Vittoria De Palma e Andrea Carlino – A curare la “trattativa” tra la vedova di De Martino e la fondazione è stato Andrea Carlino, docente di Storia della Medicina presso l’Università di Ginevra, originario di Lecce, ideatore delle manifestazioni per il cinquantenario della morte di De Martino, cui prese parte anche Vittoria De Palma.

Venerdì 16 giugno 2017  alle ore 11 nella Sala Igea dell’Istituto della Enciclopedia Italiana in piazza della Enciclopedia Italiana, 400186 Roma,   Vittoria De Palma, compagna di vita e di studi di Ernesto De Martino, dona all’Istituto Treccani l’archivio del celebre antropologo napoletano. Durante la cerimonia interverranno

 

Massimo Bray, Direttore Generale dell’Istituto della Enciclopedia Italiana

Andrea Carlino, Université de Genève

Giovanni Pizza, Università degli Studi di Perugia

Marcello Massenzio, Associazione Internazionale Ernesto De Martino

Giorgio Andreotta Calò, artista, Padiglione Italia della 57. Esposizione Internazionale d’Arte Biennale di Venezia

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L’equipe dell’antropologo Ernesto De Martino (in primo piano, seduto) durante un viaggio di ricerca nel Salento alla fine degli anni Cinquanta

Inserito da redazione — Affidarli ad altre mani dopo oltre 70 anni di lavoro comune, compresa la tappa del 1959 nel Salento, non deve essere stato facile. Eppure con la storica cessione dell’intero archivio Ernesto De Martino alla Fondazione Treccani, la firma c’è stata 11 maggio a Roma, Vittoria De Palma, compagna nella vita e nella professione del celebre antropologo napoletano “scopritore del Sud”, potrà regalare una nuova vita ai 47 faldoni, contenenti appunti e fotografie, estratti e bozze dei viaggi di ricerca che Ernesto De Martino compì a cavallo degli anni 50 e 60, una buona metà dei quali tra Puglia e Lucania.

Un patrimonio inestimabile, frutto delle osservazioni e delle scoperte che aprirono una nuova strada nell’indagine etnologica, concentrandosi sulle aree più arcaiche del Mezzogiorno d’Italia, allora del tutto inesplorate, cogliendo gli aspetti culturali e soprattutto politici nel folklore religioso della cultura contadina, che dalla Lucania (Sud e magia, 1959), lo portarono nel Salento alla scoperta del tarantismo (La terra del rimorso, 1961).

Accanto alle pubblicazioni, divenuta una pietra miliare per il dibattito culturale del tempo, il materiale raccolto contiene innumerevoli spunti e suggestioni che oggi è possibile far rivivere nella contemporaneità.

«Nel corso delle celebrazioni per i 50 anni dalla morte di Ernesto De Martino, che si sono svolte in Treccani, Vittoria De Palma aveva manifestato la volontà di valorizzare l’archivio, rendendolo più accessibile non solo agli studiosi di antropologia, di etnologia, di storia delle religioni, ma anche ai tantissimi appassionati di cultura popolare – spiega il direttore generale dell’istituto Massimo Bray -. L’obiettivo di Treccani, in collaborazione con la comunità scientifica che finalmente avrà a disposizione que- sto tesoro di documenti e di idee, sarà quello di rendere vivo l’archivio di un studioso che, anche grazie al suo impegno al tempo stesso critico e politico, scientifico e sociale, viene ricordato come il fondatore dell’antropologia italia- na». «Una figura – prosegue Bray – che ancora oggi è cruciale per il dibattito contemporaneo sul patrimonio immateriale e sul rapporto tra cultura e politica e la cui ricerca era mossa da un’attenzione straordinaria per gli “sconfitti” dalla storia; per quelle forme di cultura che erano relegate al ruolo di “relitti” di una civiltà e, infine, per la sua attenzione acutissima al folklore delle regioni del Meridione d’Italia, le più povere del nostro Paese, che senza l’impegno di De Martino rischiavano di vedere dimenticata una parte molto significativa del loro patrimonio culturale».

A curare la “trattativa” tra la vedova di De Martino e la fondazione è stato Andrea Carlino, docente di Storia della Medicina presso l’Università di Ginevra, originario di Lecce, ideatore delle manifestazioni per il cinquantenario della morte di De Martino, cui prese parte anche Vittoria De Palma.

«L’idea è tradurre in chiave contemporanea e pertinente spunti e suggestioni in arrivo dall’archivio. – spiega Carlino – Lontani dalle rievocazioni e nostalgie sull’argomento » . L’idea infatti è non solo digitalizzare il materiale, rendendolo finalmente accessibile a tutti, ma anche di dedicare all’opera dell’antropologo una serie di eventi, che partiranno nell’immediato: il primo è una residenza artistica che si terrà in estate a San Cesario di Lecce, con la fondazione Lac o Le Mon. Ma altro potrebbe riguardare a breve anche la Biennale di Venezia. Lo spirito di De Martino, insomma, presto tornerà ad aleggiare prepotentemente e non solo nel suo magico Sud. (da Pressreader)

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Inserito dalla redazion —  Fossimo laureate in pianificazione sociologico-politica delle commemorazioni, con specialistica cimiteriale, ci spiegheremmo il motivo del mancato tributo massomediatico del cinquantenario dalla dipartita di Ernesto de Martino, l’antropologo che ha cambiato, nel secolo scorso, lo studio della conoscenza dell’essere umano, un ceffo che osò teorizzare il concetto di ‘presenza’: persone dotate di senso in un contesto dotato di senso. Una sua allieva, Amalia Signorelli, pubblica con L’asino D’oro un testo, “Ernesto de Martino – Teoria antropologica e metodologia della ricerca”.

Che cosa intuì, de Martino, prima di tutti? Che la religione cattolica, applicata all’ignoranza, fonda la “mondanizzazione”, un dovere applicato alla famiglia non perché si vuole, perché si deve. L’oggetto economico è alla base.  Successivamente de Martino si interrogò sulla ‘presenza’ in crisi: avviene quando un evento: sentimentale, di perdita, di lutto, sconvolge il soggetto. Sono sempre i meno acculturati, fomentati da precetti religiosi che rimandano a fiamme dell’inferno, che, per convenienza, si mettono nelle mani dello storico magistero della chiesa cattolica. Signorelli scrive:« istanza religiosa e politica quanto mai centralizzata e centralizzante».

Questa omologazione prevista da de Martino, è oggi ben evidente nel Family Day, nei gruppi di preghiere cattolici che pregano – contro chi – e proprio questo è il punto.

La visione laica di de Martino, cui arrivò dopo un tempo, breve, di commistione col fascismo, non vale ricordo massmediatico. E’ rivoluzionaria:«… tutta la storia delle religioni si fa idealmente prospettiva che agita i nostri cuori e le nostre menti: restituire all’essere umano, col pensiero e con l’azione, la storia che è sua». Idealmente, scrisse. Chi la pratica, praticamente contravviene, applicandola.

Ernesto de Martino è stato il maggior antropologo italiano del XX secolo, del 1900.  E’ il fondamento dell’Antropologia moderna, ma a oggi nessun giornale lo ricorda. Come mai?

E’ nato a Napoli l’1 dicembre 1908; è morto a Roma il 6 maggio 1965. Il suo lascito intellettuale e scientifico  attende di essere ulteriormente esplorato. Sua base della ricerca fu l’umanesimo etnologico, ossia la conoscenza dell’umano in Italia, specialmente nel Centro- Sud,  rispetto alla religione cattolica: etnologico significa conoscenza della comunità.

La sua ricerca sul campo, tra comunità italiane  sparse nel centro sud, negli anni Cinquanta, ha evidenziato la semplicità nei riti pagano-cattolici, la complessità  interiore e la sottomissione alla religione cattolico- cristiana delle popolazioni a una vita infelice.

Evidenzia come nell’ignoranza – intesa come analfabetizzazione, addossata non solo allo Stato-  soprattutto alle credenze religiose, a i riti pagano-religiosi che ancora oggi affibbiano l’Italia, sia il tumore alla conoscenza, rispettando tuttavia l’ ebete credenza. (da il sud on line 22 giugno 2015)