A rischio la riforma del sistema penitenziario.  Intanto le carceri sono sempre più sovraffollate. L’appello del garante dei detenuti al governo: «Basta ostruzionismi, si vada avanti»

Così gli e le penaliste penaliste entreranno in scipero il 2 e il 3 maggio per protesta contro la mancata attuazione della riforma. Scopo della protesta è ribadire la centralità delle finalità rieducative e di reinserimento sociale  di chi è stato condannato. (art. 27, comma 3, Cost.) per la compiuta riaffermazione dello stato di diritto e per la ricollocazione del nostro sistema penitenziario nell’ambito dei principi comunitari. La mancata approvazione della riforma, nonostante i suoi limiti e le sue carenze, blocca l’avvio per lo sviluppo di una moderna politica penitenziaria.

Durante i primi tre mesi dell’anno si sono registrati circa dieci suicidi. Intanto nelle carceri italiane il numero dei detenuti continua a crescere. Oggi restano dietro le sbarre in 58.223. Quasi diecimila in più rispetto ai 50mila posti disponibili. E così il sistema torna a vivere condizioni drammatiche. Se il 35 per cento delle e dei reclusi è ancora in attesa di giudizio, il sovraffollamento ha nuovamente raggiunto «limiti tali da riproporre problemi di sicurezza oltre che di decenza». L’ultima denuncia è dell’Unione camere penali, che ha confermato lo sciopero in programma all’inizio di maggio per protestare contro la mancata approvazione della riforma dell’ordinamento penitenziario. Mentre la politica si incarta sulla nascita del nuovo esecutivo, in Parlamento succede anche questo. La legislatura appena conclusa ha lasciato irrisolto il grande tema delle carceri come quello dello ius soli..

La riforma carceraria, frutto di un lungo lavoro con la partecipazione di numerose realtà del settore – è ancora in attesa del definitivo via libera. La scelta politica del governo di non approvare il testo prima delle elezioni ha finito per complicare tutta la vicenda. E così la scorsa settimana è arrivato l’ennesimo stop.

Con il voto di Cinque Stelle e del centrodestra, la capigruppo di Montecitorio ha deciso di non assegnare il documento alla commissione speciale per il definitivo parere. Un intervento formale, non vincolante, che pure adesso rischia di bloccare il percorso della riforma.

«Il mancato inserimento dei decreti legislativi attuativi della riforma penitenziaria nei lavori delle commissioni speciali – denuncia adesso l’Unione delle camere penali – si pone nettamente in contrasto con la proclamata centralità del Parlamento, dimostrando come in verità leggi frutto di una faticosa e approfondita meditazione e di ampia condivisione politica, giuridica e culturale possano essere agevolmente accantonate e dimenticate».

La decisione di posticipare la riforma agli ultimi mesi della legislatura – e la scelta di non approvare il decreto prima del voto – ha creato le condizioni per lo stallo attuale. «Trovo disgustoso che non ci sia stato il coraggio di far approvare questa riforma prima delle consultazioni elettorali» denuncia adesso il presidente dell’Ucpi  Beniamino Migliucci. Una situazione resa ancora più difficile dagli attuali veti politici.

Un’evidente impronta giustizialista, denunciano in molti, ha spinto Lega, M5s e Fratelli d’Italia a complicare ulteriormente il cammino della riforma. La scorsa settimana si è scelto di non assegnare il testo alle commissioni speciali «Una scelta sbagliata e rischiosa» come confermato dal ministro della Giustizia Andrea Orlando, che pochi giorni fa ha contattato i presidenti di Camera e Senato chiedendo di riconsiderare la decisione. «Anche perché la mancata attuazione delle riforma rischierebbe di pregiudicare gli importanti passi compiuti, che hanno determinato la chiusura del monitoraggio al quale il nostro Paese era stato sottoposto a seguito della condanna della Corte europea dei diritti dell’uomo nel gennaio 2013».

Ecco perché gli avvocati penalisti, insieme al Consiglio nazionale forense e all’Associazione Antigone, adesso chiedono al governo Gentiloni di andare avanti in ogni caso. Il parere delle commissioni parlamentari è solo un atto formale, spiegano. «Passati dieci giorni, il Consiglio dei ministri è comunque autorizzato a emanare il decreto», racconta Palma nella sede dell’Unione Camere Penali. «Adesso il governo Gentiloni ha la possibilità di riscattarsi da quello che a molti è apparso come un atto di viltà» insiste la leader radicale Rita Bernardini, da sempre in prima linea nelle battaglie per i diritti dei detenuti. La speranza non è ancora finita. E da qui all’inizio di maggio, quando è stato fissato lo sciopero, la situazione potrebbe sbloccarsi. «Speriamo che qualcosa accada – insiste Migliucci – speriamo di poter revocare questa nuova astensione dalle udienze».

Intanto in Italia la popolazione carceraria torna a crescere in maniera preoccupante. «La riforma – così le parole degli esperti – non contiene nessun afflato buonista, nessuna “liberatoria” per pericolosi delinquenti, nessun insensato e indulgenziale “svuotacarceri”. Semmai preserva la comunità da gravi forme di recidiva criminale attraverso la proposta di un impegnativo cammino di rientro rivolta a chi voglia e sappia intraprenderlo». Nessun colpo di spugna, insomma. «Anche perché la personalizzazione delle misure alternative prevista dalla riforma – come racconta il presidente del Consiglio nazionale forense Andrea Mascherin – rende più complicata la loro concessione, i detenuti dovranno meritarsela». Semmai, l’intervento legislativo punta a garantire maggiore sicurezza per i cittadini