Innamorata della politica e del progresso per le donne, terragna e ostinata come la sua terra d’origine, europeista come la sua cultura, liberamente laica, così ricorderò Elena Marinucci, nelle vesti istituzionali e in quelle amicali. Avvocata di professione, Elena Marinucci ha ricoperto nella sua attività politica, iniziata e proseguita nelle fila del Partito Socialista, molte cariche: Sottosegretaria alla Sanità nei governi De Mita e Andreotti, Senatrice, Parlamentare Europea dal 1994 al 1999, iniziatrice negli anni Ottanta delle politiche di pari opportunità, con la creazione della Commissione Nazionale Pari Opportunità fra uomo e donna.

A lei devo negli anni Novanta l’atto di fiducia di avermi proposto il reprint del primo periodico nazionale delle donne socialiste, <<La difesa delle lavoratrici>>, uscito nel 1912, curato da Giulio Polotti, operaio e poi sindacalista, fondatore e gestore della Fondazione Kuliscioff; un viaggio immersivo nelle donne del tempo che hanno cambiato anche la nostra storia, di cui le sarò sempre grata. La ricorderò anche per la sua immediatezza, talvolta ruvida, che non lasciava spazio agli equivoci e alla vanità. Quando la chiamavi e la invitavi, se poteva veniva, così, molto semplicemente.

Molte studentesse ormai più che adulte, ricorderanno il Seminario del 2007, promosso dalla sezione “Questione Femminile e Politiche Paritarie” della scuola dottorale in Scienze Politiche, istituita da Ginevra Conti Odorisio e tenuto all’Università Roma Tre. Dalla politica alla politica per le pari opportunità il titolo del seminario; chi ascoltava, ha potuto finalmente conoscere il ruolo delle politiche di pari opportunità, di cui l’on. Marinucci, significativa rappresentante della storia politica e sociale del nostro paese, è stata il pilastro iniziale.

Principale promotrice della Commissione Nazionale Parità e Pari opportunità fra uomo e donna, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri nel 1984, ha promosso presso la Commissione la raccolta della legislazione italiana riguardante le donne nei due volumi Donna e Diritto, dall’Unità d’Italia agli anni ’80, insieme a Laura Remiddi; ma ha anche promosso la raccolta dei principali discorsi parlamentari di Lina Merlin, la senatrice socialista che era già stata oggetto di un suo precedente volume, intitolato La mia vita.

La semplicità l’ha dimostrata anche allora quando ha ringraziato le organizzatrici per la possibilità di incontrare giovani studiose e ricercatrici della scuola dottorale, ricordando loro quanto fosse difficile in passato promuovere una politica in favore dei diritti delle donne. Era continuo lo scontro-confronto con chi riteneva che la Costituzione avesse sancito formalmente e realmente il principio di parità tra uomini e donne. Il clima era di evidente scetticismo, soprattutto maschile. Non pochi erano coloro che ritenevano che occuparsi di questione femminile fosse inutile, anzi quasi un disonore. Per chi voleva quindi lottare per il principio dell’uguaglianza fra i sessi era indispensabile una seria preparazione, la convinzione del proprio sapere ed un grande coraggio nell’avanzare proposte che sembravano audaci in quegli anni, ma che hanno dato poi i loro buoni frutti. Fra questi, ricordo il lascito generoso della grande valigia contenente la collezione completa di Effe che mandammo a prendere per donarla ad Archivia, Casa Internazionale delle donne

Alla domanda: quando era nato l’amore per la politica? la Senatrice precisava che la politica era ben diversa da oggi: la carriera parlamentare comportava pochissimi privilegi e benefici, tante spese, anche il mettere da parte la precedente professione, come nel caso del nonno, titolare di uno studio legale ad Aquila, sua città di nascita; un’occasione di rovina, quindi, agli occhi dei familiari. Nonostante questo, però, con l’incontro dell’attuale marito, già consigliere comunale, e poi con la partecipazione alle riunioni dei gruppi di femministe radicali, laiche e liberali di Roma, nasceva un profondo interesse per la politica e per la questione femminile in particolare, che l’avrebbe portata mano a mano ad avere altri interessi, oltre quelli professionali come avvocato, dopo gli studi fatti a Roma, e quelli privati, come madre.

Aveva ricordato fra le fasi importanti del suo impegno la difesa della contraccezione e la legge sull’interruzione volontaria di gravidanza, portata avanti dalla Lega delle donne socialiste, la proposta di legge per la riduzione dei tempi tra separazione e divorzio, fino all’istituzione nel 1984 della Commissione per le pari opportunità fra uomo e donna da lei presieduta; non aveva tralasciato di ricordare anche la generosità del supporto della deputata Agata Alma Cappiello, collaboratrice di Elena Marinucci nella costituzione della Commissione Nazionale e in seguito Responsabile del Dipartimento Politiche Femminili del Partito Socialista, prematuramente scomparsa. L’intera esistenza di Elena Marinucci si è intrecciata con l’evoluzione del movimento femminista, dentro le istituzioni e fuori da esse, ma generosamente ricordava che i successi importanti erano stati ottenuti grazie alla solidarietà delle altre parlamentari, anche se di diverso schieramento, e a donne impegnate nel movimento: Tina Anselmi, Nilde Iotti, Giovanna Ceccatelli, Laura Remiddi, Alma Sabadini, Daniela Colombo.

In particolare, sottolineava l’Onorevole, per l’istituzione della Commissione nazionale di parità le difficoltà non erano state poche.

Nonostante l’adozione, da parte della prima Conferenza mondiale delle donne (Città del Messico – 1975), di un Piano d’azione che presentava le linee guida per i governi e la comunità internazionale, per i successivi dieci anni con lo scopo di perseguire i tre obiettivi chiave stabiliti dall’Assemblea Generale (piena uguaglianza fra i sessi ed eliminazione delle discriminazioni sessuali; integrazione e piena partecipazione delle donne allo sviluppo e il loro maggior contributo al rafforzamento della pace mondiale), non fu facile far recepire la portata innovativa di questo programma. Difficoltà notevoli aveva incontrato in Italia l’adozione di “quote rosa” a differenza di molti altri paesi europei; chi le ostacolava probabilmente non si era resa conto del significato vero delle quote che non erano una riserva privilegiata, ma un tetto al di sotto del quale non si doveva scendere.

Naturalmente i primi a fare resistenza, per motivi facilmente immaginabili, erano stati sempre gli uomini, poiché le quote comportavano una sostituzione e un riassestamento. Ma altrettanto forte era stata anche l’opposizione di molte donne e di gruppi femministi, perchè considerate uno strumento di tutela del genere femminile.

Così, con la densità e la coerenza del suo vissuto la voglio ricordare, testimoniandole la mia gratitudine di genere e attribuendole i meriti indubbi guadagnati sul campo.