La VII edizione del Forum Mediterranean Women Journalist (FMWJ), ha contato oggi, 12 novembre, una tappa nella Casa internazionale delle donne con l’incontro su Come valorizzare il ruolo delle donne nella risoluzione dei conflitti e nella promozione della pace? promosso dal Forum e da Fondazione Pangea Onlus; tra le/gli ospiti, attiviste dall’Afghanistan, dall’Ucraina e dal Sahel.

In apertura, Simona Lanzoni (Vicepresidente di Pangea Onlus e responsabile dei programmi) ha posto una serie raccomandazioni frutto di un lavoro comune e di esperienze maturate negli anni.

L’importante iniziativa ancora in corso, riassumiamo i principali passaggi del discorso:

– Divulgare l’operato delle donne che diversissime tra loro ricuciono ciò che le guerre smembrano.

– Accrescere e facilitare la capacità delle donne di fare rete.

– Le attiviste difensore dei diritti umani e le stesse diaspore (di cui fanno parte donne migranti, richiedenti asilo, rifugiate), possono contribuire a ristabilire la pace nei rispettivi paesi.

– Includere, in ogni fase delle negoziazioni di pace, le attiviste difensore dei diritti e le mediatrici di pace “per facilitare anche delle riforme politiche economiche sociali e di sicurezza. Per la sicurezza è fondamentale che le donne siano nelle forze armate.”

-Consultare le donne dei luoghi di conflitto perché conoscono la vera situazione. Sono loro “le vere esperte e vanno ascoltate dalle Nazioni Unite, dalle agenzie internazionali, dai donatori internazionali perché conoscono i bisogni e le priorità delle donne e di tutta la società che è in una situazione di conflitto.”

– Responsabilizzare l’Onu, le agenzie internazionali e i donatori sul fatto che “un conto è iper responsabilizzare meccanismi di donazione e un altro riscontrarne l’efficacia” altrimenti si rischia di ”appesantire le associazioni locali”, mentre occorre rendersi conto degli esiti sui bisogni locali che cambiano in continuazione.

– Rafforzare i movimenti delle donne e delle organizzazioni delle donne per i diritti umani a livello locale nazionale e internazionale; occorrono “maggiori finanziamenti e un continuo supporto delle organizzazioni delle donne.”

– Coinvolgere tutte le donne, di ogni età e particolarmente “le giovani che sono il nostro futuro.”

– L’aiuto umanitario deve avere un approccio di genere. “Sono anni che ne parliamo” ha sottolineato Lanzoni, “bisogna prendere in considerazione i bisogni specifici dei vari gruppi e le donne non sono un gruppo sono la metà del mondo, sono la metà delle persone in conflitto. E soprattutto bisogna cominciare seriamente a finanziare i piani di azione nazionale su pace donne e sicurezza. Bisogna finanziarli a livello mondiale e renderli operativi perché fino ad adesso ci sono dei bellissimi piani scritti ma rimangono solo scritti; abbiamo bisogno che si faccia qualcosa di più…”

– Tenere conto dei profondissimi traumi prodotti dai conflitti. Una raccomandazione “molto sentita da tutte mentre la scrivevamo” ha proseguito Lanzoni denunciando il silenzio sui tanti tipi di violenza prodotti dai conflitti, quindi sui tanti tipi di traumi. “Se tutto diventa stupro si è trovato un nuovo modo di giustificare le violenze sulle donne nelle guerre” ha detto chiedendo attenzione ai programmi che prendono in considerazione tutti i trami vissuti dalle popolazioni “pre, post e durante i conflitti. (…) popolazioni che spesso si spostano, sfollano sia internamente che esternamente al proprio Paese, esempio in Italia e in tutta Europa le quali devono poi fare i conti con i traumi determinati dalla guerra e dalle violenze che produce. L’escalation di entrambe si ripercuoterà nelle società ospitanti perché sono effetti automatici (…) Se non prendiamo seriamente in considerazione anche questo aspetto non usciremo mai dalla guerra che, a seconda di dove si è, continuerà a camminare e noi continueremo a rincorrerla invece le donne vorrebbero smettere e cominciare a costruire pace.”