bimbeCambiano i ruoli, nella comunità e in famiglia.Un’inchiesta e un articolo di Betan Staton – foto AFP

Campo di Azraq, nord Giordania- La monotonia dl paesaggio inesorabilmente sterile e grigia del campo di Azraq è spezzata dal giardino del Centro delle donne, curato e verdeggiante, con piante e fiori piantati vicino alle panchine di pietra.

Alaa e Badia si stanno prendendo una pausa, le due donne sono volontarie del centro che in questo campo di rifugiati siriani offre lavoro retribuito ai residenti nel campo (Programma Denaro per Lavoro), grazie ad un intervento sostenuto da diverse ong: attività utili alla comunità in cambio di un piccolo salario orario.

Alaa vive nel campo da un anno e da quattro mesi è volontaria nel Centro delle donne, tiene corsi di zumba, offre l’occasione ad altre donne di uscire di casa – la sua vita ha un nuovo slancio e inoltre riesce ad avere un piccolo contributo in denaro per la famiglia.

Se si chiede a queste volontarie cosa sperano per il futuro di questo campo le risposte sono sorprendenti: molte pensano che ciò di cui ha bisogno il campo sono più opportunità per gli uomini.

Le donne sostegno della famiglia: è complicato

I rifugiati e gli operatori umanitari hanno l’impressione che le donne trovino più opportunità di lavoro rispetto agli uomini. Sono molti gli uomini che cercano lavoro, in molte famiglie lo stereotipo dell’uomo che sostiene la famiglia è rovesciato.

Anche Badia guadagna soldi, il marito invece è disoccupato: una situazione che non considera ideale. “Pago tutto col mio piccolo salario, non riesco a credere a questa situazione, non avrei potuto credere che questo potesse accadere : sono io il sostegno della famiglia”.

Ma davvero nei campi dei rifugiati le donne sono ‘privilegiate’ per quanto riguarda il lavoro? La realtà è molto più complessa di come appare, gli uomini lavorano più delle donne – il 76% dei posti di lavoro del programma Denaro per Lavoro va a uomini, secondo altre statistiche la ripartizione sarebbe 50 a 50 e per arrivare a queste quotazioni si devono superare molti stereotipi. Le operatrici delle ong e delle agenzie dell’ONU presenti nei campi stanno analizzando la situazione reale e la lettura della realtà che viene fatta da parte degli interessati. Spesso si afferma che le donne sarebbero favorite nell’accesso al lavoro, ma la realtà è diversa: per i rifugiati anche un piccolo incremento dell’occupazione femminile viene interpretato come un superamento della condizione lavorativa maschile. Una operatrice ONU spiega questa interpretazione: “Per siriani che provengono da comunità patriarcali e conservatrici, è uno choc trovarsi in situazioni in cui le donne sono trattate con modalità preferenziali e fuori dai loro ruoli tradizionali. E’ come quando qualcosa è tabù, poi se ne parla per il 10% del tempo: allora appare come un cambiamento enorme, anche quantitativamente.”

Cambiamenti nelle dinamiche di genere

Se si parla con i colleghi maschi di Alaa e Badia, è chiaro che le dinamiche tra i sessi sono profondamente trasformate dal cambiamento della vita nel campo. Gli uomini, che garantivano tutte le necessità della famiglia e in Siria avevano il loro lavoro si sono trovati di colpo buttati in una economia che li rende dipendenti dagli aiuti.

Ahmed è arrivato al campo due anni fa e oggi lavora al Centro delle donne – “Non c’è altro!” confessa, e anche se in Siria ha dovuto affrontare difficoltà estreme il senso di inutilità e noia qui a Azraq, il non poter far niente lo hanno fatto sentire perduto.

E’ chiaro che la mancanza di occasioni di lavoro rende difficile la gestione del campo. Ogni famiglia dispone di un caravan, è frustrante e difficoltoso far visita ai familiari in spazi esigui, in una situazione assolutamente diversa da quella della loro vita in Siria.

Stress, noia, impotenza

“Il rapporto con mia moglie era diventato davvero complicato, ero sempre in casa, discutevamo molto, litigavamo spesso. Passavo il giorno fuori per evitare problemi.” In altri casi, e spesso succede nei casi di traumi ed esilio, questo tipo di stress produce violenza, si innalza il tasso di violenza domestica di uomini frustrati nei confronti delle mogli.

I dati vengono monitorarti dagli operatori umanitari nei campi in Giordania e si è giunti alla conclusione che il lavoro delle donne può diminuire il tasso di violenza domestica: ”le donne vanno a lavorare, escono di casa, diminuiscono i litigi. Tenuto conto delle condizioni traumatiche di chi vive nel campo di Azraq, si può dire che il lavoro delle donne rappresenta, in generale, una evoluzione positiva nei rapporti familiari”.

Il lavoro cura lo stress economico e sociale. Il potere d’acquisto delle famiglie del campo di Zaatari con la partecipazione ai progetti Denaro per Lavoro è enormemente cresciuto: si pulisce il campo, si tengono allenamenti sportivi, si fa lezione ai bambini, si coordinano le attività comunitarie, molti sono impegnati in progetti per la realizzazione di infrastrutture per il campo, compresi progetti per l’energia solare, “Le donne in Siria passavano la maggior parte del loro tempo in casa, cucinavano e si occupavano della famiglia. Oggi tutto questo è cambiato. Fanno benzina, vanno al centro commerciale … E’ una novità per loro”. Alaa aggiunge che i suoi corsi di zumba permettono alle donne di muoversi, di essere attive nel campo. In Siria col marito gestiva una palestra, qui al campo non potevano stare senza far niente.

Molti uomini soffrono del venir meno del loro tradizionale ruolo di sostegno alla famiglia, per le donne invece il problema più grave è il senso di isolamento, costrette a vivere in spazi angusti per giornate intere,

Uomini e donne stanno costruendo la loro vita nei campi, le dinamiche in seno alla famiglia evolvono in varie direzioni; Ahmed racconta che adesso affronta i problemi con sua moglie invece d spedirla a casa dei suoi familiari come faceva quando litigavano. E’ diventato più paziente e sua moglie è più serena.

E’ soddisfatto del suo lavoro al Centro delle donne e ci racconta sorridendo: “Adesso mia moglie viene qui a controllarmi, per vedere se passo troppo tempo con le altre donne”.

(traduzione a cura Carla Pecis)

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