La violenza di genere non ha luoghi, età, colori, religioni. Colpisce donne, ragazze e bambine in famiglia, in strada, in rete, a scuola, nei luoghi di lavoro, in ogni latitudine del pianeta, in ogni contesto territoriale della nostra Nazione. E’ tragica e inarrestabile la conta dei femminicidi, degli stupri, degli episodi di violenza domestica, cyberviolenza, molestie sessuali, nonostante il rafforzamento delle leggi punitive e il moltiplicarsi delle iniziative di sensibilizzazione contro la violenza maschile. Regate, mostre fotografiche, convegni, fiaccolate, concorsi letterari, scarpette rosse, panchine rosse, sono iniziative tanto lodevoli e tanto inutili, perché, oltre la visibilità mediatica, le istituzioni mai affrontano il problema della violenza alla radice nella sua complessità di fenomeno strutturale della società, costruita nei millenni dal dominio maschile sulla sottomissione della donna all’uomo: prima al padre, poi al marito. La violenza invisibile insita nei modelli culturali dei ruoli di genere, dell’amore romantico (l’amore fusionale con la sua dipendenza affettiva), delle norme giuridiche, dei precetti religiosi che hanno forgiato nei secoli l’immaginario di uomini e donne, continua ad agire e ad interferire nel complesso percorso di liberazione delle donne, plasmando, ancora oggi, molte vite nell’inferiorità.

Non ha senso che le istituzioni insistano nell’organizzare eventi di sensibilizzazione senza fare nulla di concreto per disinnescare all’origine la cultura del possesso di cui si nutre la violenza. Anzi, capita spesso che, per mezzo dei loro e delle loro rappresentanti, siano proprio esse autrici di atti politici violenti nei confronti dei luoghi materiali e simbolici di autodeterminazione delle donne contro ogni discriminazione di genere, come sta succedendo in questi giorni a Roma nei confronti della Casa delle donne Lucha y Siesta da parte della giunta Rocca della Regione Lazio. Purtroppo, quest’ultima intende cancellare con una delibera l’esperienza di un progetto politico innovativo che da 15 anni promuove nuove formule di welfare e di rivendicazione dei diritti a partire dal protagonismo femminile; un progetto complesso e prezioso che comprende i servizi insostituibili di casa rifugio, casa di semiautonomia e centro antiviolenza; un progetto nato dalla lotta e dall’autorganizzazione delle donne, che da tre lustri fornisce nel proprio centro antiviolenza informazione, orientamento, ascolto e accoglienza alle donne che ne hanno necessità.

La Casa Internazionale delle donne di Roma, nell’esprimere vicinanza alle donne che abitano Lucha, ha chiesto alle istituzioni regionali “di fermarsi, di aprire un tavolo di confronto, di non far prevalere logiche burocratiche, ma di scegliere sempre il bene comune, la cura delle persone e della vita.”

Nella società e nelle istituzioni, le donne e gli uomini, non possono più continuare ad essere complici agenti della cultura patriarcale. Per costruire nuove relazioni tra i sessi, la società ha bisogno di una rivoluzione culturale fondata sull’educazione al rispetto delle differenze, sin dall’infanzia. Cominciamo dalla famiglia e dalla scuola, facendo tesoro dell’esperienza pluriennale delle pratiche sociali dettate dal profondo pensiero femminista, che promuove la crescita personale e il cambiamento sociale grazie alle azioni delle libere e autonome associazioni di donne.