fotoLivia Turco, a lungo parlamentare e ministra della Solidarietà sociale e della Salute, presidente della Fondazione Nilde Iotti, firma un libro curato dalla giornalista Chiara Micali, con esperienza nel settore della sanità pubblica nazionale, per non tornare «a quegli anni oscuri in cui le donne erano costrette ad abortire in clandestinità. »

Oggi come ieri l’obiezione di coscienza di medici e mediche tocca il 70%, media nazionale che  è da rimandare a territori dove può scendere o salire fino a toccare il 100%.

Il libro mette due diritti a confronto: quello delle donne a vedere applicata la legge e quello della professione medica in cui l’obiezione è quasi sempre motivata da pensieri religiosi.

Esso attraversa «il percorso straordinario di impegno civile, di mobilitazione delle donne che ha portato all’approvazione della legge n. 194/78 sull’interruzione volontaria di gravidanza» per evitare la perdita della memoria storica e favorire il passaggio di testimone ma anche per mantenere alta l’attenzione sul pericolo di vanificazione di quella legge che «salvaguardia la salute e l’autodeterminazione delle donne, previene l’aborto, valorizza i consultori familiari.»

Un libro «di ascolto, nel quale la politica non sale in cattedra, e i medici, per la prima volta, con grande sincerità, raccontano le loro esperienze professionali e umane e tutti, indistintamente, formulano proposte concrete, partendo da una premessa comune: tutelare la salute delle donne, innanzitutto» che si apre con una lunga lettera dell’A. indirizzata ai ragazzi e alle ragazze « su un tema dura, difficile persino da dire, carico di sofferenza e di implicazioni morali» contenente un passaggio anche sulla rinuncia obbligata al desiderio di maternità e paternità per via delle improbe condizioni economiche e sociali.

Nelle righe, il racconto del superamento del Codice Rocco, della criminalizzazione e penalizzazione dell’aborto clandestino con «la bella politica che durante i durissimi anni di piombo, quando infuriava il terrorismo, ha consentito il varo delle riforme della speranza» la predetta n. 194/78 e la n. 833/78 «che istituisce il Servizio sanitario nazionale, universalistico e solidale e stabilisce che la salute è un diritto per tutti e non solo per chi è ricco».

Nel capitolo Aborto: dallo scontro al dialogo, Livia Turco dichiara la necessità di riportare al centro dell’attenzione sociale e politica, di attualizzare e generalizzare un discorso «in un contesto molto cambiato partendo dalle novità profonde che sono intervenute e dai problemi che sussistono nell’applicazione di una legge saggia e lungimirante come la n. 194/78»

 

Tra le problematiche di maggiore evidenza, l’aumento dell’obiezione a fronte di una drastica riduzione del ricorso all’aborto da parte delle donne italiane (ma con sussistenza dell’aborto clandestino laddove non ci sia l’accesso alla struttura pubblica) e la necessità di rilanciare i Consultori familiari di cui Maura Cossutta ricostruisce l’iter (legge 405/1975): «servizi inventati dalle donne e quindi assolutamente non autoreferenziali, c’era dentro la partecipazione feconda delle associazioni delle donne.»

Ampi spazi sono dedicati a Donne migranti e all’esperienza dell’Inmp (Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti e per il contrasto delle malattie della povertà) con interventi della direttora Concetta Mirisola, di Mbiye Diku (ginecologa), e di Ana Butea  (mediatrice culturale).

«L’Istituto è nato come progetto sperimentale nel 2007 con decreto ministeriale dell’allora ministro Livia Turco per affrontare l’emergenza migranti con le Regioni Lazio, Puglia e Sicilia e stabilizzato nel 2012 come ente pubblico e oggi centro di riferimento nazionale per l’assistenza socio-sanitaria alle popolazioni migranti e alle fragilità sociali (…) Noi accogliamo tutti, Italiani, stranieri, senza fissa dimora, Rom, con e senza passaporto. (…) L’Istituto ha uno sportello che accoglie le donne, le accompagna, le orienta in tutti i passaggi necessari facendo in modo che non si scoraggino e abbandonino il percorso di cura. (…) Siamo convinti che la medicina interculturale debba seguire linee guida omogenee coerenti con il sistema salute nazionale.»

Nel libro, la convinzione «..che per affrontare il problema etico e morale dell’aborto bisogna avere il coraggio di pensare a una società materna e a una politica materna.»