Scomparsa a Torino, a 101 anni, Giorgina Levi Arian e le cronache
le hanno reso omaggio rievocando il suo impegno politico nelle
istituzioni locali e in Parlamento. Che io sappia – ma non è una
novità – non si è fatta menzione della sua vita reale.
_ Io l’ho conosciuta perché molti anni fa mi mise in contatto con un
diplomatico israeliano disponibile per vedere se era possibile
costruire qualche opportunità da parte italiana per la distensione con
il popolo palestinese. E mi raccontò di sè.

Alla emanazione delle leggi razziali era una ragazza che si era
laureata e voleva fare una vita normale con i suo compagno Heinz, un
ebreo svizzero-tedesco.
_ Scopertisi perseguitati perché i nomi Arian e
Levi facevano immediatamente perdere i diritti civili e, forse,
rischiare la vita, cercarono di emigrare: fu possibile solo in
Bolivia, perché in anni in cui la cultura ufficiale richiedeva, per
essere ammessi, che una coppia dimostrasse di essere regolarmente
sposata, solo quel paese dell’America latina ammetteva chi fosse in
possesso di una registrazione di matrimonio formalizzata solo in
sinagoga.

Ma anche i rabbini avevano paura di rilasciare un
certificato non convalidato per l’espatrio. I due giovani erano nei
guai per l’ostinazione di Giorgina che, poiché in quel tempo all’atto
del matrimonio la donna assumeva la nazionalità del marito, non voleva
perdere il suo diritto.

Trovarono comprensione da parte del rabbino di
Genova e partirono. Il governo boliviano era di manica larga
nell’accogliere emigrati perché aveva bisogno di medici e medico era
il marito Heinz: nemmeno oggi è gran cosa andare a vivere in un
villaggio delle Ande, ma a quell’epoca per una giovane donna – e per
il giovane medico – non fu facile. Giorgina condivise le scomodità, la
miseria e il freddo con le donne della montagna boliviana e divenne
capace di aiutarle.

Quando tornò in Italia a guerra finita, si rese
conto di quanto positiva fosse stata quell’esperienza e per questo –
più che per la sua parentela con la famiglia Montagnana – si iscrisse
al Pci e fece politica: per contribuire al bene comune a partire dai
più svantaggiati.

Si impegnò anche per gli svantaggi delle donne, ma, soprattutto negli
ultimi anni, fino a quando era già quasi centenaria, si diede da fare
per difendere la nostra Costituzione e insegnarla ai più giovani.
_ Nelle scuole torinesi era popolarissima, così come a San Salvario,
dove abitava, che per lei era territorio senza problemi, amica dei
negozianti, del parrucchiere (conservò sempre una sua certa
civetteria), ma anche dell’imam e del parroco.
Sempre memore di essere
una Levi, ebrea.