damascoIn un luogo di cultura femminista, al giardino dei Cilieci, Clotilde Barbarulli introduce con Enrica Capussotti e con l’autrice Suad Amiry del libro edito da Feltrinelli “Damasco” l’ultimo suo lavoro. Questa scrittrice è un’ architetta palestinese e direttrice del Riwaq Center for Architectural Conservation a Ramallah, dove vive.  L’evocazione della città di Damasco nell’omonimo libro risuona  favolosa, anche mentre si riempie di violenza e dei fantasmi della Storia passata e presente. La narrazione si dipana, con amore, ironia e dolore, attraverso le vicende della sua famiglia e tre genealogie di donne.

Nessuno meglio di Suad Amiry poteva raccontare il fulgore del passato per aprire una porta sul presente. Il racconto comincia nel 1926, nel palazzo di Jiddo e Teta – marmi colorati, soffitti a cassettoni, fontane che bisbigliano nell’ombra -, comincia quando, dopo trent’anni di matrimonio, Teta torna per la prima volta ad ‘Arrabeh, il villaggio da cui era partita poco più che bambina per andare in sposa al ricco e nobile mercante damasceno Jiddo. Il viaggio di Teta – intrapreso nella speranza di poter dare l’ultimo saluto alla madre – imprime una svolta inattesa al suo matrimonio: il sensuale Jiddo la tradisce. Il perfetto equilibrio della casa sembra spezzarsi, ma poi la vita della famiglia riprende: la dolcezza delle consuetudini smussa le asperità, i rituali attenuano e riassorbono i contrasti, gli equilibri si riassestano. Suad Amiry conduce il lettore nei cortili e nelle stanze della famiglia Baroudi, con i fastosi pranzi del venerdì, le rivalità tra i figli maschi pigri e viziati, il vincolo indissolubile tra le figlie femmine. Passano gli anni, ed è ancora una volta l’arrivo di un bambino a sparigliare le carte, a far luce nelle pieghe più nascoste dell’intimità domestica: vengono così a galla segreti inimmaginabili, come quello che lega la tenera Karimeh alla sorella maggiore Laila, che con piglio inflessibile ha assunto il ruolo di capofamiglia… Una saga appassionante e poetica sospesa tra realtà e finzione, una rievocazione innamorata e nostalgica di un mondo raffinatissimo spazzato via dal fanatismo e dalla crudeltà, ma soprattutto una riflessione sul senso della maternità e sul silenzio come estremo gesto d’amore. Una storia e un affresco che dall’Impero ottomano arrivano al presente ulcerato del Medio Oriente. I personaggi sono memorabili, la scrittura leggera, le emozioni grandi.

Suad AmirySuad Amiry è nata a Damasco da madre siriana e padre originario di Jaffa, ha vissuto ad Amman, Beirut, Il Cairo; laureata alla Michigan University, si è specializza ad Edimburgo.

Dal 1981 vive in Palestina, a Ramallah, nella Cisgiordania, dove insegna presso l’università di Bir Zeit e dirige il Riwaq Centre for Architectural Conservation. Tra il 1991 e il 1993 ha fatto parte delle delegazioni palestinesi per la pace in Medio Oriente negli incontri in USA.

Ha all’attivo numerosi studi, pubblicazioni e cataloghi sull’architettura storica palestinese e si scopre scrittrice raccogliendo in un volume i diari che tiene durante l’assedio Israeliano al quartier generale di Arafat a Ramallah nel 2001 e 2002.

È nota al pubblico internazionale con l’opera Sharon e mia suocera , tradotta in 11 lingue e con la quale ha vinto il premio Viareggio nel 2004. Questi i suoi lavori: , Sharon e mia suocera, Milano, Feltrinelli, 2003,  Bruciata viva, Casale Monferrato, Piemme, 2003, Se questa è vita, Milano, Feltrinelli, 2005, Niente sesso in città, Milano, Feltrinelli, 2007,  Suad Amiry, Murad Murad, Milano, Feltrinelli, 2012 Golda ha dormito qui, Milano, Feltrinelli, 2013, Damasco, Milano, Feltrinelli, 2016, 

L’iniziativa è stata segnalata da Aldo Ceccoli