Nel marzo 2000 al Consiglio europeo di Lisbona gli stati membri e i rispettivi sistemi nazionali di istruzione e formazione hanno pensato a un percorso altamente innovativo, fondato sull’esigenza comune di potenziare e rinnovare le competenze professionali per incrementare il livello di competitività dell’Europa. Questo orientamento europeo influito anche sul sistema scolastico e formativo del nostro Paese. Le politiche regionali in materia di istruzione e formazione tecnico professionale si sono focalizzate sul miglioramento del successo scolastico, e stanno cercando di incidere sull’occupabilità, per favorire una maggiore connessione tra offerta di istruzione e fabbisogno di figure professionali.

Uno dei problemi è infatti rappresentato dallo scostamento tra le conoscenze e competenze offerte alle nuove generazioni che frequentano gli istituti tecnici e professionali e le effettive esigenze territoriali. Per superare questo gap occorre rafforzare il sistema formativo tecnico e professionale per sviluppare competenze strategiche indispensabili all’ingresso nel mondo del lavoro.

Il mondo della scuola può realizzare una formazione più innovativa, aperta, costruita sulle competenze, in grado di rappresentare un vero fattore di sviluppo, che permetta alle nuove leve di avvicinarsi più velocemente e più consapevolmente al lavoro. Il sapere è il più importante elemento di innovazione, del rafforzamento della coesione sociale, del miglioramento delle condizioni di vita personali e professionali delle persone. Chi non avrà conoscenze e competenze avrà un lavoro meno riconosciuto, stabile, libero, sarà  meno consapevole. Chi, invece, disporrà di conoscenza e competenze avrà un lavoro apprezzato e mobile, potrà creare lavoro, sarà capace di trasformare in concretezza il proprio talento e le proprie potenzialità.

Più alti livelli di scolarizzazione significano maggiore inclusione sociale e fiducia. Nei territori dove più è elevata la scolarizzazione si ha una maggiore industrializzazione, un significativo contenimento dell’illegalità e una maggiore partecipazione alla vita pubblica. Il compito di formare le nuove generazioni non può pesare soltanto sul nostro sistema educativo, anche se scuola e università devono tornare a rappresentare un punto di riferimento per le comunità, le città e i territori. Il sistema di istruzione in Italia non è più la leva perequativa che livella le differenze e mobilita le migliori risorse. Al contrario è diventato motore di divaricazione delle opportunità. Nei prossimi anni le trasformazioni determinate dall’emersione di nuovi bisogni demografici, culturali, sociali e ambientali sfideranno le società a dare risposte, combinando organizzazione sociale e tecnologia in modi innovativi.

Per restare competitivi occorre passare da un modello di formazione basato sul mero trasferimento di nozioni, a un sistema che privilegi un approccio centrato sullo sviluppo personalizzato delle competenze, con l’aiuto di una didattica laboratoriale. Il processo di apprendimento deve recuperare una dimensione culturale al lavoro e all’applicazione del sapere. L’inserimento lavorativo deve essere percepito sempre meno come l’approdo di un percorso di studio e sempre più come l’inizio di un percorso di sviluppo individuale. Occorre puntare sull’orientamento, migliorando l’informazione sulle opportunità e sulle prospettive dei singoli percorsi di studio. Oggi il Ministero dell’Istruzione ha anche previsto, all’interno delle scuole, la presenza di figure che accompagnino la popolazione scolastica nell’orientamento allo studio e al lavoro, per cercare di affrontare in modo costruttivo la dispersione scolastica.