 novembre 2018 dove insieme a molte altre donne vittime di violenza, è stata ascoltata invitata dall’Onorevole Boldrini.

Buon giorno a tutte voi .

Ringrazio la Presidente Boldrini, tutte le organizzatrici,  dell’opportunità di essere qui oggi, ringrazio anche la Presidente dell’ UDI che ha tanto sostenuto la mia presenza qui oggi.

Sono qui come donna, madre e presidente dell’Associazione Federico nel cuore Onlus, che rappresenta in Italia e all’estero le donne che hanno subito violenza e figlicidio come me.

In Italia sono documentati oltre 400  figlicidi ( periodo di rif. 2000-2016 ) di cui 11 dal 1 gennaio 2017 ad oggi

Più spesso di quanto siamo disposti ad ammettere, i bambini diventano lo strumento per mezzo del quale l’uomo maltrattante può continuare ad infierire sulla sua vittima dopo una separazione.

Sono qui, oggi, per rendere testimonianza affinché ciò che è accaduto non debba mai più accadere.

Mio figlio Federico è stato  ucciso a soli 8 anni e mezzo dal padre in ambito protetto, mentre era affidato ad un Ente dello Stato, dopo che io, sua madre, mi ero  rivolta al tribunale dei Minori e ai Servizi Territoriali di mia spontanea volontà pensando e confidando nel loro sostegno, perché credevo nel ruolo fondamentale dello Stato e allo Stato avevo chiesto di proteggere il mio bambino dalla violenza paterna, dimostrata, accertata piu’ volte dalle forze dell’ordine come dalla Procura.

Il padre di Federico era un uomo violento,  un uomo disturbato, ossessivo e condannato per aggressione in sede penale perché reo confesso. Avevo richiesto l’affido esclusivo di Federico perché terrorizzata dalle sue minacce. Nonostante questo, i servizi sociali e il Tribunale mi definirono esagerata, “ipertutelante”, mossa dal desiderio di ledere la figura paterna. Mi definivano una madre alienante. Io volevo soltanto difendere mio figlio, non sono stata ascoltata, Federico non è stato ascoltato.

Il 25 Febbraio 2009, Federico veniva prelevato a scuola e portato dall’educatore all’incontro con il padre e alle 4 e mezza di pomeriggio nella SEDE DELL’ASL VENIVA MASSACRATO dal padre che si è recato all’incontro armato di pistola e coltello: prima gli ha sparato , poi ha infierito con 37 coltellate.

Nessuno è intervenuto a soccorrere il mio bambino.  L’autopsia ha certificato che ha lottato a lungo per difendersi. E’ morto dopo un’ agonia di 50 minuti.

La Cassazione, pur decretando il fallimento dei servizi sociali ha assolto tutti gli operatori coinvolti, la psicologa che seguiva il padre di Federico, l’educatore che lo aveva in custodia al momento della tragedia e la responsabile dei servizi sociali.

Li ha assolti motivando che nel corso di quegli incontri “protetti” essi “non avessero l’obbligo di protezione fisica del bambino”.

Questo è paradossale. Lo “spazio neutro” e l’ “incontro protetto” dovrebbero di fatto garantire l’incolumità fisica dei bambini.

Nell’ incontro protetto si privilegia la salvaguardia della relazione genitore-figlio, della bigenitorialità a tutti i costi, anche quando il genitore è un genitore violento e abusante, rispetto alla tutela del diritto alla vita del bambino.

E’ a questo principio che si sono attenuti gli operatori nonostante Federico non volesse vedere  quel padre aggressivo e disturbato di cui  aveva paura.

Fedrico è morto ma tanti bambini vivono ogni giorno le medesime situazioni di pericolo e di stress.

Uccidere un figlio è la peggiore vendetta nei  confronti di una madre, ne  sconvolge tutti gli aspetti della vita, dalla salute fisica, mentale, alla capacità lavorativa, procura danni immunologici e patologie croniche.

Infine il senso di sfiducia verso gli altri assume livelli di difficile definizione, soprattutto perché l’uccisione del figlio avviene per mano di una persona con cui si è condivisa una relazione di intimità.

Inoltre nell’oltre 87% dei casi il figlicidio  avviene in un contesto di violenza domestica  in cui a nulla servono le segnalazioni e le ripetute denunce e questo pregiudica la fiducia  nelle istituzioni.

Io voglio giustizia, per il mio bambino e per gli altri bambini.

Personalmente le mie aspettative di vita sono assai ridotte considerando tutte le patologie insorte dopo l’uccisone di mio figlio, ma continuerò a lottare per la giustizia e per la tutela dei bambini sino a quando il mio corpo me lo consentirà.

Per questo contro l’assoluzione di tutti gli operatori sociali che non hanno tutelato i diritti di Federico, ho fatto ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo.

La Corte ha risposto proprio in questi giorni chiedendo al governo italiano se e come abbia tutelato il diritto alla vita di Federico.

Concludendo, vi chiedo una riflessione su tre punti:

Essendo paradossale la motivazione della sentenza in cui si nega la tutela dell’incolumità fisica dei minori in ambito protetto, è necessario intervenire quanto prima a modificare l’attuale aspetto giuridico nel sistema tutelare.

Vanno previste azioni di prevenzione che riescano a dare risposta adeguata alle denunce con la competenza necessaria a valutare i fattori di rischio.

E’ necessario riconoscere il figlicidio come forma di femminicidio e prevedere interventi di sostegno alle madri sopravvissute.

Nella formulazione delle risposte che lo stato italiano è chiamato a dare alla Corte di Strasburgo, si solleciti il governo ad ammettere le proprie responsabilità, primo dovere verso i cittadini e le cittadine di un paese civile.

Grazie per avermi ASCOLTATA