E’ uscito l’ultimo numero della rivista on line Giudice donna.it numero 1-2018     Che si apre con l’articolo di  Antonietta Carestia

—  L’incontro con le sei candidate al CSM che si è svolto in  Roma,  il 16 giugno 2018, nell’aula dell’ANM del Palazzo  di giustizia di Piazza  Cavour,  è stato molto interessante.  Alla  base  dell’iniziativa,  così  come  avvenuto  in  occasione  delle  passate  elezioni,  vi  era  l’esigenza  di  confrontarsi  con  le  candidate  per  conoscere  i  loro  punti  di  vista  sulle  molte  tematiche  che  attengono  al  ruolo, alla professionalità ed alla carriera delle  donne in magistratura, dei  quali  non  avevamo  trovato  traccia  nei  rispettivi    programmi  elettorali.   Sotto  le  puntuali  domande  della  giornalista  Silvia Barocci,  tutte  le   candidate    hanno  riconosciuto  l’esistenza  di  una    questione    di  genere  nella magistratura e l’urgenza  di  farvi fronte    con   soluzioni   di sistema   ed interventi  fortemente innovativi  sul piano organizzativo.  Una    posizione nuova,  affatto  scontata,  che  sembra attraversare  tutte  le    aree  lato  sensu    politiche    dell’ANM ,  cancellando    chiusure    culturali  a lungo  sostenute  e  difese.

Certamente,  questo cambiamento è stato accelerato in primo luogo  dal  processo  di  femminilizzazione  della    magistratura,  che    vede  una  percentuale di donne ad oggi del 53 %  circa  e  che  è  destinata a crescere  in  considerazione    dell’altissima  percentuale  di  donne  vincitrici  degli  ultimi  concorsi  ( da   ultimo  pari  a circa  il  70  %),   ma  anche   dalla    grave   crisi    in    cui      da  tempo    si  dibatte  il    nostro    sistema    giustizia,  facendo  emergere  arretratezze, contraddizioni, gravi e diffuse  inefficienze.  Ma  il  riconoscimento  dell’esistenza  della  questione a  lungo  negata,   ora vista   e vissuta  non più come “problema”  da  affrontare  con  interventi tampone e  di corto respiro,  è il segna le  forte  di un  processo   di  cambiamento  in  corso,    che    chiude    una  fase    ed  apre    un  nuovo  percorso.

Quel    muro  invalicabile  rappresentato  dal  modello  d i  giudice  tutto  declinato  al  maschile  comincia  a    mostrare    vistose   crepe,    che    lasciano  intravedere la  iniziale  costruzione  di un nuovo  modello  di giudice  che rifiuta quell’assunzione  “della  prospettiva dell’uomo a rappresentazione  del genere  umano” (Irigaray)   e che   vuole invece  essere  espressione  di  una  autonoma  soggettività,  aperta  al confronto   e  al dialogo,  con un   proprio  contributo di idee e  di  progettualità  per   dare nuove risposte  ai    problemi  sempre  più complessi  del  sistema  giustizia.  E’ un  approdo importante, destinato ad avere  effetti  positivi  sulla   donna    magistrata    nel    suo  concreto    operare,  con    effetti  di  ricaduta  positivi  sull’intero sistema.

Ma  è anche  l’inizio  di  un  nuovo  percorso  che per le    sei  candidate  al CSM  è anche  un  impegno ad operare   perché  la  parità di  genere  sia   effettivamente  un  principio  ispirato re  delle  politiche    di  autogoverno della magistratura.

Tra  le  più  importanti  questioni  da  affrontare,  se  non  la  più  importante,   sarà proprio  quel  sistema elettorale  introdotto  nel 2002 per   ridurre    il  peso  delle    correnti  nella    scelta  dei  candidati    e    contrastare   indebite    interferenze  nell’attività  consiliare.  Le   proposte  di  riforma  elaborate  dalla  Commissione  Scotti,  che  ha  concluso   i  suoi  lavori  nel  luglio 2016, non hanno avuto seguito, e  comunque   l’ipotesi  che   nella   relazione  conclusiva    veniva    privilegiata    in  quanto  “più  rispondente   all’esigenza di  favorire   la parità di  genere”,  era    del tutto    insufficiente   ad  assicurare   la  presenza  di donne  togate  nell’organo di autogoverno,  limitandosi a  prevedere un meccanismo  particolarmente complesso, con   la  (mera)    possibilità  di  esprimere  un  secondo  voto   per    un  candidato  di  genere diverso.  La  posizione che, sia  pure  con  accenti   diversi, è stata  sostenuta  dalla  maggior  parte  delle    candidate  è  quella  delle   quote  di  risultato,   quale    strumento    temporaneo  ma    necessario    per    superare    la    storica   sottorappresentanza  delle  donne    nell’organo  di  autogoverno,  che    ha   visto    nell’ultima    consiliatura   una    sola  donna    su  sedici  componenti  togati.  Ma    anche    chi    ha    proposto  soluzioni  alternative    ha    dato    dell’esistenza    e    della    gravità  del  problema    e    della  necessità    di   superare    il  gap   con   strumenti idonei    a   riequilibrare la    rappresentanza   di genere,  come  l’ampliamento del numero delle candidate e l’adozione  di altre misure promozionali.  Ricordo   ancora   l’ostracismo   riservato   dall’ANM   alla    proposta   dell’ADMI, risalente  al 1991, di introduzione delle quote di risultato nello  Statuto    dell’Associazione,  che  venne    poi  modifica to  in  tal    senso  molti  anni dopo.

L’  adesione  espressa  da  molte  delle  candidate  a  tale  proposta  ci   rafforza  e ci  fa   ben sperare  in  un ruolo atti vo del nuovo CSM  per  una   soluzione    positiva  e  non lontana, che valga  ad   assicurare    una   funzionalità democratica  all’organo di autogoverno .

Si  è  parlato  ancora  a  lungo  della  revisione  della  geografia  giudiziaria,  tutte  valutando  negativamente  il  programma  del  Governo  di  ritornare   ai   piccoli   tribunali   ed   esprimendosi   invece   per   ulteriori    accorpamenti  in  modo da  consentire    una    migliore  gestione  delle   risorse umane e  materiali, con una   conseguente   riduzione dei costi.   Si  è  parlato  delle  assenze  obbligatorie  per    maternità,    molto  spesso vissute  con   sensi di colpa dalle interessa te e come   un problema    dai  colleghi  per    i  maggiori  carichi  di  lavoro che ne derivano  in    mancanza di soluzioni  alternative adeguate, atteso  il fallimento per  varie  ragioni   del  magistrato   distrettuale;      ed   ancora   della   necessità   di   implementare  lo    svolgimento    di  attività    in    videoconferenza,  per   consentire alle donne in difficoltà personali o familiari, così come a tutti i  colleghi  che tali difficoltà si trovano ad affrontare, di  poter continuare a  lavorare   restando a  casa.   Si  è  discusso  in  particolare  del  benessere  organizzativo,  novità  introdotta  dal  CSM  con  la  circolare  del  26  gennaio  2017  diretta  ad    assicurare  la    tutela  del  benessere  psico-fisico    d ei  magistrati  e    la  tutela  della  genitorialità  e  dei  doveri  di  assistenza  attr averso  gli  strumenti  della   collaborazione,   del   coinvolgimento,   della   partecipa zione   alle      scelte  decisionali e  soprattutto della flessibilità.

Proprio  su  questo  tema  sono  emerse  posizioni  differenziate  sulla  necessità  o  meno  che  il  capo  dell’ufficio  ponga  in  essere  di  propria  iniziativa misure organizzative per la tutela della  genitorialità in modo da  non far  ricadere sulle  dirette interessate  le difficoltà di una scelta che, sul   piano personale e relazionale, può risultare  stigmatizzante.   Alcuni interventi sul punto hanno  riproposto ansie   e  difficoltà che   soprattutto  le    giovani  magistrate    si  trovano  ad  affrontare,  in    una   scissione  della  propria  vita   che  non può cert o farsi coincidere con  il  lavoro, come   opportunamente è stato ricordato.

Questo  bagaglio  di  idee,  di  riflessioni    e  di  progetti,    articolati   secondo una  prospettiva  che tiene conto dei vari  interessi in gioco,  sarà   molto  utile   alle  elette.  E’  in  atto  un  cambiamento  della    società    e    delle    sue    strutture   organizzative    per    come    le    abbiamo  conosciute  e  praticate    nel  secolo   scorso, un processo  accelerato  dalla  caduta  degli ideali di una   politica   alta e da una lunga  e  profonda crisi  economica,  cui  si cerca di dare  una   risposta    con    forme    nuove  di  aggregazione  sociale     e    soprattutto    con   nuove  sfide tecnologiche.

Sono  entrati  prepotentemente  nel  mondo  della  giusti zia    nuovi  modelli di organizzazione degli  uffici  giudiziari   e le  best practices , dopo  una  lunga gestazione  che ha portato  all’adozione  da  parte del CSM di  un  manuale    ricognitivo  ,  il  cui  aggiornamento  è  stato  approvato  con  delibera del  7 luglio 2016.   Si  tratta  di  un  intervento  complesso  che,  attraverso  l’innovazione  organizzativa  e  tecnologica,  si  propone  il  raggiungimento  di  risultati  positivi e in qualche  misura misurabili, a  cominciare dalla  pianificazione  dei  carichi  di  lavoro  e  dallo  smaltimento  dell’arretrato,    e    prevede      ben   cinque    aree    di  intervento  (  Macroaree)  ,  oltre  al le  buone    prassi  informatiche  che    sono    trasversali    alle    prime  cinque,  con  specifici  modelli  organizzativi per    l’assistenza  al  magistrato  e  al  cittadino,  in  modo    da    garantire  migliori  performance      di  lavoro  e    di  accesso  alla   giustizia.  Le    implicazioni    di    questi  nuovi  assetti    organizzativi sulla   condizione e sul ruolo della  donna  magistrata  son o  molteplici.

Al di dei  rischi    di    un  appiattimento  non    solo  formale e    di    una  deriva  burocratica   sempre   in   agguato   che   ridurrebbe   il   peso   dell’intera  magistratura,  la    razionalizzazione  delle    modalità   di  svolgimento  del  lavoro  ed  in  particolare la  pianificazione della  durata del processo ed   iniziative  dirette  alla  riduzione  dell’arretrato,  i l  coordinamento  tra  uffici   nella gestione dei carichi di lavoro,  lo sviluppo   del processo  telematico   civile   e   penale,   l’organizzazione      dell’ufficio      per      l’assistenza   al   magistrato  e    l’istituzione    di  nuove  figure    professionali  ausiliarie  da  impiegare  nell’attività    di    ricerca    e    per    gli  adempimenti  connessi  all’udienza,   potrebbero      rivelarsi      fondamentali   per   ristabilire   una  connessione    tra  magistratura  e  società    oltre    che     tra  magistrati,  consentendo alla donna   magistrata di svolgere il suo ruolo senza pesanti  rinunce  alla  propria vita privata.  Questo  progetto ,  che  è    già  in    via    di    prima     attuazione,  potrebbe  far  cadere definitivamente  quella  connotazione  negativa  che  da    sempre    accompagna  l’analisi  del  fenomeno  della   femminilizzazione  della    magistratura    e    trasformare      questa      presenza  in  un    valore  aggiunto, per  la  concretezza dell’agire  proprio   delle donne, come pure  riduttivamente si ripete   e che  invece   “simboleggia solo  un modulo di  pensiero  più  veritiero” ,    come      scrive  la    filoso fa  Adriana  Cavarero,  attribuendo una  valenza  ironica  alla   risata  d ella servetta  di Tracia  di  fronte  alla  caduta  nel pozzo del filosofo Talete , di cui ci parla Platone.  Proprio   la  complessità del  processo che  si  è   appena avviato e   l’ampiezza      degli   obiettivi   da      raggiungere      ha   bisogno   della  partecipazione  attiva e  consapevole di tutte  le  donne  magistrate.  E’ un’opportunità che  va  colta.  L’auspicio è  che quelle  tra    le    candidate  che  sa ranno  elette  sappiano  tradure concretamente le idee ed i progetti emersi nell’incontro.  Noi  vorremmo  che  la  riflessione  sulla  presenza  e  su l  ruolo  delle  donne    in  magistratura  assumesse      ulteriori    dimensioni  e  si  aprisse  a  nuovi  orizzonti,  senza  appiattirsi  sulle  tematiche,   pur  reali  e  complesse,  legate  ai  congedi  per  maternità,  alla  genitorialità   ed  alle  attività  di  cura  familiare:  vorremmo che si cominciasse  ad esamina re, con approfondite