Nei rifiuti di Napoli e della Campania è scritta una storia di fallimenti che ancora oggi stentano ad essere compresi dalla collettività.

Le bonifiche mai avviate, la riapertura di discariche sature da tempo e in più l’utilizzo clandestino di cave in terreni privati, impossibile da quantificare, rappresentano un fenomeno rispetto al quale {{ la politica e i singoli responsabili hanno colpe ancora da individuare e denunciare}}.

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I rifiuti di Napoli e della Campania sono il paradigma del ciclo consumo/rifiuti assunto dalla civiltà occidentale}}: consumare per “essere” e poi buttare altrove i rifiuti. Lo fa consapevolmente o no la maggioranza degli italiani. Ci sono rifiuti che vanno non si sa dove: non ci sono solo l’incarto e la bottiglia di vetro, l’umido e il polistirolo (irriciclabile) , la plastica e il metallo, cioè materiali che più o meno vengono separati e raccolti. Ci sono i computer, le pile, gli oli che colano dagli scassi, i materiali di risulta delle demolizioni, i rifiuti industriali ed ospedalieri, rispetto ai quali solitamente le istituzioni presentano piani ufficiali, mentre ce n’è un altro occulto funziona senza regole, più economico ed immediato, dobbiamo dire purtroppo, con piena soddisfazione del decoro “delle regioni virtuose”.

È noto, ormai, che la Campania, e non solo, è stata resa disponibile dal boom industriale in poi al ciclo selvaggio del rifiuto tossico e allo sviluppo di un’economia terza e criminale.

Il contesto che ne viene fuori è confuso, colluso, titanicamente compromesso. Che fare rispetto alll’inceneritore di Acerra, il distributore di diossina, che sorge sulle terre mai bonificate dalla Montefibre? Che fare di fronte all’intervento “azzeratore” dell’esercito e della protezione civile. Che fare di fronte ad una cittadinanza obbligata a guardare solo l’invasione delle strade “per l’emergenza rifiuti”?

Ce lo siamo chieste, {{noi dell’UDI di Napoli}} ed abbiamo capito che ormai anche le ragioni profonde che reclamano un ripensamento della politica rispetto alla cura della terra, reclamano la liberazione dell’ulteriore circolo vizioso creato dalla quotidianità del consumo, per poi poter ragionare della salute delle terre di tutte.

Abbiamo inaugurato {{una campagna che ancora chiamiamo “ dei gesti responsabili”,}} contrapposta al messaggio mediatico che ancora persiste e propaganda il modello inventato di un Sud che vende la propria salute e quella delle generazioni a venire, contrapposto ad un Nord virtuoso ed autosufficiente.

Abbiamo chiesto a tutte quelle che riuscivamo a raggiungere, di assumere con noi questi gesti responsabili, al Sud come al Nord ed in Europa.

Noi abbiamo parlato alle donne, ed ora {{alle donne ci rivolgiamo}}, perché sono le donne che fanno quei gesti quotidiani di cura sui beni comuni. Le nostre interlocutrici sono le donne che hanno scelto nella vita di agire responsabilmente percorrendo una concezione della politica originale ed autodeterminata.

A queste donne chiediamo di{{ essere con noi attraverso parziali e significativi gesti di cura del mondo}}, ascoltando le vittime-testimoni dello scempio compiuto: un ascolto che giunga fino alle madri dei bambini africani avvelenati dal rifiuto “moderno” dell’occidente opulento.

Individuare le responsabilità Istituzionali , attuali e sul danno compiuto, è certamente storia che riguarda governo e magistratura, ma una parte importantissima riguarda le cittadine e in paticolare quelle che come noi vogliono sottrarre il loro contributo all’economia che continua a compromettere il futuro e la salute della terra e delle loro terre.

1), {{Ridurre il volume dei rifiuti riducendo gli imballaggi alla fonte}}, è un passo fondamentale: ad esempio, con gli imballaggi, si smercia spesso un tipo di materiale irriciclabile: nel resto d’europa il polistirolo è ormai completamente sostituito con un derivato del mais.

2) {{Fermare i rifiuti tossici ed ospedalieri speciali}}: hanno percorsi individuabili. Gli assessorati competenti delle Regioni hanno spesso un conteggio parziale, e l’incongruenza con le bolle di carico rende ingiustificabile il movimento di terra.

3) {{All’ostruzionismo della Lega va sottratto il silenzio/assenso delle donne che abitano le “Regioni egoiste”. }} Il risarcimento dei danni prodotti da industrie del Nord, che per altro non hanno mai bonificato i terreni inquinati, risiede anche nell’atto solidale di accogliere rifiuti che ostacolano attualmente la normalizzazione del ciclo.

Con un appoggio visibile e solidale, con l’apertura di {{una vertenza nazionale femminile sulla politica dei consumi a partire da Napoli, con le donne di tutta Italia }} si può cominciare anche riprogettare anche lo sviluppo.

Udi di Napoli

{nell’immagine una delle Matres Matutae del Museo di Capua: ha tra le braccia il futuro}

Napoli, 30/06/11