“…come un gufo destatosi per il terrore vola per un bosco in fiamme” (Risveglio di primavera di Frank Wedekind).

Lukas Dhont, dopo il pluripremiato Girl, sceglie due giovani ragazzi sulla soglia dell’adolescenza per raccontare nel suo ultimo lungometraggio quanto dolorosamente gli stereotipi di genere possano ingabbiare l’identità e rendere arduo essere autenticamente sé stessi. Rémi e Léo sono i protagonisti di Close. Rémi suona l’oboe; Léo vuol fare il manager dell’amico e viaggiare insieme per il mondo. Tra loro, tutto è naturale: lo scambio di tenerezze, sfidarsi a chi arriva primo in bicicletta, correre nei campi, dormire stretti nello stesso letto. Sono “amici del cuore”. Anche nella scuola superiore dove siedono nello stesso banco, Rémi e Léo scambiano le effusioni di sempre.

“Siete una coppia?” chiede una compagna nominando il sentire, forse, di tutti. Da quel momento, la vicinanza affettiva di Léo e Rémi si trasforma nei movimenti silenziosi della chiusura. Léo si butta a capofitto in uno sport “virile” uniformandosi al gruppo dei maschi; evita l’amico per paura che gli altri percepiscano come sessuale il loro rapporto. Rémi, fedele a sé stesso e fragile, cerca invano di richiamare a sé Léo non sopportando la perdita del loro rapporto.

Lukas Dhont entra con sguardo poetico nei territori dell’amicizia per raccontare le perdite dell’adolescenza. Affida al linguaggio dei corpi Le parole per dirlo (Marie Cardinal). Come quando Rémi è insonne, incapace di esprimere ciò che lo rende inquieto, e Léo lo tranquillizza con un soffio magico per spazzare via le ombre. Oppure quando Léo continua a cadere sul ghiaccio. “Alzati Léo!“ gli ripete l’allenatore di hokey; Léo si alza ma poi ricade. Il corpo gli impone di fermarsi, lo costringe a togliersi la maschera da duro, ad affrontare il senso di colpa.

In Girl, era la figura del padre a sostenere il desiderio della figlia nel percorso di transizione di sesso, in Close c’è l’abbraccio materno a consolare. La natura accompagna la storia di Léo e Rémi con i suoi cicli di vita e morte, “i colori dell’infanzia e i toni terrosi del marrone e del nero” per simboleggiare le tonalità affettive dei personaggi. “Per me era importante che i campi di fiori trasmettessero una fragilità che contrasta con il mondo dell’hockey su ghiaccio” dice Lukas Dhont. Torna alla mente Le bonheur (1964) di Agnès Varda, storia amara della felicità amorosa sullo sfondo di una natura impressionista che racconta in controcanto i personaggi del film.

Bravissimi gli interpretiEden Dambrine (Léo ) e Gustav De Waele (Rémi). Close ha vinto il Grand Prix Speciale della Giuria Cannes 2022 e il primo premio Sydney Film Prize, Dal 4 gennaio al cinema.